Quanto c’entra MIFID con il successo degli ETF?

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Giorgio Fata

Alla metà degli anni 2000 gli ETF sono passati da qualche centinaio a 5000. Le masse sono passate da 200-300 milioni di dollari a 5 trilioni. Europa ¾ equity e ¼ bond con TER medio di 30 basis point. “Questi dati dimostrano la rivoluzione nel modo degli investimenti, soprattutto per quanto riguarda la preferenza sull’equity”, spiega Antonio Ligori, responsabile asset allocation di Mediobanca SGR.

Molti pensano che il successo degli ETF sia dovuto a MiFID. La normativa ha sicuramente preparato il terreno, ma non è l’unica ragione dell’esplosione degli strumenti passivi sul mercato italiano. MiFID ha portato maggiore attenzione ai costi del prodotto finale e ha favorito l’utilizzo di strumenti passivi per ridurre i TER complessivi.  Secondo Carlo Viscardi, head of Discretionary Portfolio Mandates di Amundi SGR, l’introduzione di MiFID ha portato ad un incremento nell’offerta di prodotti e servizi che prevedano l’utilizzo in via principale o esclusiva di ETF, portando quindi ad un aumento indiretto del loro utilizzo”.

Anche Fabrizio Carbone, gestioni patrimoniali di Banca di Asti, afferma che è sempre stato liberissimo di utilizzare gli strumenti che pìu si adattavano alle necessità del momento: “Non vi sono mai stati limiti all’utilizzo degli ETF all’interno delle nostre linee di gestione. Sono sempre stato liberissimo di utilizzarli come meglio credevo”. 

Il futuro degli strumenti passivi

Oggi troviamo un’offerta molto ampia che copre quasi tutte le asset class con l’introduzione anche di ETF tematici , fattoriali e strumenti semiattivi come gli smart beta. “Se facciamo un confronto con il mercato statunitense possiamo riconoscere come in Europa manchi ancora una diffusione significativa verso il segmento retail degli investitori; da questo punto di vista la crescente offerta di servizi di consulenza dovrebbe sostenere un ulteriore sviluppo in tale direzione”, sostiene Viscardi.

“La vera domanda è: per quanto questi strumenti saranno chiamati ancora passivi dato che ci sono diversi strumenti semiattivi? Ciò genererà per forza di cose un impatto anche sull’offerta dei fondi attivi”, conclude Ligori.