Update Amundi Funds Emerging Markets Bond: positivi sugli esportatori di materie prime e sulla Cina

Yerlan Syzdykov e Ray Jian_news
Yerlan Syzdykov e Ray Jian. Foto concessa (Amundi)

L'economia mondiale sta rallentando. Resta da capire però se le grandi potenze economiche entreranno in recessione. Secondo Ray Jian, co-manager dell'Amundi Funds Emerging Markets Bond, negli Stati Uniti si sta assistendo a una contrazione della crescita ma di modesta portata. In Europa, invece, la situazione è più complessa a causa della crisi energetica. In forte contrasto con i Paesi sviluppati si muovono quelli emergenti.

Nel reddito fisso, i fondi di debito degli emergenti hanno subito deflussi, come il resto della categoria che, secondo l'esperto, risente maggiormente ai timori di aumenti dei tassi della Fed, di una guerra inaspettata in Ucraina e di una nuova ondata di lockdown in Cina. "Si è trattato quasi di una tempesta perfetta", spiega il co-gestore di questo fondo con Rating FundsPeople 2022.

Ora le cose stanno cambiando. Se nei Paesi sviluppati gli elementi negativi stanno diventando sempre di più, in quelli emergenti le grandi nubi si stanno in qualche modo dissipando.

La Cina esce dall'incertezza

Un altro esempio perfetto di questo cambiamento di tendenza è la Cina. Sia le azioni che il reddito fisso del Paese asiatico sono stati messi sotto pressione a causa di una serie di fattori negativi. Ora, tuttavia, questi venti contrari si stanno invertendo, come giustamente sottolinea Jian. Il Paese sta uscendo da un nuovo ciclo di lockdown a causa del COVID-19, elemento che ha un impatto sull'economia domestica. “Gli ultimi dati PMI provenienti dalla Cina mostrano già un forte rimbalzo dell'attività. Le vendite di auto e case sono in forte aumento”, sottolinea il manager.

Sia la politica fiscale che quella monetaria del Paese si stanno muovendo verso una posizione accomodante. L'economia del Dragone, infatti, ha recentemente annunciato un nuovo round di stimolo del valore di 12 miliardi di dollari.

Una questione di materie prime

Un secondo trend importante evidenziato da Jian è quello relativo ai prezzi delle materie prime. Proprio nei giorni in cui FundsPeople ha incontrato il manager, il greggio ha vissuto una forte correzione, ma secondo l'esperto rimane il nodo dei prezzi più alti. “Il livello del petrolio sta scendendo, ma deve essere chiaro che lo sta facendo partendo da livelli molto alti. La realtà è che i problemi di approvvigionamento sono strutturali”, commenta.

Come sottolinea il professionista, ci si lascia alle spalle anni di mancati investimenti in infrastrutture energetiche. "Anche se oggi venissero approvati progetti per rimediare a questa mancanza di investimenti, ci vorrebbero almeno tre anni (in media cinque) per vedere un aumento della produzione”, riconosce il manager. Per questo, sostiene, i prezzi delle materie prime rimarranno elevati nel medio termine.

Quindi, questi venti favorevoli, da una parte la ripresa in Cina e dall'altra i prezzi elevati delle materie prime, rappresentano i due temi principali che si riflettono nel posizionamento dell'Amundi Funds Emerging Markets Bond. Nel portafoglio è stato gradualmente aumentato il rischio a fronte di valutazioni al momento più convenienti, riconosce Jian. Il team vede del valore nell'alto rendimento, ma in particolare in quelle regioni che stimano avere una bilancia commerciale positiva. Pertanto, sono sovrappesati nel debito di Sud Africa, Messico, Arabia Saudita e Mongolia. Al contrario, sono sottopesate le emissioni di Turchia e Kenya.

A livello settoriale, gli esperti della strategia puntano su società impegnate nella produzione ed esportazione di materie prime. Il gestore, infatti, vede positivamente il debito delle aziende, che, più dei governi, sono riuscite a ridurre la leva finanziaria. Pertanto, il team di questa strategia è sovrappesata nelle società con rating B e sottopesata nelle obbligazioni sovrane con rating B.

Il grande rischio: una recessione degli Stati Uniti

Questo atteggiamento ottimista dell'esperto lascia però trapelare anche della cautela. Per il gestore, il grande rischio attuale è rappresentato da una recessione negli Stati Uniti, poiché scatenerebbe una correzione su larga scala degli asset rischiosi, come il debito dei mercati emergenti.

Al contrario, la forza del dollaro non è un elemento che preoccupa particolarmente il gestore in questo momento. Almeno non come rischio strutturale per l'intera asset class. “È uno scenario diverso rispetto al 2013”, afferma. Quell'anno nacque il concetto dei Fragile Five per descrivere il problema dei deficit delle partite correnti che lasciavano Brasile, India, Indonesia, Sud Africa e Turchia in una posizione molto delicata. Ora invece, conclude Jian, la vulnerabilità del dollaro deriva dall'aumento del costo del finanziamento del debito.