A fine 2015 la raccolta amministrata scende al 33,4%, quella gestita sale al 38,1% e i prodotti assicurativi raggiungono il valore massimo del 12,1%.
I macrotrend del mercato finanziario e l’evoluzione normativa stanno andando nella stessa direzione. E accompagnano l’industria del private banking a un abbassamento del rischio legato a un’eccessiva rotazione degli investimenti. In altre parole, il core business si sposta sempre di più dall’attività di negoziazione e collocamento all’attività di gestione e consulenza. È quanto emerge da un’indagine sul settore dell’AIPB, l’associazione italiana del private banking. A fine 2015 si scatta una fotografia che vede una redistribuzione della raccolta in questi termini: quella amministrata scesa al 33,4%, quella gestita salita al 38,1% e i prodotti assicurativi raggiungere il valore massimo del 12,1%.
In particolare, se si entra nel dettaglio e si analizza l’andamento dell’asset mix del private banking in Italia, secondo le rilevazioni svolte trimestralmente dall’Ufficio studi AIPB con la collaborazione di tutti gli istituti private aderenti all’associazione, le gestioni patrimoniali (nella maggior parte dei casi prodotte da terzi) corrispondono a 103.096 milioni e i fondi comuni di investimento 97.434 milioni, tra i quali il 38,4% è rappresentato ancora da fondi obbligazioni pur essendo in decrescita costante da tre trimestri consecutivi. Dalla riallocazione della composizione dell’asset mix di settore deriva anche un andamento positivo del margine da servizi del settore private che vede il 60,5% dei ricavi derivare dalla raccolta gestita mentre solo il 12,9% dipende dalla raccolta amministrata e il 3,1% può essere classificato come fee di consulenza a pagamento. Ma il dettaglio interessante, nell’analisi del margine da servizi da raccolta gestita, è che si tratta di ricavi di natura ricorrente per il 82% del loro valore totale.
Fanno sapere dall’Ufficio Studi: “l’introduzione di MiFID 2 porterà al settore ulteriori stimoli al cambiamento, richiedendo un maggior grado di formalizzazione dei processi di selezione dei prodotti finanziari che compongono la gamma di offerta, delle strategie commerciali specifiche per la clientela private e di monitoraggio degli investimenti effettuati lungo tutto l’arco temporale della loro durata. L’enfasi normativa a favore della componente di servizio, sta infatti accentuando il successo dei prodotti ad alto contenuto di servizio con riferimento alle nuove tipologie di fondi, alle gestioni patrimoniali e ai prodotti assicurativi anche se i provvedimenti Consob sui prodotti complessi hanno acceso un faro sulle precauzioni che è utile prendere nel consigliarli alla clientela”.
I portafogli private risultano ampiamente diversificati e in uno scenario di trasparenza dei costi al cliente e di contrazione dei tassi di interesse sarà strategico per i distributori motivare concretamente il ruolo giocato da ogni singolo prodotto nell’asset allocation di portafoglio. “La clientela private, infatti, pur non mostrando una particolare propensione al rischio ha, rispetto alla clientela retail, indubbiamente una maggiore capacità di investimento a lungo termine e una costante esigenza di ottimizzazione fiscale. Queste le leve principali alla base dell’utilizzo di prodotti ad alto contenuto di servizio che sempre più spesso vengono sviluppati in regime di outsourcing stringendo accordi con case prodotto partner selezionate e non necessariamente captive”.