Amundi: ETF ESG obbligazionari, sempre più richiesti per rinnovare i portafogli

Climate change notizia
Markus Spiske, immagine concessa (Unsplash)

Continua il trend positivo dei prodotti ESG, con un aumento costante degli investitori desiderosi di abbinare rendimenti finanziari e il rispetto dei criteri di sostenibilità ambientale, sociale e di governance. Un fenomeno ormai consolidato e ulteriormente accelerato dalla crisi del COVID-19, che è possibile riscontrare in modo traversale in tutte le asset class. Sul fronte degli ETF è degno di nota il recente successo degli ETF obbligazionari, che a partire da una quota di mercato inferiore rispetto ai più diffusi veicoli sull’equity stanno guadagnando via via sempre maggiore fiducia nella clientela. E tra questi vi è da annotare un interesse in crescita per le soluzioni pensate per il fixed income che incorporano criteri ESG. Basta citare alcuni dati: dal 2020 ad agosto 2021 i flussi sul mercato europeo verso gli ETF ESG sul fixed income hanno raggiunto quota 22,2 miliardi di euro. Una cifra considerevole rispetto a flussi per 520 milioni nel 2018. Anche gli AUM di questo tipo di prodotti sono esplosi con una crescita di 8 volte dai 3,9 miliardi del 2018 ai 32,1 miliardi di quest’anno. E tutto ciò si è riflesso anche sull’innovazione di prodotto e i nuovi lanci, con la percentuale dei fondi passivi obbligazionari che tengono conto dei criteri ESG che è salita dal 4% del 2018 al 19% del 2021 sul totale dei passivi obbligazionari.

STRESS TEST DEL COVID 

Tra i motivi di questo apprezzamento vi è sicuramente il fatto che i passivi hanno superato con successo il duro banco di prova della crisi del COVID. E non tutti davano per scontato che ne sarebbero usciti vincenti. “Gli ETF obbligazionari sono sempre stati una piccola parte dei portafogli degli investitori, ma quest’anno le cose sono cambiate”, afferma Ilaria Pisani, head of ETF, Indexing & Smart Beta Asset Management & Institutional Clients di Amundi SGR a margine di un webinar che la casa di gestione ha voluto dedicare a questa tipologia di strumenti passivi. “Il marzo 2020 è stato uno stress test unico per la liquidità degli ETF. In quella fase di turbolenza epocale, anche i gestori e i clienti più scettici hanno avuto la conferma delle capacità degli ETF di mantenersi liquidi. Questo è accaduto anche per la parte bond, che sono tradizionalmente meno liquidi delle azioni”, ha spiegato l’esperta. “In un contesto così complesso, gli addetti del settore hanno potuto constatare che gli ETF sono stati anche utili come strumenti di price discovery dei sottostanti, come riconosciuto anche da diverse autorità nazionali, come la Bank of England, e sovranazionali come IOSCO. E non bisogna scordare che la FED nei programmi di acquisto per evitare la crisi, è stata molto attiva sul mercato ETF, disponendo prima gli acquisti di ETF sul reddito fisso e spostandosi poi sugli acquisti di single bond una volta che il mercato si è stabilizzato. Un fatto che sottolinea la fiducia della FED su questi strumenti”, ha aggiunto.

L’OFFERTA DI AMUNDI

Nel dibattito la palla è poi passata a Olivier Genin, deputy-head of Investment Specialist ETF, Indexing & Smart Beta, che lavora in Amundi dal 2015 e vanta un solido background per gli investimenti nel reddito fisso. A lui è spettato il compito di presentare gli ultimi sviluppi dell’offerta del gestore per le soluzioni passive ESG e Climate sull’obbligazionario, in un contesto in cui la domanda crescente degli investitori va di pari passo con l’introduzione di normative in grado di regolare e dare nuova linfa al mercato, come è accaduto con il recente vaglio del regolamento europeo SFDR. “La domanda di soluzioni ESG si sta evolvendo in continuazione e l'accelerazione osservata negli ETF Fixed Income, sia ESG che Climate, è una diretta conseguenza del circolo virtuoso in cui offerta, domanda e regolamentazione sono allineate”, ha spiegato Genin. Il range degli degli ETF ESG sul fixed income di Amundi si divide in due gruppi: quello delle soluzioni propriamente ESG basate su un approccio best in class abbinato a un severo screening negativo che sono classificate sotto l’Articolo 8 della normativa SFDR. E il gruppo Climate che include una soluzione allineata agli Accordi di Parigi, l’Amundi iCPR Euro Corp Climate Paris Aligned PAB Ucits ETF DR, un veicolo che investe in una rapida transizione a un’economia a basse emissioni di carbonio tramite l’esclusione di attività ad elevata intensità GHG. Quest’ultimo prodotto rientra sotto l’Artcolo 9 della SFDR. 

“Gli accordi di Parigi che puntano a limitare il riscaldamento globale al di sotto dei 2°C con degli sforzi per limitarlo a 1,5°C, hanno delimitato il terreno di gioco per gli investitori, con un focus che si sofferma su tre aree: la mitigazione, l’adattamento al climate change e la contribuzione alla transizione”, ha detto Olivier Genin. Un impegno nella lotta a questa sfida epocale per il Pianeta che è centrale per Amundi. Il sopracitato ETF sul fixed income, allineato agli accordi di Parigi, ha infatti come benchmark il Solactive iCPR Climate Credit PAB, che adotta un approccio accelerato, con una selezione rigorosa delle attività legate ai gas serra. “Abbiamo scelto di allineare l’indice al più restrittivo PAB. Il risultato è che possiamo disporre di una soluzione con un profilo ESG alto, ma che al contempo mantiene caratteristiche simili a quelle di uno strumento che investe su un indice Euro corporate IG più ampio”, ha dichiarato. “Inoltre, questa soluzione è in grado di fornire un contributo robusto per allineare i portafogli degli investitori agli obiettivi di decarbonizzazione”, ha concluso.