La tavola rotonda di Wellington Management targata FundsPeople si concentra sul settore delle small cap europee, evidenziando le più interessanti opportunità di investimento.
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La tavola rotonda di Wellington Management targata FundsPeople si concentra sul settore delle small cap europee, evidenziando le più interessanti opportunità di investimento.
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L'impressione comune, quando si parla di small cap, è che siano maggiormente soggette al ciclo economico e caratterizzate da minore liquidità. Allo stesso tempo, offrono maggiori prospettive di crescita e capacità di innovazione. Dopo un 2022 che si è rivelato piuttosto difficile dal punto di vista dei rendimenti, il contesto attuale potrebbe essere favorevole per questa asset class.
Il dibattito sulle small cap è stato al centro della tavola rotonda Wellington Management targata FundsPeople all'interno della prima edizione di FundsPeople Talks, una serie di tavole rotonde in contemporanea in cui fund selector e gestori hanno la possibilità di confrontarsi liberamente sulle principali tematiche di attualità nel mondo degli investimenti.
In particolare, la prima tavola rotonda di Wellington Management si è focalizzata sui migliori approcci al settore delle small cap, sugli strumenti più indicati per investire in modo efficace in queste aziende e sulle caratteristiche che le rendono interessanti per un investitore.
I commenti sono relativi al contesto del 13 dicembre 2022.
"In generale non vediamo male il momento. Sui mercati europei c’è stata una discesa importante dei rendimenti quest’anno, e lo sconto a livello di valutazioni è abbastanza buono, sia per le small sia per le large cap" esordisce Valentina Madama senior fund analyst di Symphonia SGR, che aggiunge "inoltre, stiamo iniziando a intravedere anche in Europa il picco dell’inflazione, un altro elemento che, secondo, noi, può essere di supporto. Per quanto riguarda, in particolare, le small cap, secondo me in Europa il paradigma è un po’ ribaltato rispetto agli Stati Uniti, dove small molto spesso significa ciclico. In Europa, invece, se escludiamo il livello delle micro cap, tra small e middle troviamo tante società quality, quindi meno soggette al ciclo. L’idea è accumulare un po’ strutturalmente sul segmento. Come gestore patrimoniale direi che i fondi attivi sono lo strumento ideale, magari diversificando per cogliere maggiori opportunità , con focus geografici differenti".
Secondo Madama, sulle small cap più che sulle large cap è importante focalizzarsi sulla qualità del business. "La valutazione è un elemento importante per decidere quando entrare e con che pesi, ma a mio avviso resta un elemento secondario, perché continueremo sempre a preferire una buona società cara a una cattiva società con forte sconto valutativo. Guardando principalmente a elementi di qualità" prosegue l'esperta, "i parametri principali possono essere il ritorno sul capitale investito, la marginalità dell’azienda e le prospettive di crescita dei ricavi". Secondo Madama, un'altra cosa importante è la resilienza all’innovazione da parte del business della società. "Se infatti è vero che le small cap, soprattutto in Europa, hanno una maggiore capacità innovativa rispetto alle large cap, è vero anche che l’innovazione può rendere obsolete alcune aree di attività. Risulta perciò importante capire come il business si può collocare in maniera vincente rispetto al progresso tecnologico".
1/5"Presupponendo che l’inflazione abbia toccato il suo picco, le attenzioni delle banche centrali saranno riservate all’eventuale recessione o al rallentamento economico" osserva Carlo De Luca, responsabile della gestione patrimoniale di Gamma Capital Markets. "Inoltre, il fatto che la fase di rialzo dei tassi potrebbe già essere alla fine ha fatto da stimolo per le small cap, soprattutto perché il mercato sta già scontando la possibile inversione del ciclo nel secondo semestre 2023. Se il mercato inizia a stabilizzarsi le small cap possono essere un buon investimento anche nel breve termine, perché hanno delle valutazioni più basse e sono aziende più di crescita rispetto alle large cap" prosegue il manager. "Tuttavia, considerato che sono molto più illiquide, meglio sicuramente affidarsi ai gestori, perché vanno gestite con molta attenzione, soprattutto in fasi di alta volatilità. In Italia le small cap sono anticicliche per via della dimensione molto ridotta del mercato, penso perciò che non abbia senso confrontare il mercato italiano con quelli europeo e statunitense. C’è troppa differenza nelle valutazioni, che in Italia non scontano la crescita futura come negli USA. Inoltre, il nostro mercato è meno liquido, pertanto investire in small cap in Italia è un’attività molto simile al private placement, comprarle e venderle non è così semplice, soprattutto nei momenti di rischio".
