Cirenei e Seveso, rispettivamente AD e responsabile direzione investimenti di Soprarno SGR, spiegano a Funds People le prospettive del risparmio gestito in Italia e l’esposizione della società sul mercato.
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È pensiero comune degli esperti dell’industria del risparmio gestito che in generale, rispetto a qualche anno fa, i mercati di oggi risultano maggiormente caratterizzati da più alte valutazioni, diverse dinamiche geopolitiche, piuttosto che da politiche monetarie da parte delle Banche centrali propense al rialzo dei tassi, nonché ad una riduzione dei loro programmi di acquisto. Ma in un contesto macro di questo tipo, quali sono le prospettive dell’industria del risparmio gestito in Italia? Funds People l’ha chiesto a Pietro Cirenei, amministratore delegato, e Marco Seveso, responsabile direzione investimenti e gestione fondi comuni di Soprarno SGR.
Trasparenza dei costi, offerte strutturate e minore regolamentazione
Tenendo conto della grandezza del mercato italiano, a detta dei manager, il settore del risparmio gestito può ampliarsi solo se c’è qualità e se le attività di gestione non sono gravate da eccessivi costi, dove Cirenei e Seveso si augurano infatti che la relativa trasparenza, che arriverà con MiFID II, si concretizzi sul serio con il nuovo anno. “C’è sempre spazio per aumentare la presenza dell’industria del risparmio gestito. Ad ogni modo, ricordiamo che se da un lato è corretto avere una distribuzione equilibrata degli investimenti con dei meccanismi appropriati di rendimento sul capitale investito, dall’altro non è sicuramente la corsa a rendimenti più rischiosi che aumenta la performance del portafoglio nel lungo termine; o meglio, in teoria, questa performance aumenta, ma ciò non è un bene di tutti, e bisogna avere il coraggio di accettare rendimenti inferiori”, affermano gli esperti.
Quando i rendimenti della parte obbligazionaria sono bassi il costo di gestione di questi strumenti non può che essere molto basso e, secondo i manager, la maggior parte degli attori presenti nel mercato, che offrono prodotti obbligazionari, hanno costi talmente alti che, su una gamma di fondi, a meno di non correre rischi di trading, di negoziazione, o di posizionamento, questi potrebbero riservare brutte soprese agli investitori. "Ciò vale sia per modelli più discrezionali che per quelli automatici. A nostro parere, l’unica strada da percorrere è quella di strutturare delle offerte, dei prodotti che siano quindi delle vie trasparenti, ma che abbiano nel contempo un qualche tipo di rischio diverso rispetto agli altri”, spiegano.
Un ultimo punto toccato da Cirenei e Seveso riguarda il fatto che, fortunatamente, il mondo dei fondi comuni, nei Paesi dell’Europa continentale, riesce a sopravvivere anche alle follie dell’approccio iniziale di MiFID II, dove “il rischio dell’eccessiva regolamentazione ‘all’inglese’ è stato quindi rimosso dal mercato”. Ciò rappresenta, secondo i manager, un qualcosa di positivo.
L’esposizione di Soprarno SGR
“Strutturalmente, come Soprarno, abbiamo portafogli che investono significativamente in titoli azionari. In realtà, la ‘net equity exposure’ è inferiore alla metà degli asset, ma la ‘gross equity exposure’ è invece superiore, questo perché fondi come il Soprarno Relative Value (fondo con rating Blockbuster Funds People) presentano questo meccanismo long/short. La componente obbligazionaria è equamente divisa tra titoli corporate e governativi”, spiegano gli esperti.
Da Soprarno si considerano tuttavia “come un artigiano che fa il proprio lavoro”, combinando in maniera diversa le selezionate qualità in modo da creare dei prodotti adeguati. “Il nostro approccio è basato sull’analisi delle singole aziende, che conosciamo a fondo. Per noi, infatti, quando compriamo un’azione stiamo acquistando un pezzo della società, acquistiamo un pezzo dei suoi utili, del suo patrimonio, delle sue risorse umane, del suo metodo. Per questo ci discostiamo da chi compra azioni semplicemente perché le comprano altri sul mercato. Anche in fasi di correzioni di mercato, se una società fa comunque utili e dividendi, questa tornerà a salire”, aggiunge Cirenei.
Per quanto concerne le altre strategie, i manager spiegano inoltre che il Soprarno Relative Value è “un portafoglio che non perde mai su un orizzonte di tre anni”, disponendo di un’efficienza di rischio controllato con la protezione del rischio di ribasso. Il Soprarno Ritorno Assoluto, è invece “un portafoglio che a tre anni, con l’attuale livello dei tassi, potrebbe ottenere ritorni contenuti”. Infine, il Soprarno Inflazione +1,5% (fondo con rating Consistente Funds People), “con tassi a livelli normali, dovrebbe avere in un anno un rendimento positivo”. “La nostra è una gamma di portafogli controllati, basati su questo approccio di selezione titoli che ci caratterizza, con l’overlay della protezione opzionale, e con una costruzione di portafoglio obbligazionario molto attenta a non eccedere nei rischi. Per semplicità, manteniamo una duration più lunga rispetto ai corporate, e man mano che si sale nella scala dei rating accorciamo l’esposizione; il che è un metodo che normalmente rappresenta il modo migliore per avere un portafoglio globalmente meno volatile”, affermano.
I bisogni dell’industria
Secondo Cirenei e Seveso, quello italiano risulta “un mercato seppellito di prodotti”, un mercato in cui persiste il problema generale dell’industria, ovvero quello che “i grandi provider di prodotti non ne creano dei nuovi”, dove, dal punto di vista globale, si è assistito ad un’oscillazione che ogni cinque anni, a seconda di cosa succedeva nei mercati, si seguivano determinate tendenze. “Fondamentalmente, questo succede perché non ci sono né prodotti né gestori per tutte le stagioni. A nostro parere, c’è il bisogno che l’industria faccia scendere il ‘total expense ratio’; è solo a quel punto che probabilmente si ridarà ai risparmiatori parte dei rendimenti. Come Soprarno ci posizioniamo sulla parte bassa del costo dei prodotti, e speriamo che ciò che abbiamo pagato in passato, in termini di minore redditività, ci dia una mano a mantenere le nostre capacità nei prossimi anni. Ciò di cui l’industria ha bisogno non sono prodotti nuovi, ma di una maggior trasparenza e costi inferiori per il risparmiatore”, concludono gli esperti.