Sia a livello europeo che italiano i fondi di Private Equity hanno realizzato ritorni lordi sull’investimento superiori rispetto al benchmark comparabile di società quotate, determinati da una crescita più rapida dei profitti delle partecipate.
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Secondo quanto riportato nella nona edizione del rapporto annuale 'European PE Exit Study' di EY, i disinvestimenti delle partecipazioni dei fondi di Private Equity sono cresciuti del 26%, passando dai 61 del 2012 ai 77 del 2013. I fattori che hanno contribuito a tale aumento sono da ricercarsi nella graduale ripresa dell’economia in Europa, la crescente liquidità del mercato del debito e le migliori condizioni del mercato delle IPO. Nello studio 'Taking stock: how do private equity investors create value? A study of 2013 European exits' vengono presi in considerazione i risultati e le modalità di disinvestimento di un campione di 604 imprese europee partecipate da fondi di private equity tra il 2005 e il 2013, evidenziando, tra le altre, come le operazioni di IPO nel corso del 2013 siano tornate ai livelli del 2006, con 13 società che hanno optato per la quotazione sul mercato rispetto alle 3 del 2012.
In netta ripresa anche le operazioni di secondary buyout; nel 2013 la vendita ad altri fondi di private equity ha rappresentato il 55% delle exit, in aumento del 17% rispetto all’anno precedente, mentre il numero di exit in presenza di ristrutturazione del debito ha raggiunto il valore più basso dal 2007. Come evidenziato da Umberto Nobile, Private Equity leader per la region Mediterranean (Italia, Spagna, Portogallo) di EY, anche l’Italia è protagonista di questo cambiamento: “Per quanto riguarda il mercato italiano, caratterizzato da operazioni su aziende mediamente di dimensioni inferiori rispetto ad altri paesi europei, il numero di exit nel 2013 è aumentato del 30% rispetto al 2012. Concentrando l’analisi sulle società con un EV superiore ai 30 milioni di euro, si registrano 23 exit, di cui tredici secondary buyout, otto trade sale e due IPO. Dati che evidenziano una maggiore dinamicità in Italia nelle cessioni ad acquirenti strategici rispetto al resto dell’Europa”.
In relazione alla redditività delle aziende partecipate, Umberto Nobile, aggiunge inoltre che “i dati relativi al mercato italiano mostrano come, ad eccezione del 2009, dal 2006 ad oggi i fondi di PE hanno visto aumentare l’EBITDA delle aziende partecipate di circa il 6% l’anno, mediamente due volte in più rispetto al benchmark comparabile di società quotate, mostrando una forte accelerazione nel 2013”. Lo studio divide i ritorni lordi dell’asset class in tre componenti: performance del mercato azionario, effetto di leva finanziaria aggiuntiva e contributo del private equity. Confrontando le tre categorie con un benchmark comparabile di società quotate, il report di EY rileva che il contributo del private equity rappresenta la fonte più significativa del ritorno lordo sugli investimenti, nonostante l’andamento ciclico degli ultimi nove anni, caratterizzati da una rapida crescita tra il 2005 e il 2007, la crisi economica del 2008-09 e la lenta ripresa dal 2010 al 2013. Inoltre, hanno contribuito ai rendimenti del private equity i benefici della leva finanziaria aggiuntiva e della performance del mercato azionario, anche se con valori maggiormente volatili e con volumi inferiori.
In generale, le migliori performance ottenute dal private equity sono rappresentate da una crescita più rapida dei profitti nelle società partecipate rispetto al benchmark comparabile di società pubbliche e sono ottenute attraverso la definizione di strategie che puntano al miglioramento dell’efficienza operativa, alla razionalizzazione dei costi o all’incremento dei ricavi. Secondo il presente studio della EY, l’attuale organizzazione del private equity in Europa ha dato prova di poter sostenere uno scenario economico debole e le previsioni per futuro sono ottimistiche. Le condizioni del settore stanno migliorando su tutti i fronti: vi è una maggiore disponibilità di capitale proprio e capitale di debito destinato agli investimenti, una ripresa costante del contesto economico, un cambiamento nella percezione del ruolo del private equity nell'economia europea e , a metà del 2014, una forte attività in due delle tre exit strategies principali. Sachin Date Europe, Middle East, India and Africa Private Equity leader di EY, sottolinea che: “La prospettiva per il settore PE mostra un trend positivo. Le condizioni di mercato stanno migliorando su tutti i fronti: maggiori disponibilità di liquidità per gli investimenti, uno scenario economico in ripresa e la generale buona qualità dei portafogli PE contribuiranno a un ulteriore aumento degli exit in Europa”.