Bce: il primo rialzo dei tassi a luglio, si parte dallo 0,25%. I commenti dei gestori esteri

Largarde ECB News
Christine Lagarde, foto concessa (Martin Lamberts/BCE)

Si parte da 0,25% nel mese di luglio. Nel meeting del Consiglio Direttivo di giugno che si è tenuto ad Amsterdam, la Bce ha messo nero su bianco il primo rialzo dei tassi. Sebbene non sia stata una sorpresa per gli operatori di mercato, che attendevano l’annuncio e anzi temevano per la possibilità di una partenza più decisa con un rialzo dello 0,5%, la riunione ha comunque lasciato nell’aria un certo nervosismo. “Il rialzo di luglio non sarà infatti una mossa isolata”, ha detto la Presidente dell’istituto Christine Lagarde nella conferenza stampa. “Quello intrapreso dalla Bce è un percorso di rialzo”, ha aggiunto. Sul tavolo è rimasto quindi l’interrogativo se il successivo rialzo di settembre comunicato nello statement potrebbe esser più consistente dei 25 punti base di luglio. E di fatto potrebbe essere così, perché questo dipenderà dall'aggiornamento delle prospettive di inflazione a medio termine. E le stesse previsioni diffuse da Francoforte sull’inflazione non fanno ben sperare. Ragioni che portano Silvia Dall’Angelo, senior economist di Federated Hermes a commentare: “Sebbene la Bce non abbia intrapreso alcuna azione, l'esito della riunione odierna ha avuto un tono decisamente da falco”, dice. Ma restando ai fatti, il primo rialzo della Bce da 11 anni sarà annunciato il 21 luglio e fino ad allora il tasso sulle operazioni di rifinanziamento principali, sulle operazioni di rifinanziamento marginale e quello sui depositi resteranno invariati, rispettivamente allo 0,00%, allo 0,25% e al -0,50 per cento.

Occhi puntati a settembre

Tra chi vede nel cielo di settembre addensarsi nubi minacciose vi è Dave Chappell. Il fixed income senior portfolio manager di Columbia Threadneedle Investments prevede per settembre quasi certamente un raddoppio a 50 punti base, “a meno che le prospettive di inflazione a medio termine non migliorino nelle prossime settimane, il che sembra altamente improbabile”, afferma. E anche Sandra Holdsworth, head of Rates di Aegon AM, vede nelle parole di oggi di Lagarde la possibilità di un aumento più consistente dei tassi a settembre, “rendendo questa riunione di gran lunga la più hawkish”, avverte. “Sebbene sia possibile prevedere che la Bce alla fine effettui un numero di rialzi dei tassi inferiore a quello attualmente previsto dal mercato”, osserva Konstantin Veit, senior portfolio manager European Rates di PIMCO, “nel resto dell'anno l'inflazione dell'Eurozona rimarrà probabilmente molto elevata e la pressione sulla Bce per un intervento a breve e medio termine sarà elevata”, osserva.  

Inflazione al di sopra e crescita al di sotto delle aspettative

“L’inflazione è una sfida per tutti”, ha detto Lagarde nella conferenza stampa. Nel mese di maggio il dato è schizzato sopra l’8% (un indice quattro volte superiore al target Bce) per il rincaro dei prezzi dell’energia e degli alimenti a causa del conflitto in Ucraina. E questo ha portato Francoforte a rivedere le proprie stime al di sopra di quanto previsto a marzo, con un'inflazione annua del 6,8% nel 2022, al 3,5% nel 2023 e al 2,1% nel 2024. “L’ingiustificata aggressione dell’Ucraina da parte della Russia sta impattando l’economia dell’area euro. Le previsioni sono incerte, ma ci sono le condizioni per cui l’economia europea si riprenda nel medio termine con l’inflazione elevata che dovrà ritornare al nostro obiettivo del 2%”, queste le parole con cui Lagarde ha provato ha rassicurare i mercati. Tuttavia il contesto macro economico attuale si sta deteriorando. Le proiezioni di crescita dello staff dell’Eurotower vedono il PIL reale al 2,8% nel 2022, al 2,1% nel 2023 e al 2,1% nel 2024. Dati rivisti significativamente al ribasso rispetto al meeting di marzo per l’anno in corso e il prossimo. Per questo motivo secondo Hetal Mehta, senior european economist di LGIM, la Bce si trova attualmente in una posizione molto difficile: “Riteniamo che il rischio che l’Area Euro entri in recessione dalla seconda metà del 2023 sia del 60%”, afferma.

Pressione sugli spread periferici

Tra le decisioni del meeting di giugno vi è stata anche la conferma della fine già preannunciata del programma degli acquisti netti di attività APP, che avverrà a partire dal 1° luglio 2022. Secondo Wolfgang Bauer, gestore del Team Public Fixed Income di M&G Investments, non si tratta di un elemento da sottovalutare: “Negli ultimi anni, questi programmi sono stati lo strumento principale con cui la Bce ha sostenuto il sentiment dei mercati e quindi ripristinato la loro stabilità nei momenti di crisi”, osserva. “Senza gli acquisti, i mercati operano senza rete di sicurezza, il che potrebbe portare a periodi di maggiore volatilità in futuro”, conclude. La chiusura del piano di acquisti si lega al timore serpeggiato prima della riunione di un impatto sproporzionato dei rialzi dei tassi d’interesse sui costi di finanziamento dei Paesi periferici, con l’Italia che è uno degli osservati speciali per il rapporto debito/Pil attorno al 160%. “La Bce si è impegnata a combattere la frammentazione, se necessario, ma nella riunione odierna non sono stati forniti dettagli e, di conseguenza, gli spread periferici si sono ampliati”, osserva Konstantin Veit. “Il Consiglio non è al momento preoccupato per l'allargamento degli spread periferici, che ha accompagnato il cambio di rotta della politica monetaria quest'anno”, dice Dave Chappell. "La flessibilità del programma di reinvestimento PEPP sembra rimanere l'unico sostegno per contrastare i rischi di frammentazione, almeno per ora”, conclude.