Non si tratta né di una moda del momento né di una possibile bolla. Per l’AD di Zenit, i PIR rappresentano un’opportunità di veicolare una parte dei risparmi degli italiani verso l’economia reale.
Il puzzle si sta completando: il legislatore ha introdotto passo a passo alcuni tasselli, e adesso l’industria finanziaria da una parte e il tessuto imprenditoriale e produttivo dall’altra stanno andando verso la strada disegnata: far nascere un mercato di capitali in Italia. Per Marco Rosati, AD di Zenit SGR, con i PIR “è stata data un’opportunità agli italiani di veicolare una parte del risparmio verso l’economia reale, cosa di cui credo il Paese abbia un assoluto bisogno, avendo come beneficio un significativo vantaggio fiscale”. Non si tratta né di una moda del momento né di una rivoluzione, bensì di “una possibilità data agli investitori e che hanno colto in maniera importante.
Il successo che stanno avendo i PIR, destinato a continuare, farà da volano anche a strumenti come i bond societari, tra cui i minibond, e si potrà così riequilibrare uno squilibrio pronunciatissimo tipico italiano: quello del finanziamento alle imprese”, spiega Rosati. “Le aziende devono rafforzarsi da un punto di vista patrimoniale, devono poter avere a disposizione strumenti di debito, non soltanto quello bancario, e tutto questo si sta concretando. Se guardiamo sul fronte azionario, su una Borsa che era rimasta oltremodo indietro sia in termini di società quotate ma anche in termini di quotazione, stiamo vedendo un giusto recupero che sta riavvicinando l’Italia agli altri Paesi europei. Quest’anno avremo il record di nuove quotazioni e per l’anno prossimo si prevede che saranno il doppio. Si sta andando nella direzione giusta”, afferma il manager.
La polemica della bolla
E alla polemica sul rischio bolla associato ai PIR, Rosati risponde che “al di là delle parole, bisogna guardare i numeri”. I dati sono abbastanza chiari: della raccolta dei PIR stimata oggi a livello di sistema Italia di circa 6 miliardi, la parte destinata e distribuita sull’azionario è di circa il 25% mentre il resto è investito in obbligazioni. “Per quanto la nostra Borsa sia piccola, capitalizza circa 600 miliardi e quindi non sarà certo il miliardo e mezzo arrivato in questi 8-9 mesi sui PIR che ha fatto scoppiare le quotazioni. Dall’altro lato, se vediamo l’indice migliore, quello che è salito di più, anche il più caro in termini relativi sui fondamentali che è l’Indice STAR, oggi quota a circa 18 volte gli utili attesi 2018 mentre la media storica è stata di 19 volte gli utili. Oggi quindi paradossalmente l’Indice STAR è leggermente a sconto rispetto a se stesso”. Per Rosati la cosa importante è che “le cose vengano fatte con gradualità, per evitare che si creino distorsioni e sia nato un piano di lungo termine per l’Italia e per gli investitori” e per l’anno prossimo annuncia la creazione di un fondo di private equity sulle PMI innovative italiane.