Negli ultimi giorni i bancari sono andati di nuovo a picco. Piazza Affari ha detto no alla quotazione della Popolare di Vicenza e la pressione sul settore è tornata di nuovo in primo piano.
C'è qualcosa che non va. Negli ultimi giorni Piazza Affari è tornata di nuovo in rosso, zavorrata dai titoli bancari. Se tra la fine dello scorso anno e l'inizio del 2016 le banche hanno sofferto della preoccupazione generale sulla loro solidità, della gestione della crisi delle quattro banche popolari e sull'incertezze delle nuove normative europee, a distanza di qualche mese tutto sembra tornare come prima: i titoli perdono e la Borsa colleziona sedute in negativo. Ma si sa, i problemi delle banche, soprattutto in merito agli oltre 200 miliardi di euro di sofferenze, sono di lungo corso. Come spiega nella sua rubrica Massimo Trabattoni, responsabile azionario Italia di Kairos, "il mercato si era illuso che l’Italia potesse trovare in tempi rapidi la soluzione definitiva ai problemi che affliggono il suo sistema bancario. Era troppo ottimista. Di certo l’iniziativa condotta dal governo su due fronti – il fondo Atlante e il decreto annunciato per la riduzione dei tempi di recupero crediti – ha il merito di evitare il baratro. È uno step nella giusta direzione, con l'obiettivo di favorire lo sviluppo di un mercato secondario dei non performing loans ed eliminare dal mercato il rischio del bail-in bancario".
"Tuttavia - continua il gestore - serve tempo per smaltire la massa dei non performing loans.Vale la pena ricordare che i margini del sistema bancario resteranno sotto pressione per alcuni anni, a causa delle misure adottate dalla BCE per contrastare le tendenze deflattive. Ad oggi, la domanda di crediti sani è ancora scarsa. Un'accelerazione della ripresa contribuirebbe a ridare fiato al sistema finanziario e non solo. Vorremmo vedere soprattutto una ripresa degli investimenti privati da parte delle aziende: ma perché le imprese rimettano in moto l'economia domestica serve uno scenario più rassicurante, con meno punti interrogativi".
Per le banche di rassicurante insomma c'è ancora ben poca cosa, come confermano anche da Aletti Gestielle: "il settore bancario ha manifestato la maggior debolezza, colpito da un ridimensionamento nelle prospettive di profitto (a causa delle aspettative di rendimenti sempre più negativi e delle curve più piatte) e soprattutto per la paura di ulteriori e generalizzati aumenti di capitale strumentali per alzare le coperture sui crediti deteriorati", scrivono gli esperti nell'abituale report mensile. "Il mercato italiano, in questo senso, è stato particolarmente colpito. Riteniamo, tuttavia, che i recenti provvedimenti (garanzie pubbliche e Fondo Atlante) dovrebbero porre un freno alla pressione sul settore, che appare estremamente sottovalutato".
Certo, al momento il primo banco di prova di Atlante rappresentato dall’aumento di capitale della Popolare di Vicenza non è stato granché. L’aumento di capitale è andato deserto, Atlante ha partecipato alla svendita della banca comprando 15 miliardi di azioni al minimo ed è saltata la quotazione in Borsa. E anche l'atteso decreto sulle banche del governo che avrebbe dovuto dimezzare i tempi per riscuotere i crediti, avrà poco impatto: le novità si applicano solo per i crediti futuri. Di fronte a queste novità, il mercato non poteva che rispondere negativamente. Come spiegava qualche settimana fa a Funds People Cosimo Marasciulo, responsabile portafogli obbligazionari governativi europei di Pioneer Investments, il problema del sistema banche italiano è diverso da quello che è accaduto ad esempio in Spagna o Irlanda. "Loro hanno potuto creare le bad bank e ricapitalizzare le banche. In Italia è molto più difficile perché le norme sono cambiate. Inoltre il debito di Spagna e Irlanda riguardava gli asset tossici immobiliari residenziali, che sono molto più facili da smaltire, mentre nel caso italiano il debito arriva delle PMI. La BCE deve dare più tempo alle banche italiane".