Italiani, popolo di risparmiatori. Non che sia un fatto nuovo, anzi. Eppure lo stato d’incertezza dovuta all’emergenza Coronavirus ha spinto le famiglie a risparmiare sempre più. La massa di liquidità nei conti correnti cresce giorno dopo giorno e le prospettive non sembrano, almeno per ora, voler cambiare direzione. A confermarlo arriva un nuovo report: l’Osservatorio semestrale di Anima SGR, in collaborazione con la società di ricerche di mercato Eumetra Mr. L’indagine è stata realizzata nel corso del mese di ottobre (quindi prima che la seconda ondata della pandemia raggiungesse l’apice del mese di novembre) e vuole analizzare i comportamenti finanziari delle famiglie italiane in funzione dei loro progetti. La rilevazione, in particolare, è stata condotta su un campione di 1.097 adulti “bancarizzati” (cioè titolari di un conto corrente bancario o libretto bancario/postale), con accesso al web, rappresentativo di circa 35 milioni di persone (di cui 52% uomini e 48% donne). All’interno di questo bacino il 50%, oltre ad essere “bancarizzato”, è anche investitore.
Sentiment nero
Il quadro che ne vien fuori è che il sentiment del Paese sulla situazione economica e solidità finanziaria dell’Italia è chiaramente peggiorato, rispetto ad un anno fa. Ma se ci si proietta nel futuro prossimo, tra un anno, il contesto si fa un po’ meno fosco: scendono al 54% i bancarizzati e al 49% gli investitori che si aspettano un peggioramento della situazione. Qualche segnale di minore pessimismo emerge analizzando la propria situazione personale, dal momento che il fronte dei pessimisti si riduce al 31% dei bancarizzati e al 25% degli investitori.
L’Italia a due velocità
Frattanto, guardando i dati, l’Italia è divisa in due: da una parte c’è chi, pur riducendo le spese, fa fatica ad arrivare a fine mese e non riesce più a risparmiare (il 32% dei bancarizzati e il 28% degli investitori); dall’altra invece c’è chi ha un reddito sicuro e un patrimonio alle spalle che non ha cambiato nulla nelle sue abitudini di spesa e consumi (22% dei bancarizzati e il 19% degli investitori). Tuttavia, circa la metà delle famiglie del campione, avendo ridotto le spese come strategia difensiva, ha così aumentato i risparmi: il 30% dei bancarizzati e il 35% degli investitori risparmierà “qualcosa di più” e il 14% dei bancarizzati e il 16% degli investitori risparmierà “decisamente di più”. Esiste però anche una fetta non marginale di famiglie economicamente fragili: il 18% dei bancarizzati non sarebbe in grado di sostenere (senza aiuti) una spesa imprevista di 1.500 euro; il 47% non avrebbe difficoltà e i restanti riuscirebbero ma con difficoltà. Se la spesa imprevista fosse di 5.000 euro, il 39% avrebbe bisogno di aiuti.
Addio Btp, meglio la liquidità
L’indagine mostra anche una certa resilienza della propensione ad investire: il 63% dei bancarizzati e il 72% degli investitori ha dichiarato che, se oggi avesse dei soldi, sarebbe disponibile ad investire e, rispettivamente, il 62% e l’81% punterebbe su prodotti finanziari. Interessante, infine, le risposte al seguente quesito: “Fino ad un anno fa l’investimento in titoli di stato (BTP) offriva una cedola (rendimento) dell’1,5% circa all’anno. Considerato che oggi lo stesso investimento non rende praticamente nulla, lei cosa farebbe in alternativa per ricercare rendimento?” Il 55% dei bancarizzati ha risposto che non valendo la pena lascerà tutto sul conto; percentuale che sale al 67% dei risparmiatori più “razionali” e al 63% per quelli più “idealisti”.
Pac, Pir o fondo pensione aperto: questi sconosciuti
L’Osservatorio di Anima si sofferma anche sulle singole soluzioni d’investimento. Per quanto riguarda le tipologie di strumenti e servizi in cui investire, alla luce del momento di incertezza, si registra un balzo delle preferenze per le polizze/assicurazioni sulla vita e un interesse crescente verso i Piani di accumulo del capitale. Ma a far difetto sembra essere la conoscenza stessa di queste soluzioni. Solo il 19% dei bancarizzati e il 33% degli investitori ha accesso ad un Pac. Stesso discorso per quanto riguarda i Pir e le forme di previdenza integrativa: solo il 5% dei bancarizzati e il 10% degli investitori ha sentito parlare dei primi e li ha sottoscritti; soltanto il 12% dei bancarizzati e il 19% degli investitori conosce e ha sottoscritto un fondo pensione aperto, contro, rispettivamente, il 69% e il 50% che non ha sottoscritto nessuna forma di previdenza complementare.