Strategia 2016, avanti su azionario Europa e focus sui fondamentali

Nel calcio si dice: “Squadra che vince non si cambia”. Lo stesso concetto, trasportanto nel mondo del risparmio gestito, diventa:  “Strategia vincente non si cambia”. Così si potrebbe sintetizzare la view per il 2016 di Fabrizio Fiorini, direttore investimenti diretti di Aletti Gestielle SGR, che suggerisce di focalizzarsi sui mercati azionari e sui fondamentali macro, che sono molto buoni in Europa, dando meno importanza alle mosse delle banche centrali. “Il 2016 lo vedo molto simile al 2015, con i mercati azionari che hanno ancora elevate probabilità di dare delle soddisfazioni, anche se non necessariamente grandi performance”, ha dichiarato Fiorini, all'interno del video chat “Scenari di mercato e prospettive di prodotto per il 2016”. Inoltre, per il direttore investimenti diretti le obbligazioni non rappresentano ancora una valida alternativa; quindi ai bond è da preferire la liquidità.  

In generale, “occorrerà riproporre la stessa metodologia di approccio ai mercati, continuando a rimanere fermi sulle posizioni legate ai fondamentali e prestando meno attenzione alle banche centrali”, ha spiegato Fiorini. Il 2012-2013 e il 2014 sono stati tre anni in cui è bastato semplicemente affidarsi alle banche centrali (anche senza capirne le ragioni) per ottenere dei risultati: il problema è che in mercati che continuavano a salire, e a crescere anche in maniera forte, si è persa spesso la percezione che c'era chi faceva meglio e chi peggio, per il solo fatto che, per esempio, contro una performance del +9%, anche un incremento assoluto del 7% era ritenuto comunque soddisfacente. “Il difetto del risparmiatore italiano è che molto spesso non dà importanza al mancato guadagno, mentre è molto attento alla perdita. Le due cose hanno invece pari dignità”, ha commentato Fiorini, che ha ricordato che nei tre anni precedenti, le performance assolute positive di tutti non avevano dato il giusto rilievo a chi aveva fatto una gestione metodica legata a ragionamenti sui fondamentali.  

“Nel 2016 esisterà un trend sottostante che non sarà dissimile dal 2015, quindi economie in miglioramento molto graduale”, ha proseguito l'esperto,  che ritiene che le economie emergenti continueranno nel loro downtrend di crescita economica, ma anche nel loro uptrend di riforme e di miglioramento della sostenibilità della crescita stessa. 

Un cenno alla volatilità
Nessuna preoccupazione viene mostrata nei confronti dell'incremento della volatilità. “Questa volatilità non è altro che una consacrazione della fine di una fase di grande rilancio monetario e dell'inizio di una fase di normalizzazione. Va quindi interpretata come sintomatica di un cambiamento verso la normalità”, ha dichiarato l'esperto. Una normalità dei mercati finanziari che passerà attraverso una normalizzazione da parte delle banche centrali, molto molto lenta. E una volatilità che porterà fuori dal mercato operatori che hanno usato un metro di giudizio che non è più adatto al cambiamento di situazione. Negli ultimi tre anni, dal 2012 al 2014, si è puntato quasi esclusivamente sulle azioni delle banche centrali per decidere cosa fare. Ma il 2015 ha insegnato che puntare solo sulle scelte di queste istituzioni nelle decisioni di investimento comporta dei rischi: rischi di essere buttati fuori dal mercato e di non poter partecipare ai movimenti sottostanti, legati ai fondamentali, perché molti operatori si sono disabituati a dare privilegio ai fondamentali economici e hanno messo invece al primo posto le dinamiche delle banche centrali.

Il petrolio
Quanto al petrolio (sceso prima fino a 50 dollari, poi ulteriormente in area 35), nel breve periodo, per Fiorini l'errore, legato all'interpretazione del mercato, è che questa diminuzione dei prezzi sia sintomatica di una debolezza della crescita mondiale, mentre è propedeutica a un miglioramento dell'economia globale perché libera risorse nelle tasche delle famiglie e dei consumatori. “Trarre una informazione dalla discesa dei prezzi del petrolio, ignorando che si tratta di un eccesso di offerta anzichè di una carenza della domanda è ancora più pericoloso”, ha aggiunto il direttore investimenti diretti di Aletti Gestielle SGR, che ritiene che presto il mercato si renderà conto che anche questa discesa dei prezzi da 50 a 35 dollari non è un problema e probabilmente inizierà a ridimensionarne la portata. “Ciò nonostante pensare che il prezzo del petrolio possa rimbalzare è complicato, perché dipende da scelte di soggetti che prendono decisioni su basi non economiche ma politiche”, ha commentato l'esperto, che non vede quindi, nel breve, un rimbalzo ma, se dovesse ipotizzare, stima nel 2016 livelli più alti di quelli attuali. “Non vedo il petrolio a 20 dollari, lo vedo più probabilmente a 50”, ha detto. 

Bond high yield e obbligazioni dei Paesi emergenti
Il miglioramento economico favorisce poi l'apertura del credito e, di conseguenza, gli high yield, che potranno fare un po' di sostituzione e beneficiare di un abbassamento del loro costo di funding. Sui mercati emergenti, invece, Fiorini suggerisce un approccio in due step: prima, l'avvicinamento agli emerging market bond in divisa forte e in seconda battuta, cioè nel corso del 2016, l'inserimento in portafoglio di bond in local currency. La vera novità, in temini di asset allocation, riguarda invece il dollaro, che secondo Fiorini ha già espresso tutte le sue potenzialità. “Credo che sia finito il grosso della sua corsa”, ha concluso l'esperto.