Azioni UK e Giappone ora presentano valutazioni interessanti

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Aberdeen AM, attraverso le parole di Laura Nateri, country head Italy, fa sapere che in attesa di un rialzo dei tassi da parte della Fed, sta eliminando il sovrappeso sull’azionario Europa, tornando a una posizione neutrale. Ecco perché.

Siamo di fronte a un evento congiunturale abbastanza raro: la crescita dell’economia dell'Eurozona che supera quelle di USa e Regno Unito. Ma questi numeri, comunque timidi, giustificano tutte le oscillazioni dei mercati obbligazionari?

È vero. Infatti secondo le prime stime del I trimestre 2015, il PIL dell’Eurozona è salito dello 0,4%, contro lo 0,1% degli USA e lo 0,3% del Regno Unito. Dato che sembra confermare l’idea della BCE secondo cui il rischio di una grave deflazione si stia attenuando a fronte del rafforzamento dei mercati del lavoro, della ripresa della domanda dei consumatori e del miglioramento dei flussi di credito a tutto vantaggio dell'attività di investimento. Tuttavia, i numeri non giustificano interamente tutte le oscillazioni dei mercati obbligazionari. Per quanto la regione stia migliorando in termini di crescita, il ritmo di espansione non è certo da capogiro: da inizio anno, l’Eurozona è cresciuta soltanto dell’1%, contro il 2,4% del Regno Unito e il 3% degli USA. Inoltre, la sovraperformance del PIL dell'Eurozona nel I trimestre è stata favorita dalle conseguenze negative delle difficili condizioni climatiche sull’economia statunitense. Permane una notevole capacità inutilizzata visto il tasso di disoccupazione superiore all’11% e prevediamo che l’inflazione non raggiungerà per diversi anni l’obiettivo della BCE di un tasso inferiore ma vicino al 2%: persino le proiezioni 2018 dell’indice primario dei prezzi al consumo dell’Eurozona sono ferme all’1,6%. Quindi, sebbene si siano allentati i timori per la deflazione, ciò non significa che siamo ormai davanti a un mondo caratterizzato da rischi di reflazione. Permangono diversi fattori in gioco, tra cui una serie di fattori tecnici quali il posizionamento degli investitori o le pressioni normative, che potrebbero continuare ad amplificare o a smorzare gli effetti delle politiche o dei dati. 

I deboli dati che arrivano da Oltreoceano vi preoccupano?

Le voci di un tracollo dell’economia USA si sono rivelate ampiamente esagerate. Nonostante una serie di dati macroeconomici deboli, i fondamentali favorevoli frutto della minore pressione fiscale, del calo dei prezzi del petrolio e della maggiore disponibilità creditizia indicano che, dopo un primo trimestre deludente, l’economia nei prossimi mesi si rafforzerà. Tuttavia, ciò avverrà presumibilmente troppo tardi per determinare un aumento dei tassi già a giugno. L’ipotesi più probabile, infatti, appare ormai un rialzo a settembre e l’inasprimento potrebbe essere rinviato con tutta probabilità a dicembre. Tuttavia, le prospettive di ripresa per gli USA restano buone. Effettivamente, con il rafforzamento del dollaro, quest’anno gli scambi netti costituiranno un freno alla crescita, ma con il ritorno delle normali condizioni meteo stagionali è possibile che avvenga un forte rimbalzo dell’attività interna non appena le precedenti difficoltà verranno superate. La positività degli indicatori anticipatori e il contesto interno favorevole suggeriscono una buona crescita degli investimenti aziendali e anche l’attività del mercato residenziale mostra segnali di miglioramento. Da ultimo, l’aggiustamento del settore estrattivo è quasi completo, mentre esiste ancora un margine di crescita per i consumi reali. Dopo tutto, il calo dei prezzi dell’energia aumenta il potere d’acquisto delle famiglie, cosa che a nostro giudizio si rivelerà in definitiva molto utile per l’economia USA. 

In questo contesto, quali sono le aree che ritenete promettenti?
 
La nostra strategia è rimanere leggermente sovrappesati sull’azionario e sottopesati sui governativi. Sui mercati azionari, comunque, le azioni europee ex-UK hanno sovraperformato significativamente nel primo trimestre del 2015 e sebbene sia le condizioni macroeconomiche, sia l’accelerazione degli utili restino degli elementi di supporto, le valutazioni dell’azionario europeo e il sentiment sembrano ora sotto pressione. Di conseguenza, stiamo eliminando il sovrappeso sull’azionario Europa, tornando ad una posizione neutrale e re-investendo in azioni UK dove siamo attualmente sottopesati e dove, a nostro avviso, si può trovare un maggior valore. All’interno dei mercati sviluppati, il Giappone rimane favorito dalle valutazioni interessanti, dalla crescita degli utili delle aziende e dalle dinamiche delle riforme microeconomiche. Sui mercati emergenti, ci sono vincitori e vinti a seconda dell’impatto della riduzione dei prezzi energetici sulle singole economie, che va però letto insieme all’intensificarsi degli interventi delle autorità monetarie. Nel reddito fisso, privilegiamo gli high yield e preferiamo l’Europa agli Stati Uniti, considerando la fase meno matura della ripresa economica e la minor esposizione del mercato europeo al settore energetico.