La cosa più difficile, secondo De Luca, è capire quale percentuale del portafoglio destinare a questo segmento. "Negli ultimi anni, infatti, è capitato spesso di dover fronteggiare forti correzioni" chiosa. "Pertanto, se in generale concordo nel rilevare le caratteristiche positive di questa asset class nel lungo periodo, vorrei anche mettere in evidenza le problematiche che possono scaturire dalla poca liquidità delle small cap in caso, ad esempio, di clienti che vogliono chiudere la propria posizione, quando la percentuale di questa asset class è preponderante. Ritengo sia importantissimo diversificare in ambito small cap ancora più che sulle large cap" prosegue l'esperto, "sia che si investa tramite fondi o ETF, sia che si effettui investimento diretto. Ecco perché anche noi ci affidiamo sempre ai fondi, scegliendo gestori che operino attivamente su base quotidiana. Bisogna tenere anche una base di liquidità in ogni caso, per proteggersi in caso di drawdown".
2/5"In questo momento anche noi abbiamo una visione positiva sulle small cap, comparto che in Europa è caratterizzato da buoni balance sheet" è l'osservazione di Elisabetta Micheli, fund selector di Eurizon che sottolinea l'importanza di tenere in considerazione l’onda dell’M&A "perché spesso le small cap sono oggetto di acquisizioni, in particolare in un contesto difficile come quello che stiamo vivendo. Le small cap, inoltre, offrono la possibilità di fare stock picking anche in settori di mercato in cui le large sono meno presenti. Riteniamo che le valutazioni delle small siano interessanti e con maggiore sconto su Net Debt/Ebitda e Price/Earning rispetto alle large cap. Inoltre, solitamente, le small cap iniziano a dare buoni risultati quando i PMI raggiungono il bottom". Micheli ritiene che ci stiamo avvicinando al picco dell’inflazione e, qualora ci fosse un pivot da parte di Fed e Bce, accumulare lentamente e iniziare a costruire queste posizioni potrebbe essere vantaggioso. "Per quanto riguarda gli strumenti, concordo sul fatto che i gestori attivi siano la scelta migliore. Si può diversificare sia con gestori che hanno un tilt quality growth, perché effettivamente le small cap sono società di qualità con buone prospettive di crescita, sia con gestori che investono su aziende nelle varie fasi del ciclo di vita, dall’ early cycle alle società mature e di maggiore qualità, alle società in fase di turnaround".
Secondo l'esperta, un aspetto da considerare riguarda la capex "poiché esistono settori in cui è stato investito poco, come l’energia o i materiali. In questi settori l’offerta è cappata perché le società non hanno investito mentre la domanda continua a essere sempre più importante. Sono settori interessanti che offrono occasioni anche dal punto di vista delle small cap. Ricordiamo inoltre che ci possono essere opportunità lungo tutto il ciclo di vita di un’azienda, quindi non solo aziende quality growth ma anche un po’ più value" conclude.
3/5Secondo Massimo Maria Gionso, consigliere delegato di CFO SIM, il mondo delle small cap è interessante, ma da gestire con la massima attenzione. "Come CFO SIM abbiamo un know how molto forte, in quanto la nostra società ha una divisione di Equity Capital Market, dedicata non solo alla quotazione di queste aziende sul mercato italiano, ma anche a tutto ciò che comporta la loro 'vita' dalla quotazione in avanti. Io farei un distinguo" prosegue Gionso "tra le aziende italiane, di dimensioni contenute, e quelle che sono considerate mid e small cap in contesto europeo e americano, molto maggiori. Se in Italia consideriamo small cap aziende con market cap fino a 100 mln di euro, all’estero la capitalizzazione può ammontare anche ad alcuni miliardi. In Italia, secondo la mia esperienza, investire direttamente in small cap configura un’attività che si avvicina a quella del private equity: si analizzano le singole società e se ne accompagna la crescita insieme all’imprenditore". L'esperto ritiene che avere la capacità di investire direttamente, consente di fare scelte particolari, che sposano l’impresa e l’imprenditore nel suo percorso. "Uno degli obiettivi principali di investire direttamente in Small Cap potrebbe essere l’attività di M&A e tutto quanto ne consegue: in un questo momento storico in cui tante società, per svariati motivi, non riflettono il loro reale potenziale, ci possono essere delle buone opportunità di acquisizione e delisting, avendo sempre come obiettivo la crescita delle aziende. Il settore, in questo momento, è particolarmente interessante ma può essere anche complicato per un gestore, anche a livello europeo, a causa del mercato sottile e poco liquido. Per chi non dovesse avere un know how sufficiente per essere in grado di gestire una partecipazione diretta meglio un fondo attivo, ma ancora meglio se gestito con attività di hedging, utili per supportare le fasi di volatilità di questo segmento.
