Il livello di debito globale preoccupa molti analisti. Angel Sanz, head of multi-asset solutions & asset allocation di Notz Stucki, spiega perché non abbiamo (quasi) nulla da temere.
“Sebbene la mia posizione sia considerata abbastanza contrarian all’interno della comunità finanziaria, basta un solo grafico per spiegarla completamente.” Angel Sanz, head of Multi-Asset Solutions & Asset Allocation di Notz Stucki, mostra con sicurezza quella che definisce “la migliore e più chiara spiegazione possibile” del motivo per cui non crede, a differenza di molti colleghi economisti, che il livello di debito globale rappresenti un rischio significativo per il contesto finanziario. Si tratta della tabella redatta dal Fondo Monetario Internazionale che aggrega la leva finanziaria per settore e per regione, mostrando come, ad esempio, le banche siano oggi al maggiore livello di capitalizzazione di sempre, raddoppiando quello a cui si trovavano nel 2007. Il debito al consumo risulta inoltre in diminuzione tanto nell’area Euro quanto negli Stati Uniti, che costituiscono la sola macro area dove la situazione del debito è in lieve peggioramento per quanto riguarda l’ambito corporate.
“L’unico comparto dove possiamo notare un aumento generalizzato del debito”, fa notare Sanz, “riguarda gli Stati, ma il rischio associato è sotto controllo”. “Prendendo come esempio il Giappone”, spiega l’head of Multi-Asset Solutions & Asset Allocation di Notz Stucki, “possiamo notare come il debito sia pari al 240% del PIL, ma, se andiamo a calcolare quanto di questo debito sia netto, scopriamo che la percentuale scende al 40%. Questo perché la gran parte del debito è detenuta dal governo o comunque internamente al Paese”. Un tipo di considerazione che si applica alla maggior parte degli Stati in relazione al livello di indebitamento in rapporto al prodotto interno lordo. Tra questi l’Italia, dove, sottolinea Sanz, il livello di risparmio detenuto dalle famiglie rappresenta un fattore riequilibratore sottostimato dal mercato.
“Un ulteriore elemento di stabilità”, conclude Sanz, “è dato infine dal contesto di tassi bassi che proseguirà ancora quanto meno nel breve-medio termine, rendendo poco costoso il rifinanziamento del debito sovrano, che non è bene sia così alto ma non può rappresentare da solo un rischio sistemico per la finanza globale”.