Strategie di investimento, il fascino degli “alternativi”

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Il contesto macroeconomico attuale si differenzia in modo sostanziale da quello degli scorsi decenni. In particolare è sparito il cosiddetto tasso di interesse free risk, ovvero quel tasso di remunerazione della liquidità che garantisce un rendimento privo di rischio. Per avere rendimento è necessario, quindi, assumere qualche forma di rischio; inoltre, i costi di gestione di prodotti di investimento poco rischiosi possono assorbire o addirittura superare il rendimento lordo, lasciando alla fine all’investitore ben poco. Negli ultimi anni, poi, le situazioni di turbolenza hanno coinvolto allo stesso modo il mercato obbligazionario e quello azionario, introducendo una correlazione tra i due mercati che riduce di molto l’efficacia della leva del bilanciamento tra bond  ed equity ai fini della riduzione del rischio del portafoglio.

“Uno scenario di questo genere comporta un necessario riposizionamento degli investitori che, per garantirsi un rendimento minimo, devono modificare il target degli investimenti spostandosi su strumenti a maggior grado di rischio e richiedere un maggior contributo di professionalità ai gestori. Un portafoglio bilanciato di fondi a benchmark potrebbe essere penalizzante per l’investitore per alcuni anni e a malapena recuperare i costi di gestione”, commenta Emanuele Facile, amministratore delegato di Advam Partners SGR,  società che si distingue per stili di gestione e fondi non a benchmark.

Cosa può fare un investitore alla ricerca di rendimenti alternativi?  
Se l’investitore si vuole affidare a dei gestori, è opportuno che ricerchi stili di gestione attiva, a rendimento assoluto e non a benchmark, al fine di realizzare rendimenti indipendentemente dall’andamento del singolo comparto di mercato o della singola area geografica. 
Se, invece, l’investitore vuole personalmente scegliere i singoli titoli, sarebbe opportuno cercare di cogliere alcuni elementi fondamentali del business dell’entità in cui si investe in grado di rappresentare un vantaggio o una difesa competitiva e una parziale difesa dal ciclo economico.
Il punto di partenza fondamentale è capire se l’orizzonte temporale dell’investitore è veramente il medio - lungo termine o se invece la sua sensibilità alle possibili variazioni negative mensili rimane elevata. Come è noto, nel medio – lungo termine l’investimento azionario è l’unico a recuperare l’inflazione, ma nel breve termine può comportare qualche oscillazione negativa di maggiore entità rispetto agli altri mercati.

In questo contesto di mercato molto volatile cosa si può fare?
Due sono le direzioni:
- guardare al medio – lungo termine e investire in asset class che abbiano portenzialità di rendimento reale (azioni, efficienza energetica), con una logica e analisi fondamentale dei motivi per cui il titolo dovrebbe apprezzarsi;
- affidarsi a dei gestori che abbiamo comprovata capacità di dominare fasi difficili dei mercati con tecniche di gestione dinamiche a rischio contenuto.
Per gli investitori più attenti e professionali ci possono essere dei segmenti di investimento che offrono degli arbitraggi in relazione al valore intrinseco del titolo acquisito o che sono decorrelati rispetto ai mercati, come le obbligazioni senior o subordinate di intermediari finanziari regolamentati (banche e assicurazioni) e le obbligazioni di imprese medie con progetti di business interessanti. Regola comunque sempre fondamentale da seguire è la diversificazione.

Quindi, in un mercato difficile come quello attuale, quali strategie suggerisce di adottare?
Suggerisco 5 regole:
1 - Perseguire il “fai da te” solo se si hanno competenze e tempo per seguire i mercati
2 - Guardare al medio –lungo termine e all’analisi fondamentale
3 - Scegliere accuratamente i gestori, sulla base delle effettive performance storiche
4 - Ricercare prodotti alternativi a rendimento assoluto 
5 - Valutare la congruità tra i costi del prodotto e il rendimento atteso.

Come deve fare un investitore per selezionare i prodotti più adatti in questa fase dei mercati?
Innanzitutto ci sono alcuni prodotti o controparti da evitare:
- Proposta di investimento in un numero elevato di fondi: si ottiene alla fine la media del mercato, spesso al lordo della commissione di gestione. Al netto della commissioni di gestione spesso si sta sotto il mercato, e quindi nessun valore viene portato né da chi propone il portafoglio né da chi gestisce i prodotti;
- Commissioni di ingresso esplicite o implicite troppo elevate. La penalizzazione iniziale potrebbe non consentire di fatto il raggiungimento del rendimento;
- Proposta di rendimenti attesi molto elevati, non adeguatamente motivati;
- Eccessiva movimentazione delle posizioni.
Nella scelta dei prodotti per questa fase del mercato, suggerisco di scegliere gestori che abbiano dimostrato di generare rendimento anche in fasi non positive dei mercati e di capire da quali fattori si genera l’extra-rendimento e quali possono essere le limitazioni alla liquidazione della posizione, in caso di necessità.

L'investimento in fondi alternativi può essere una soluzione complementare a un investimento tradizionale? 
L’industria del risparmio gestito negli ultimi decenni spesso non ha dimostrato di meritarsi le commissioni pagate dai clienti, né dal lato della distribuzione (reti di vendita sia bancarie che non) che spesso non ha fornito un servizio di consulenza degno di questo nome, né dal lato della gestione, dove pochi gestori hanno fatto meglio della media del mercato. La ricerca di fondi alternativi deve essere quindi ispirata alla ricerca di valore, inteso come maggiore rendimento a parità di rischio oppure di rendimento decorrelato rispetto all’andamento dei mercati finanziari. In entrambi i casi, il valore rimane all’investitore se la maggiore “qualità” del rendimento non viene pagata troppo cara.

Se dovesse investire il suo patrimonio personale, cosa farebbe?
Oggi sceglierei alcuni gestori (2 o 3 al massimo) che perseguono un profilo di gestione attiva alla ricerca di rendimento assoluto, e investirei una parte tra il 20 e il 40% del portafoglio, su cui non necessito di liquidità immediata, in fondi alternativi che investono in asset class decorellate, come ad esempio i fondi in obbligazioni di medie imprese, i fondi in crediti commerciali o fondi che investono in iniziative di efficienza energetica. E, perché no, anche una parte minore (5-10%) in fondi che investono nel capitale di aziende giovani e innovative. Per i patrimoni di maggiori dimensioni, il private equity e il private debt offrono opportunità molto interessanti in Italia. Essenziale diventa valutare la qualità del progetto di investimento e la storia professionale del team di gestione.

Quanti sono i vostri prodotti alternativi, quali sono le loro principali caratteristiche e come stanno andando? 
I nostri fondi aperti sono fondi a rendimento assoluto, con diverso livello di rischio. Valorizziamo il nostro team di gestione, la sua storia di performance e il suo approccio ai mercati, ma inseriamo nei portafogli anche un fondo di fondi a volatilità costante, che a sua volta seleziona gestori dallo stile a rendimento assoluto, al fine di diversificare il “rischio gestore”. Agli investitori con patrimonio di maggiore dimensione e adeguate competenze, proponiamo la gamma dei fondi “alternative”, a partire dal fondo di Private Debt che investe in obbligazioni di medie imprese fino al fondo che investe in crediti commerciali, al fondo che investe in crediti verso la pubblica amministrazione e al fondo che investe di obbligazioni subordinate di compagnie di assicurazione o banche. Per chi ha interesse anche all’investimento in private equity, stiamo attivando un fondo dedicate alle imprese italiane innovative, anche operanti nei settori tradizionali.