Radiografia dell’asset allocation dei grandi investitori istituzionali

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foto flickr: nukamari, creative commons

In un contesto di mercato caratterizzato da valutazioni meno interessanti su asset class tradizionali quali azioni e obbligazioni, gli investitori istituzionali europei stanno spostando il loro focus e le loro risorse verso attività alternative. Questa è la principale evidenza della ricerca European Asset Allocation Survey 2015 condotta da Mercer su quasi 1.100 portafogli istituzionali europei in 14 paesi. I risultati mostrano anche un crescente utilizzo della gestione passiva nell’ambito dei mercati azionario e obbligazionario, suggerendo che gli investitori istituzionali europei preferiscono cercare rendimenti legati alle abilità dei gestori (o alpha) all'interno delle asset class alternative o strategie flessibili, utilizzando invece le meno costose strategie passive (beta) nell’ambito dei mercati azionario e obbligazionario, in questo momento sicuramente più efficienti. 

 

"La combinazione di rendimenti ormai negativi su buona parte dei mercati obbligazionari dell'Eurozona, i modesti premi per il rischio, riscontrabili sul mercato azionari e l'aumento della volatilità rappresentano una grande sfida nell’ambito della costruzione dei portafogli e nella generazione di rendimenti attraenti", spiega Luca De Biasi, responsabile dell’area Investments di Mercer Italia. "Per raggiungere i loro obiettivi, gli investitori sono chiamati ad accettare la sfida dettata da asset class e strategie meno familiari e più flessibili. La principale evidenza della ricerca è che questo cambiamento è già in atto. Anche in Italia la ricerca dimostra che è in atto la medesima tendenza, con le allocazioni su alternative passate dal 6 al 10%. Un marcato decremento si è invece osservato nella componente obbligazionaria dei portafogli degli investitori istituzionali italiani, pari ad 8 punti percentuali".

Per quanto riguarda le strategie alternative i risultati mostrano che la allocazione media è cresciuta di due punti percentuali (dal 12% al 14%), con un incremento delle risorse impiegate in questo genere di strategie di circa 30 miliardi di euro sul campione. Si è riscontrato notevole interesse sul reddito fisso orientato alla crescita (che oggi interessa il 40% dei portafogli), tra cui annoveriamo asset class quali obbligazioni dei Paesi emergenti, multi-asset credit e debito privato. "Vale la pena ricordare come la categoria reddito fisso orientato alla crescita considera strategie e investimenti a reddito fisso che riescono a generare ritorni in eccesso rispetto alle obbligazioni governative e alle obbligazioni societarie investment-grade" precisa De Biasi.

L'indagine ha inoltre rilevato un aumento significativo nell'utilizzo di strategie passive per le attività tradizionali, core, azionario e obbligazionario. Sul fronte azionario, la media dei fondi pensione investe il 49% delle attività utilizzando strategie passive, in crescita rispetto al 45% nel 2014.  Nell’obbligazionario  l'uso  della  gestione  passiva  è  aumentato  dal  37%  al  44%  rispetto all’anno precedente.

"I risultati della ricerca ci suggeriscono che gli investitori si concentrano sulla gestione attiva soprattutto in segmenti alternative", prosegue De Biasi. "Tuttavia riscontriamo una notevole variabilità   nel   comportamento   dei   piani   pensionistici sulla base delle loro dimensioni e Governance, con gli investitori istituzionali più grandi che, proprio in virtù della dimensione e di conseguenza della migliore strutturazione per quel che riguarda sia l’area investimenti che la Governance, ricorrono con maggiore frequenza all’utilizzo di gestioni attive e flessibili di portafoglio".

 

Infine, la survey ha fatto rilevare una maggiore attenzione ai fattori ambientali, sociali e di governance (ESG) nell'ambito dei processi di investimento dei fondi partecipanti. Solo il 35% degli intervistati ha riferito di non prendere in considerazione questi temi, rispetto a quasi la metà (48%) nel 2013. Fattori chiave citati per motivare l'attenzione alle tematiche ESG sono stati tanto il potenziale impatto finanziario quanto la gestione del rischio reputazionale. «Gli stakeholder prendono in considerazione i temi legati a investimenti socialmente responsabili e sostenibili a diversi livelli, ma soprattutto nel processo di selezione e controllo dei gestori, e fanno sempre maggiore affidamento sulla consulenza per capire fino a che punto i loro gestori, attivi o passivi, incorporino queste tematiche nell’ambito del loro processo d'investimento» conclude De Biasi.