Unicredit, cosa succederà in Fineco

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Dopo il rally del primo anno di quotazione, ovvero il 2014, Fineco, banca on line di UniCredit, sale sull’ottovolante e chiude il mese con -6,42%, sei mesi con -9,39% e un anno con -4,02%. A pesare sul gruppo che è nel Ftse/Mib dal 1° aprile 2016 pesano le voci su un riassetto complessivo del portafoglio della capogruppo Unicredit (+5,66%) che controlla anche il 65,55% del capitale della banca online guidata dall'amministratore delegato e direttore generale Alessandro Foti. Nel dettaglio, si parla di un alleggerimento delle quote di Piazza Gae Aulenti in Fineco, nella controllata polacca Pekao, nella turca Yapi Kredi. Tutto nasce dalla riunione di lunedì tra soci rappresentanti il 15% del capitale (Cariverona, CrTorino, Carimonte, Caltagirone e il fondo Aabar). Dopo il lancio di Pillarstone e di Atlante e le manovre sistemiche sul mondo dei crediti deteriorati, Unicredit ora va alla ricerca di valore per gli azionisti e di strategie per il futuro che evidentemente i soci non riescono ancora a trovare.

Su Unicredit quindi c’è parecchio lavoro da fare “anche perché la banca potrebbe avere bisogno di una ricapitalizzazione tra i 4 e i 9 miliardi di euro che divide gli azionisti”, dice un analista. Infatti, si trovano da una parte Del Vecchio, Caltagirone e il fondo Aabar che potrebbero anche versare ancora nuove risorse nel gruppo, dall'altro lato le fondazioni azioniste che invece temono una diluizione delle proprie quote. Intanto Fineco va avanti. Il primo trimestre si è chiuso con utili in crescita del 7,2% a 51,2 milioni e con ricavi in miglioramento del 2,5% a 140,1 milioni di euro. Le attività finanziarie sono cresciute del 2% a 54,98 miliardi ma la raccolta netta è invece calata dell’11% a 1,43 miliardi. Il punto però è che in pancia di Fineco si trovano oltre 11 miliardi di bond Unicredit, cioè più del 60% degli attivi di bilancio, investiti nella banca capogruppo, una banca che nel 2008 ha perso il 90% della sua capitalizzazione e che ora è alla ricerca di un’identità.

Che ne sarà di Fineco?

Lo scenario più probabile è un aumento da 5,4 miliardi e insieme la vendita del 15% della banca online. Fineco, di cui Unicredit ha il 65% circa, sarebbe comunque complicato dato che porta molti margini e rinunciare a un pezzo di Fineco implicherebbe una diluzione dell’utile per azione di circa il 22%. Ma farebbe alzare al 12,5% il Cet1. Il secondo scenario è un super aumento di capitale da 9 miliardi. A quella cifra si arriverebbe con un aumento per 5 miliardi e le cessioni del 45% di Fineco e del 20% della polacca Bank Pekao, di cui il gruppo ha circa il 50%. Con queste mosse il patrimonio schizzerebbe al 13,4% ma l’utile si diluirebbe del 27%. Tutto questo, sulla carta. In realtà, sottolinea JP Morgan, le cessioni della Polonia e della Turchia (la joint venture Yapi Kredi) sono "improbabili" proprio per l’impatto sugli utili. Infine, sul dopo Ghizzoni, i nomi sono Marco Morelli, numero uno di Bofa-Merrill Lynch in Italia ma già a capo della Banca dei Territori di Intesa Sanpaolo (dato in pole position), Sergio Ermotti, a capo di UBS, Alberto Nagel (Mediobanca), Jean-Pierre Mustier (ex Unicredit) e Gaetano Micciché (Banca Imi).