Recessione, depressione, ripresa: da che cosa dipenderà il futuro dell’Europa

Markus Spiske, Unsplash
Markus Spiske, Unsplash

“Il 2020 avrebbe dovuto essere un anno diverso, con una prosecuzione della crescita economica determinata da un’attenuazione del livello di scontro commerciale tra Stati Uniti e Cina e dal supporto delle politiche monetarie accomodanti delle principali Banche centrali. Covid-19 ha cambiato tutto e oggi la domanda non è più se ci sarà una recessione a livello globale ma semplicemente quale forma avrà”. Donatella Principe, director Market and Distribution Strategy di Fidelity International, sintetizza in questo modo, in apertura del webinar organizzato dall’asset manager guidato in Italia da Cosmo Schinaia, quanto accaduto da inizio anno ad oggi a seguito dell’esplosione dell’emergenza Covid-19.

Il grado di deterioramento della catena del valore rappresenta secondo Pier Carlo Padoan, ex ministro dell’Economia e delle Finanze, l’elemento più importante da valutare per comprendere come si svilupperà l’inevitabile crisi che seguirà l’evento pandemico. “Molto dipenderà da quanto sarà prolungato lo shock dell’offerta attualmente in corso a seguito del lockdown europeo e statunitense. La risposta della politica economica è diffusa, ma non sufficientemente coordinata, aspetto essenziale perché sia realmente efficace in ottica di controllo della traiettoria del rallentamento”.

Le conseguenze di uno possibile scollamento con frizioni tra Stati, in particolare per quanto riguarda il contesto europeo, sarebbero in questo momento drammatiche, come sottolineato anche da Ferruccio De Bortoli, editorialista del Corriere della Sera, con un richiamo all’unità e al rigore, anche da un punto di vista di comunicazione e informazione. “Gli impatti economici di questa crisi non saranno simmetrici, ma sarà necessaria una risposta univoca da parte dell’Europa. Fondamentale sarà inoltre che al cambio di passo e di paradigma a cui è chiamata l’Unione faccia seguito un’informazione dettagliata e costante perché sia compreso quanto si sta facendo, evitando incomprensioni da parte dell’opinione pubblica interna ai singoli Stati. Quanto accaduto ad esempio con la demonizzazione del MES, portata avanti senza che se ne conoscessero i dettagli, è un esempio di quello che non deve accadere. Dobbiamo combattere la sfiducia nei confronti dell’Europa poiché in questa crisi nessuno si salva da solo”, commenta.

Il modello cinese e il nodo politico europeo

Principe sottolinea come un’analisi della risposta messa in atto dalla Cina possa fornire un aiuto per capire cosa attende l’Europa e il mondo intero. “Lo schema in tre punti operato da Pechino è stato allo stesso tempo chiaro ed efficace”, entra nel dettaglio Principe. “In primo luogo, contenimento del virus con drastiche misure restrittive, seguite da un supporto al sistema economico e finanziario per mezzo di una politica monetaria illimitatamente espansiva da parte della PBoC e, infine, stimolo fiscale massiccio tramite un’azione del Governo improntata al sostegno a famiglie e imprese. In questo modo la Cina si è assicurata una ripresa a “V”, scongiurando il rischio di una forma a “U” o addirittura a “L” a cui oggi è esposta l’Europa”, aggiunge.

Se, sottolinea Principe, solo la Corea del Sud è riuscita a seguire compiutamente il modello cinese, si pone l’interrogativo circa la validità delle misure messe in campo finora nei Paesi sviluppati. “La fase due, quella relativa alla politica monetaria, sta funzionando”, rileva la director Market and Distribution Strategy di Fidelity International, “con oltre 50 Banche centrali che hanno messo in atto misure espansive a supporto della liquidità del sistema finanziario”. Deficitaria invece, nella visione di Principe, la risposta del resto del mondo tanto sul punto uno, con necessità di un maggiore accordo sulla gestione sanitaria, quanto sul coordinamento delle misure fiscali, in particolare in seno all’Europa.

La centralità della politica fiscale

Un elemento sottolineato anche da Padoan che nel suo ulteriore intervento ha messo in luce come l’attendismo di Paesi che speravano di essere risparmiati dalla diffusione di Covid-19 abbia creato squilibri che a cui ora è necessario porre rimedio. “La risposta, sia a livello europeo che globale”, dichiara, “dovrà però mostrare un maggiore coordinamento tra i Governi rispetto a quello mostrato finora perché possa essere vincente nel sostegno alla produzione e quindi funzionale al mantenimento del maggior numero possibile di posti di lavoro”. “Se ci sarà una guerra politico-diplomatica non sarà un bene per nessuno, ma possiamo essere moderatamente ottimisti dal momento che è possibile notare un cambio di atteggiamento all’interno delle dinamiche comunitarie”.

“L’Europa ha già messo in atto misure importanti come l’immissione di liquidità da parte della BCE, la sospensione delle regole del patto di stabilità, e la conferma della disponibilità dell’utilizzo del bilancio dell’Unione per un piano di investimenti su larga scala. Dobbiamo andare oltre la dicotomia Eurobond / Meccanismo Europeo di Stabilità (MES) per essere consapevoli che solo all’interno del quadro europeo sarà possibile trovare una soluzione che permetta, anche all’Italia, di tornare a crescere”, prosegue. La soluzione prospettata da Padoan tiene conto di un aumento del debito pubblico nazionale per far fronte alla crisi con, in contemporanea, una serie di misure di sostegno alla produzione e all’economia reale da mettere in atto sotto l’egida europea. Un maggiore coordinamento tra i governi del Vecchio Continente è richiamato anche da Principe che sostiene la necessità di un “whatever it takes” della politica fiscale comunitaria per far fronte alla crisi.