Argentina, la saga del debito continua

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Flickr, Creative commons, Quim Pagans

La saga del debito argentino, lunga un decennio, deve ancora trovare una soluzione. La strada della negoziazione con i creditori holdout (quelli che non hanno accettato di subire la decurtazione dei propri investimenti dopo il primo crollo, ndr) sembra essere l’unica percorribile per evitare un default, dopo che la Corte Suprema degli Usa non ha accettato di concedere un’udienza d’appello.

L’Argentina ha già mancato un pagamento in scadenza il 30 giugno: le lancette scorrono veloci e il periodo di grazia di 30 giorni rappresenta l’ultima possibilità per il Governo. “I mercati sono ottimisti sulla conclusione della negoziazione, nonostante una legge argentina stabilisca che ai creditori holdout non possa essere fatta un’offerta migliore rispetto ai termini del primo accordo di ristrutturazione del debito. Tuttavia, sembrano esserci alcune scappatoie per Governo. Inoltre, i deputati dell’opposizione sono per la maggior parte a favore di un accordo, che possa permettere al Paese di riguadagnare l’accesso ai mercati internazionali”, spiega a Funds People James Barrineau, Co Head of Emerging Markets Debt Relative Return di Schroders.

E continua: “A nostro parere, i mercati stanno arrivando a conclusioni un pò affrettate, come quando hanno dato per scontato che la Corte Suprema non si sarebbe espressa completamente contro il Governo, forse per le più ampie conseguenze che ci sarebbero state in future ristrutturazioni di debiti sovrani. L’amministrazione Kirchner non sembra però avere una strategia di negoziazione coerente, nonostante fosse noto da tempo che lo scenario attuale potesse realizzarsi e il Governo avesse quindi mesi e mesi per prepararsi ad affrontarlo. I creditori holdout, ben sapendo che per Buenos Aires l’accesso ai mercati internazionali è prioritario, hanno tutti i motivi per lasciar scorrere il tempo, in modo da aumentare la pressione sul Governo. Perciò, secondo noi, ci sono ancora molte possibilità che la saga del debito continui.

Quand’anche dovesse essere raggiunto un accordo, probabilmente questo farà grande affidamento su un pagamento sotto forma di ulteriori obbligazioni. Gli investitori sembrano dare poca, se non nessuna, importanza alle analisi sull’impatto di tale nuovo debito sui fondamentali del bilancio argentino. A ciò si aggiunge poi l’ulteriore offerta di debito dalle provincie e da altri emittenti del Paese che, una volta riguadagnato l’accesso ai mercati internazionali, si affretterebbero a trarne vantaggio”. Attualmente, l’Argentina è in recessione, con tassi d’inflazione che superano il 20%. Un deficit energetico ormai cronico, accompagnato dagli sforzi per sostenere la crescita, farà si che i deficit gemelli, dei conti pubblici e della bilancia commerciale, continueranno a persistere. Sebbene le riserve internazionali di valuta siano risalite rispetto ai minimi, passando da 27 a 29 miliardi di dollari, quasi tutti gli operatori di mercato si aspettano un nuovo calo, a causa dei futuri pagamenti sulle obbligazioni in scadenza e alla fine degli afflussi di dollari legati al ciclo di raccolta della soia nel secondo semestre dell’anno.

Con tutti questi fattori in campo, qualsiasi euforia per un accordo con i creditori holdout nei prossimi mesi potrebbe rivelarsi un fenomeno con vita breve e, comunque, già prezzato dai mercati. “Gli ultimi anni sono stati caratterizzati da un deterioramento della situazione economica riflesso in tassi di crescita più contenuti e un’inflazione in aumento”, spiega Francesco Citta, ufficio studi di Copernico sim. “Lo scorso 16 giugno è arrivata la sentenza della Corte Suprema Usa che ha ritenuto lecite le posizioni dei creditori che non avevano aderito alle passate ristrutturazioni e quindi il pagamento degli interessi sul debito esistente è stato subordinato al pagamento dello stock del debito ancora conteso.

Le ripercussioni di una simile sentenza potrebbero essere drammatiche soprattutto se si pensa alla così detta clausola Rufo (Rights Upon Future Offerings) che riconosce il diritto, a chi ha aderito alla ristrutturazione del debito, di beneficiare di eventuali condizioni migliorative concesse dal governo ai creditori che non hanno accettato alcun accordo con lo stato argentino. Le agenzie di rating hanno messo sotto osservazione il merito di credito dell’Argentina in quanto l’eventuale mancato accordo coi creditori imporrebbe un esborso potenziale non sostenibile per le deboli finanze pubbliche. Nonostante l'attuale scetticismo un accordo coi vecchi e nuovi creditori sembra la strada obbligata per scongiurare un ulteriore default. Tale soluzione potrebbe trovare anche un diffuso consenso a livello internazionale in quanto verrebbe meno una possibile fonte di tensioni finanziarie che potrebbe destabilizzare i mercati. Sullo sfondo rimangono le riforme economiche che diventano sempre più urgenti per evitare che la debolezza economica possa sfociare in tensioni sociali”.