UniCredit, sul caso Pioneer la scelta cade su Santander

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foto: autor Gaetano Virgallito, Flickr, creative commons

Sta per nascere un leader europeo del risparmio gestito. La prossima vendita, sorprese a parte, di un 50% di Pioneer farà entrare un grosso operatore sul mercato domestico. A comprare, pagando un po’ più di un miliardo a Unicredit per la partnership, sarà il Santander dando luogo a un colosso dall’impostazione captive. Archiviata l’ipotesi private equity, con in lizza i due fondi chiusi Cvc o Advent, UniCredit ha deciso e ha avviato i colloqui col Santander con l’obiettivo di creare una società comune nell’asset management tramite, appunto, l’aggregazione di Pioneer e di Santander Asset Management.

Ad annunciarlo, al termine del cda, è stato lo stesso CEO Federico Ghizzoni aggiungendo che la sigla dell’accordo è attesa per novembre. Non si tratta tecnicamente di un’esclusiva ma Ghizzoni ha precisato che l’istituto “non parlerà altro che con Santander”. La nuova società integrata sarà inizialmente partecipata da UniCredit e Santander con circa il 33% a testa, mentre il restante 33% sarà suddiviso tra i due fondi di private equity Warburg Pincus e General Atlantic che oggi condividono il 50% di Santander Asset Management, non posseduto dal gruppo spagnolo. I due fondi, tuttavia, sono destinati a uscire probabilmente attraverso una IPO, al termine della quale UniCredit e Santander manterranno il 33% a testa della società integrata, ha spiegato Ghizzoni. “I fondi usciranno dopo tot anni e si presume che l’uscita avvenga tramite Ipo. Rimarranno nella società quotata come soci di controllo paritetici UniCredit e Santander con il 33% a testa”, ha spiegato.

L’impatto dell’operazione sul Cet1 di UniCredit è stimabile in 20-25 punti base, ha aggiunto Ghizzoni. Santander ha così battuto la concorrenza di due fondi di private equity: Cvc Capital Partners, in tandem con il fondo sovrano di Singapore Gic, e Advent. A giocare a favore degli spagnoli la loro caratteristica di partner industriale e “il prezzo migliore” offerto rispetto agli altri due concorrenti. “Si tratta di un progetto industriale volto a creare una società globale con obiettivi ambiziosi di ulteriore crescita”, ha proseguito. “La società che nasce ha una combinazione geografica e di business invidiabile e si pone l’obiettivo di crescere nel segmento istituzionali. Il progetto, insomma, è industriale. Le due realtà sono perfettamente integrabili con potenziali sinergie importanti e sovrapposizioni occupazionali minime se non inesistenti", ha concluso Ghizzoni.

A oggi Pioneer (185 miliardi di euro di cui circa la metà in Italia) è 50% captive e 50% non captive mentre il Santander è più captive: la strategia futura è crescere nel non captive. Se l’operazione dovesse concludersi per il meglio, si arriverà a 350 miliardi di masse in gestione per una realtà che si distinguerebbe tra le prime 15 società in Europa e tra le prime 25-30 al mondo, con una rete distributiva da 21 mila sportelli. “L’impatto sul capitale è sui 20-25 bp ma è tutto da finalizzare”, ha precisato Ghizzoni. E ha aggiunto: “Sarebbero pochissime le sovrapposizioni sia in termini di presenze sia di fondi. La compagine è su base paritetica. Eravamo disposti a rinunciare al 100% di un ramo strategico come l’asset management a fronte di un progetto di larga prospettiva”. E il marchio? Troppo presto per i dettagli.

“Sul fronte occupazionale, il fit è perfetto, ci sono minimi overlapping. I progetti di Pioneer negli Usa non sono penalizzati. In Usa non c’è il Santander dove ha ‘solo’ 700 filiali. A livello di azionariato saremo azionisti di minor quota in una società più grande e non abbiamo sentore di avere problemi sul fronte autorizzativo”. Fa sapere Massimo Baggiani, head of International Equity in Symphonia SGR: “Non è il deal del secolo, dato che è piuttosto piccolo ma è una bella operazione industriale. Aggiungere un socio importante, mantenendo un controllo operativo, non può che dare vita a nuove sinergie e aumentare la base clientelare. Del resto il Santander è la seconda più grossa banca europea”. La valutazione dovrebbe aggirarsi intorno ai 2,5 miliardi di euro.