Rosti (Vanguard): "La Retail Investment Strategy è stata un’occasione persa"

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Simone Rosti. Foto concessa (Vanguard)

Il tema dei costi continua a essere al centro del dibattito soprattutto quando si tratta di gestione attiva e passiva. In questi 5 anni di presenza in Italia con l'arrivo dei primi ETF su Borsa Italiana, Vanguard ne ha fatto una questione predominante nell'approccio con gli investimenti passivi, indicizzati e attivi.

A ribadirlo più volte è Simone Rosti, responsabile per l’Italia e Sud Europa di Vanguard in occasione di un incontro a Milano con la stampa specializzata. "La Retail Investment Strategy è stata un'occasione persa, si poteva mettere pressione sui costi e sulle dinamiche distributive, affrontando in maniera seria e capillare il tema dei costi e del conflitto di interesse", sottolinea il professionista.

La volontà di Vanguard di intessere un dialogo proficuo con gli intermediari, siano essi banche o reti di consulenza è dimostrata dalle 9 partnership all'attivo che il colosso americano può vantare nel mercato italiano. "L'obiettivo per noi è sempre quello di cercare di dare al cliente finale una soluzione efficiente (di natura distributiva o gestionale) ma senza che la banca rinunci alla propria redditività", spiega.

L'esperto fa una menzione poi al tema della consulenza finanziaria a pagamento che, a suo dire, potrà diventare una soluzione sempre più efficace. "Non è una soluzione valida per tutti ma per alcuni clienti sicuramente sì e sarà destinata a crescerà sempre più", prosegue Rosti.

I numeri

Il professionista poi passa in rassegna alcuni dei numeri che hanno caratterizzato la società nell'ultimo lustro. "In Italia abbiamo superato la soglia dei 10 miliardi di AuM e questo rappresenta un segnale estremamente positivo. Lo scorso anno abbiamo raccolto più della metà della quota degli ETF in Italia. E, per la prima volta, abbiamo consolidato il percorso di offerta dei fondi indicizzati, poco supportato da altri operatori", ci tiene a sottolineare. Non solo dati ma anche persone. "Il team italiano è composto al momento da undici professionisti, quando siamo arrivati a giugno 2018 non c’era un team né un ufficio a Milano", ci tiene a ribadire Rosti.

Inoltre, l'offerta del colosso statunitense non è composto soltanto da fondi passivi. Il terzo punto che segnala la crescita della società nel Paese è la raccolta attraverso due fondi attivi a basso costo, il Global Credit Bond Fund e l'Emerging Markets Bond Fund, entrambi disponibili "dallo scorso anno attraverso la piattaforma Online SIM o tramite contenitori assicurativi".  

In Italia, come noto, si parla molto spesso di educazione finanziaria. Vanguard riconosce che anche in fatto di fondi passivi la strada da fare è ancora lunga, tanto lato cliente quanto consulente finanziario. Nel novero dei nuovi strumenti resi disponibili agli investitori non si possono non nominare gli ETF attivi. "I grandi asset manager americani si sono accorti che i consulenti sono andati verso forme di gestione con portafogli modelli composti da ETF. Questa formula che si è affermata come lo strumento di gestione più efficace, diventando un vero e proprio veicolo più che una mera gestione passiva", spiega. Si potrebbe dire che è avvenuta come una commutazione di asset già esistenti in ETF attivi, "ritengo che già nei prossimi anni ci saranno una serie di dinamiche che porteranno ad avere l’ETF come strumento principale per la clientela retail. Oggi c’è un po’ di riluttanza nell’andare oltre ai Btp, ma è rimane importante veicolare il messaggio giusto, spiegando quale sia migliore strumento per ciascun cliente" tra fondi indicizzati, passivi, attivi", ribadisce Rosti.

La ricerca

Infine, Rosti passa in rassegna alcuni dei che illustrano il lavoro che attende i consulenti, i fornitori e i responsabili politici per migliorare i risultati per gli investitori retail. Il campione finale è composto da oltre mille consulenti finanziari tra Regno Unito, Germania e Italia e laricerca è stata condotta alla fine del 2022.

Prevalenza della consulenza basata sulle commissioni in Europa

L'impatto della Retail Distribution Review nel Regno Unito è chiaramente visibile sul mercato. La survey di Vanguard rileva che oggi la struttura predominante nel Regno Unito è quella fee-based, un modello applicato dal 60% dei consulenti britannici intervistati. I consulenti finanziari tedeschi e quelli italiani attualmente si affidano maggiormente a un modello commission-based (rispettivamente 47% e 43%) o a un modello misto, mentre solo l'11-15% dei consulenti intervistati applica un modello fee-based.

La consulenza indipendente offre una migliore asset allocation

I consulenti britannici intervistati hanno stimato di allocare il 70% degli AuM dei clienti in fondi comuni ed ETF, rispetto al 55% in Italia e al 53% in Germania. Per contro, i consulenti italiani stimano che una percentuale molto più elevata di AuM dei clienti sia allocata in prodotti assicurativi (21%, rispetto al 14% in Germania e al 5% nel Regno Unito).

La consulenza a pagamento offre una proposta di valore più completa

Tutti i consulenti in Germania, Italia e Regno Unito hanno indicato la consulenza sugli investimenti come il proprio ruolo principale nel servire i clienti. I dati dell'indagine di Vanguard mostrano però che i consulenti del Regno Unito sono molto più concentrati sulla consulenza previdenziale (con il 75% che la descrive come una funzione di consulenza chiave) rispetto ai consulenti in Germania e in Italia (rispettivamente con il 15% e il 17%).

I consulenti in Germania e in Italia potrebbero adattarsi a un modello fee-based

La survey di Vanguard ha chiesto ai consulenti finanziari in Italia e Germania: "Con quale probabilità lascerebbe il settore della consulenza finanziaria se si passasse a un modello fee-based?". Complessivamente, meno del 10% dei consulenti in Germania e in Italia ha dichiarato che nel caso potrebbe abbandonare il mercato.

Costo totale degli investimenti

Il costo totale dell'investimento varia notevolmente da un Paese all'altro

Su una base media ponderata (per il cliente), la Germania è un mercato con costi significativamente più elevati rispetto all'Italia e al Regno Unito. L'andamento dei costi mediani ponderati è diverso: l'Italia ha la mediana più alta (185 bps), seguita da Germania (175) e Regno Unito (140). In tutti e tre i mercati analizzati, i principali blocchi di costi riguardano le spese correnti (principalmente le commissioni di gestione dei fondi e le commissioni di vendita) e i costi di negoziazione/transazione, compresi gli spread.

La consulenza fee-based offre un costo totale degli investimenti nettamente inferiore

Vanguard ha esaminato il costo totale degli investimenti per i tre tipi di modelli di consulenza: commission-based, fee-based e ibrido. Con campioni di oltre 350 consulenti per ciascun gruppo nei tre Paesi, è stato dimostrato in modo statisticamente solido che il costo totale degli investimenti è nettamente inferiore con il modello fee-based. Nel complesso, il divario è notevole: il totale medio degli investimenti con un modello commission-based è di 225 pb all'anno, quasi il 50% in più rispetto al modello fee-based.

Trasparenza dei costi

A tremila investitori (mille per ogni Paese) è stato chiesto di stimare il costo totale che pagano per gli investimenti. In Italia il costo stimato a pieno carico è di 160 pb mentre il costo totale medio di investimento è di 191 pb.