Bankitalia: allerta sui certificates presenti nei portafogli degli italiani

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Enrico Frascati, Pexels

I certificates (e non solo) si confermano al centro dell’attenzione di Banca d’Italia per il loro “potenziale di rischio” nei portafogli dei risparmiatori retail. Il monitoraggio periodico sui rischi in capo agli strumenti basato su dati al 31 dicembre 2021, vede tra gli strumenti “maggiormente all’attenzione della Banca d’Italia ai fini del potere di intervento” le cartolarizzazioni, le autocartolarizzazioni, le obbligazioni subordinate additional tier 1 (AT1, note anche come contingent convertibles o CoCos) e, appunto, i certificates.

Diverse condizioni di rischio

Le motivazioni dello stato di allerta di Palazzo Koch sono però legate a differenti campi: nel caso di cartolarizzazioni, autocartolarizzazioni, e obbligazioni subordinate additional tier 1 per la crescita dei volumi negli anni scorsi, mentre i certificates per le ampie variazioni di prezzo a cui sono soggetti i relativi titoli. Il monitoraggio indica, infatti come i valori delle prime due tipologie di strumenti siano aumentati fino al 2020 in seguito, rispettivamente, alla cessione di crediti deteriorati da parte delle banche e all’utilizzo di titoli derivanti da operazioni di cartolarizzazione nelle operazioni di rifinanziamento presso l’Eurosistema. In entrambi i casi, i valori si collocano tuttavia “su livelli inferiori ai massimi raggiunti in passato e non hanno registrato particolari aumenti nel corso del 2021”. Anche i volumi delle obbligazioni AT1 non appaiono elevati in termini assoluti per cui “i rischi per la stabilità finanziaria che derivano da queste tre categorie di strumenti si possono quindi considerare contenuti”.

Faro sui certificates

Anche il valore dei certificates in Italia è rimasto “pressoché stabile” da metà 2020, poco sopra 40 miliardi. Tuttavia, “escludendo quelli con capitale totalmente o parzialmente protetto, circa la metà si possono considerare potenzialmente molto rischiosi per i detentori”, scrive Bankitalia che afferma di seguire gli sviluppi in questo mercato, “in quanto eventuali perdite potrebbero ripercuotersi sulle condizioni finanziarie delle famiglie, il settore che detiene la maggior parte di questi strumenti, e dar luogo a possibili crisi di fiducia nei confronti degli intermediari finanziari che emettono o collocano i titoli”.

Si ricorda inoltre, scrive ancora Bankitalia, che i detentori di obbligazioni subordinate AT1 o di certificates, oltre al rischio di mercato, sono esposti al rischio di un’eventuale insolvenza dell’emittente.

Lo scenario 2021 sui titoli complessi

Secondo l’analisi, alla fine dello scorso anno l’ammontare di titoli di debito in circolazione era pari a 2.380 miliardi, di cui “il 16% era rappresentato da strumenti che possono essere considerati complessi”. I titoli più comuni sono cartolarizzazioni e autocartolarizzazioni (entrambe pari al 27% del totale dei titoli complessi), le obbligazioni subordinate (23%) e i certificates (11%).

Fonte: Banca d'Italia.

Il valore totale dei titoli complessi è rimasto pressoché stabile negli ultimi cinque anni, ma si è osservata una contrazione delle obbligazioni strutturate, in parte compensata da una crescita dei certificates.

Non ci sono variazioni significative in merito alle quote di mercato per settore detentore: le banche italiane detengono circa un terzo del valore totale dei titoli complessi in circolazione, mentre i titoli complessi detenuti direttamente dalle famiglie rappresentano circa il 20% del valore del loro portafoglio di titoli di debito “e sono rappresentati per lo più da certificates e da obbligazioni subordinate o strutturate”.

Fonte: Banca d'Italia.