Rating ESG, ancora troppa difformità nelle valutazioni dei provider

Angelo Meda News
Angelo Meda, foto ceduta (Banor SIM)

L’assenza di una standardizzazione di metodologie e metriche continua a pesare sui Rating ESG emessi dalle agenzie specializzate. E più in generale sul sistema degli investimenti sostenibili e sulle stesse società quotate a Piazza Affari. È quanto emerge dalla quarta edizione dello studio di Banor SIM realizzato in collaborazione con la School of Management del Politecnico di Milano che riporta come, in parallelo alla crescita di interesse sul settore della sostenibilità sia cresciuto anche il numero di provider di rating ESG, con la conseguenza generare risultati difficilmente confrontabili, in quanto ogni agenzia specializzata considera informazioni eterogenee, combinati seguendo procedure diverse.

La metodologia alla base della ricerca

Alla base della ricerca dunque le differenze negli scoring ESG delle società quotate in Italia forniti da sei rating provider (MSCI, Refinitiv, S&P Global, Inrate, Arabesque e Truvalue Labs). Soltanto 22 delle 210 imprese quotate su Borsa Italiana risultavano coperte da tutte e sei le società, e in genere si è trattato delle società a maggiore capitalizzazione e quotate anche su altri mercati esteri. Gli esperti hanno scomposto il punteggio attribuito da ciascuna delle sei agenzie in funzione di tre diversi effetti: differenze nei pesi attribuiti ai tre “pilastri” E, S e G; differenze nei pesi attribuiti ai diversi key performance indicators (KPI) in ciascuno dei tre pilastri; e differenze nella valutazione dei punteggi relativi ai singoli KPI.

Nel dettaglio dei singoli pilastri, si è rilevato che nella componente Environmental le asimmetrie risultavano essere meno marcate; la componente Social in media incide poco di più, ma è l’aspetto della Governance che appare responsabile di buona parte dell’eterogeneità nelle valutazioni dei rating provider. Inoltre, le metriche per definire il contributo di KPI specifici per attribuire il punteggio di ESG risultano molto eterogenee, rendendo quindi necessario ‘riclassificare’ e uniformare i diversi KPI con la definizione una lista comune. Alla base di queste differenze anche il ricorso a metodi di analisi qualitativi (e non quantitativi) che lasciano maggiore spazio alla visione soggettiva dell’analista. Tuttavia, le valutazioni attribuite ai punteggi convergono di più e tendono a compensarsi quando i diversi KPI considerati vengono raggruppati per classe omogenea.

La correlazione negativa tra performance di mercato e varianza dei Rating ESG

I risultati della ricerca hanno dimostrato che le diverse agenzie attribuiscono ‘pesi’ abbastanza difformi agli stessi fattori: le maggiori differenze si riscontrano per le componenti “S” e “G”, mentre appaiono più omogenei i giudizi sui fattori “E”. Inoltre, senza stabilire una relazione causa-effetto robusta dal punto di vista statistico, si evidenzia una correlazione negativa fra performance di mercato dei titoli nel biennio 2018-2019 e varianza dei rating ESG attribuiti: quindi le emittenti associate a minori differenze nelle valutazioni ESG fornite da differenti provider sono state nel 2019 e nel 2020 quelle che hanno generato rendimenti migliori per gli investitori. “Una maggiore convergenza degli analisti sui punteggi ESG riduce le asimmetrie informative e spinge gli investitori a privilegiare alcuni titoli azionari a svantaggio di quelli dove si registra un maggiore disaccordo” ha commentato Angelo Meda, responsabile azionario e della ricerca ESG di Banor SIM, “la ricerca ha dimostrato come nel corso del 2019 i titoli azionari delle imprese con rating ESG simile abbiano performato meglio, mentre nel 2020 i titoli con le maggiori differenze in termini di rating abbiano performato peggio, un segno dell’importanza che investitori e azionisti attribuiscono oggi alle valutazioni ESG dei titoli”.