L'esperto ritiene che la selezione vada fatta soprattutto sui fondamentali, da analizzare per singola azienda. "È importante trovare società che siano tra i leader all’interno del loro settore, con posizione finanziaria sostenibile e dimensioni sufficientemente grandi per acquisire società più piccole o sufficientemente piccole per essere target di altre più grandi. Va tenuto ben presente che in ogni investimento in Small Cap l’orizzonte temporale dovrebbe essere di breve termine, e, se le caratteristiche delle società scelte rispettano i parametri indicati, non spaventarsi in caso di oscillazioni temporanee negative".
4/5"I mercati nazionali tendono ad essere di dimensioni ridotte in Europa, pertanto una società tende a internazionalizzarsi abbastanza velocemente, con crescita organica o attraverso operazioni di M&A, come detto. Inoltre, se si guarda attentamente, troviamo società che hanno diretta esposizione a nicchie di crescita strutturale che, se ben gestite, con un business model di qualità e un buon management, riescono a diventare le large cap del domani, in Italia abbiamo tantissimi esempi di aziende partite da basse capitalizzazioni e poi diventate realtà industriali molto importanti" commenta Antonio Trabocchi, gestore azionario di Wellington Management, che aggiunge "Un rischio, quando si parla di small cap, è legato al timore di sottoperformare in periodi di sell off, che porta a cercare di fare timing, rischiando di perdere l’opportunità in una classe di investimento che storicamente fa molto meglio delle large cap. Se si guarda agli ultimi vent’anni, infatti, il rendimento a tasso annuo composto delle small cap è stato di quasi il 7%, rispetto al 2,5% circa delle società a larga capitalizzazione. E se guardiamo allo Sharpe Ratio, ossia aggiustato per il rischio, i risultati sono ancora migliori. Si tratta di un’asset class su cui bisogna essere investiti costantemente" prosegue il gestore, "e questo può essere un buon momento per entrare, però bisogna essere selettivi per via del gran numero di società, che vanno analizzate attentamente anche a causa del minor supporto da parte degli analisti, che coprono le small cap in maniera molto ridotta rispetto alle large cap. Noi ci focalizziamo su società dai 500 milioni ai 3-4 miliardi di capitalizzazione, e ne troviamo tantissime valide. Guardiamo a Italia, UK e paesi nordici, dove troviamo la maggiore imprenditorialità e capacità di crescita nel lungo periodo. Il contesto europeo attuale, che dopo la crisi finanziaria vede piani importanti di sviluppo a livello fiscale, di green economy e di digitalizzazione, inoltre, è favorevole all’asset class".
Secondo Trabocchi, qualità del management e posizionamento di leadership sono fattori molto importanti. "Noi cerchiamo sempre società che si distinguono per proprietà intellettuale e know-how, con caratteristiche che le rendono uniche rispetto alla concorrenza e che determinano quel pricing power che è stato molto importante come difesa dalla crescita inflazionistica e lo sarà ancora di più nel periodo di disinflazione in cui entreremo nel 2023. Le società che non hanno questo potere di pricing, infatti, corrono il rischio di veder scendere gli utili in maniera più rapida". Secono l'esperto, l’inflazione si ridurrà ma non sparirà "potrebbe attestarsi intorno al 3-4%, ma la disinflazione resterà comunque un fattore importante. I settori che preferiamo sono quelli in cui troviamo maggiore possibilità di innovazione e forza concorrenziale: tecnologia, healthcare e segmento medicale in generale, industriali (che includono sia i beni capitali sia i servizi professionali e di business che aiutano altre società, anche più grandi, a operare meglio) e infine il consumer, area in cui e’ molto difficile creare pricing power ma che nel settore ad esempio del lusso può dare buoni risultati. Bisogna essere selettivi e cercare innovazione".
5/5