Alessandro Guzzini (Finlabo SIM) ribadisce il suo scetticismo circa questi prodotti e aggiunge che sarebbe meglio non fomentare "questa sorta di nazionalismo finanziario".
“Questo è un momento d’oro per le società che vogliono andare in Borsa, per l’investitore invece è molto meno interessante”. Ad un anno di distanza Alessandro Guzzini, CEO di Finlabo SIM conferma la sua posizione scettica circa i PIR. “Il mercato italiano è molto caro e le valutazioni sono molto alte. Non è una situazione sostenibile nel lungo termine, mi ricorda la bolla che scoppiò sull’Indice STAR nel 2006/2007. E poi ognuno deve fare il suo mestiere”, afferma Guzzini. “Il risparmio gestito non deve finanziare l’economia reale, perché il rischio di conflitto di interessi è molto alto. Quello dei PIR è un fenomeno molto interessante per le società e per le reti, ma per l’investitore è molto meglio avere un portafoglio differenziato". E aggiunge: “Non dovremmo fomentare questa sorta di nazionalismo finanziario”. Il manager confessa di credere fortemente nell’apertura del mercato e sottolinea il fatto che l’Italia dovrebbe essere attrattiva per gli investitori esteri.
Il posizionamento del fondo Dynamic Equity
Per il gestore del Finlabo Dynamic Equity, fondo che per secondo anno consecutivo vanta il rating di Consistente di Funds People, il contesto non è più molto positivo, soprattutto perchè la questione dei dazi USA sta diventando un fattore dominate sul mercato. "Stiamo vedendo una forte debolezza nei settori maggiormente esposti all’export, ma anche i temi difensivi hanno sofferto per via del rialzo dei tassi. Abbiamo, pertanto, un portafoglio più difensivo, con una net exposure molto bassa (del 10-20%), quindi siamo usciti dai temi ciclici", spiega Guzzini durante un suo recente viaggio a Madrid. Il fondo, infatti viene distribuito in vari Paesi europei, tra cui Spagna, Svizzera, Francia, Lussemburgo e da quest'anno anche Germania.