Al via la quotazione dei fondi

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foto: autor Air Force One, Flickr, creative commons

I fondi comuni di investimento saranno presto negoziabili in Borsa come un qualunque titolo azionario o un etf, attraverso un listino telematico e i risparmiatori potranno comprarli direttamente sul mercato. Quali conseguenze per il settore dell’asset management? Il settore porterà a una disintermediazione del mercato, a tutto svantaggio per le reti? In molti guardano positivamente alla questione perché porta con sé competizione e movimento sul mercato. E guardano quindi con favore alle modifiche al Regolamento dei Mercati, in vigore dal 1° dicembre 2014, che consentiranno agli emittenti che ne faranno richiesta di ammettere a negoziazione giornaliera gli OICR (fondi comuni e Sicav) conformi alla Direttiva comunitaria 2009/65/UE (c.d. Ucits).

Per l’avvocato Roberto Lenzi dello studio legale Lenzi & Associati, questa è una “parziale rivoluzione copernicana, in quanto non pare irragionevole prevedere che soltanto una parte delle SGR aderirà a questa nuova piattaforma ad architettura aperta dato che aderire o meno è un’opzione (non ancora un obbligo). La discriminante? In primis, il modello distributivo chiuso adottato da talune SGR - di matrice prevalentemente bancaria - spesso finalizzato ad indirizzare i clienti verso i prodotti 'di casa' (più remunerativi per i distributori), diminuendo il grado di concorrenza tra le società di gestione; o, anche, da altre grandi SGR (il più delle volte estere) più interessate a un collocamento di natura quantitativa e supportato, ovviamente, da laute commissioni di retrocessione per fare breccia nei portafogli dei risparmiatori italiani.

Senza, peraltro, considerare il meccanismo incentivante (per i distributori) del cosiddetto tunnel (o pre-conto) che si basa su un sistema di remunerazione commissionale diretto a pagare in anticipo (al distributore) una commissione di vendita posta a carico del sottoscrittore (spesso ignaro di questo sistema)”. In qualsiasi sistema competitivo la parità si gioca sul rapporto prezzo-qualità: una tipologia di confronto spesso sconosciuto nell’universo fondi comuni (pur con tutti i distinguo del caso). Ora, perché mai queste SGR dovrebbero temere  la negoziazione dei loro prodotti in borsa, se il segreto del loro successo, come frequentemente e anche con una certa enfasi, viene ricondotto alla qualità degli stessi? La negoziazione potrebbe anche fungere da cartina di tornasole per consentire a tanti (o, meglio sarebbe dire, ai pochi) gestori di qualità di potere emergere. Quante volte il risparmiatore acquista il prodotto che gli viene offerto dal suo distributore senza preoccuparsi di andarlo a cercare altrove? E non parliamo necessariamente di investitori a cultura zero nel mondo del risparmio gestito; bensì soprattutto di quelli che acquistano anche azioni ed altri strumenti finanziari quotati.

Continua l’avvocato: “magari questi soggetti guardano prevalentemente al rendimento passato (per carità, elemento importante) senza magari preoccuparsi dei rischi e dei costi sostenuto per conseguirlo, E spesso, assistiamo che chi si fa pagare di più, non sempre riesce a fornire rendimenti superiori a quelli dei concorrenti. La variabile prezzo è dunque altro elemento altrettanto importante. D’altra parte, la novità in questione (la quotazione in Borsa degli OICR) non potrà che consentire al settore, nel suo complesso, di ottenere maggiore efficienza (snellimento delle procedure di sottoscrizione; più facilità di accesso con eliminazione delle barriere all’ingresso rappresentate dagli accordi di distribuzione e dai vincoli operativi connessi; offerta dell’intermediario necessariamente re-orientata a offrire tutti i prodotti e non solo alcuni), competizione (otterrebbero più spazio sicav di nicchia che oggi retrocedono minori commissioni alle reti), economicità (immissione sulla piattaforma di classi di fondi e sicav a minor costo gestionale) e trasparenza (sulla ripartizione dei costi, prioritariamente: da una parte quelli di gestione, dall’altra quelli di consulenza. Con buona pace di tutti coloro che fino ad oggi hanno campato soprattutto sulle commissioni di sottoscrizione, importanti per il distributore, meno per il risparmiatore)”.

Né pare potersi sostenere che l’acquisto diretto dei fondi (qui inteso, non nel senso di incentivare il fai da te, ma supportato da una seria attività di consulenza) sia cosa diversa da altro asset (ad esempio, un’azione o un prodotto strutturato o complesso). E perché mai? Un’azione o altro prodotto complesso non richiede conoscenze? Una rivoluzione a metà, dunque, “destinata a mettere in soffitta (facile immaginare, comunque,  le difficoltà e resistenze che opporrà la principale lobby del risparmio gestito e quali stratagemmi escogiterà) l’attuale sistema di distribuzione (e remunerazione) assai costoso e non più adeguato alle finalità (spesso enfatizzate dagli stessi soggetti al mantenimento dello status quo) di rendere gli investitori/risparmiatori sempre più consapevoli e partecipi della amministrazione e/o gestione dei propri risparmi.

Se veramente, al di là degli annunci (spesso di facciata), si vuole mettere l’investitore e (la sua tutela) al centro dell’offerta dei servizi finanziari, questa è perlomeno un’occasione. Purtroppo, la facoltà concessa alle SGR di aderire o meno creerà moltissima confusione e il risparmiatore sarà sempre in balia del suo intermediario, nel senso che farà presumibilmente quello che gli verrà suggerito (ovviamente, a seconda degli interessi propri dell’intermediario stesso). Meglio sarebbe stato partire subito in maniera ottimale: obbligare tutti a negoziare le sicav in Borsa. In tal modo, tutti avrebbero l’accesso a tutto. Una volta di più, provvedimenti dalle bellissime finalità ma destinati, forse, a non risultare del tutto efficaci”, conclude Lenzi.