Blute (PIMCO): ETF, perché è riduttivo chiamarli “passivi”

Ryan Blute, responsabile Global Wealth Management EMEA, PIMCO

“Al momento di scegliere un investimento, la decisione più importante riguarda la strategia da adottare, ad esempio obbligazioni societarie europee, obbligazioni dei mercati emergenti in valuta locale, ecc. La scelta successiva dovrebbe riguardare il veicolo d'investimento, ad esempio un ETF o un fondo comune d'investimento tradizionale. Tuttavia, PIMCO ritiene che i molti investitori che hanno storicamente fatto ricorso ai veicoli ETF per accedere a strategie d'investimento passive, rischierebbero di lasciarsi sfuggire l'opportunità di accrescere i loro rendimenti attraverso una gestione attiva e di beneficiare al tempo stesso della struttura dell'ETF”.

Il punto di partenza del ragionamento di Ryan Blute, responsabile Global Wealth Management per la regione EMEA di PIMCO, può apparire scontato ma porta rapidamente ad una questione forse non sufficientemente dibattuta nel mondo della gestione. È possibile unire i vantaggi della gestione attiva a quelli del veicolo Exchange Traded Fund? La risposta di PIMCO è affermativa e viene motivata a partire da un’analisi dell’asset class di maggiore specializzazione dell’asset manager statunitense: il fixed income.

Dal veicolo all’asset class

“PIMCO è stata una delle prime società a proporre la gestione attiva di strumenti obbligazionari negli anni '70 nonché di ETF obbligazionari quasi dieci anni fa. Secondo noi, in un contesto caratterizzato da tassi d'interesse persistentemente bassi, gli investitori che optano per gli ETF obbligazionari a gestione attiva sono destinati ad aumentare”, afferma il responsabile Global Wealth Management per la regione EMEA di PIMCO.

Partendo dalle motivazioni che spingono gli investititori a scegliere questo tipo di prodotto, sono da ricordare, secondo Blute, la liquidità di negoziazione infragiornaliera, la trasparenza offerta dalle informative sulle posizioni e le commissioni potenzialmente inferiori rispetto alle classi retail tradizionali dei fondi comuni.

Il caso fixed income

Questi sono solo alcuni degli aspetti generali che rendono attrattivi gli ETF. Come declinare poi l’utilizzo del veicolo all’interno della singola asset class con in più una componente di gestione attiva è questione più complessa che richiede un alto grado di specializzazione in cui si uniscono capacità di sviluppo del prodotto e analisi del comparto su cui si si sta ricercando un’esposizione.

L’esperto di PIMCO individua quattro punti fondamentali attraverso cui motivare la decisione di un investimento obbligazionario tramite ETF attivi.

“Innanzitutto”, avvia la sua analisi, “il mercato obbligazionario continua ad essere influenzato dalle agenzie di rating, che stabiliscono rating obbligazionari che devono essere seguiti da chi replica gli indici passivi: dalle compagnie assicurative, dalle banche, nonché da molti investitori istituzionali. Questi investitori potrebbero applicare meccanicamente regole che impongono loro di adeguare i propri portafogli quando il rating di alcuni titoli viene declassato, offrendo agli investitori indipendenti e orientati al valore l'opportunità di acquistare questi titoli a prezzi interessanti”.

“In secondo luogo”, prosegue, “molte istituzioni pubbliche come le banche centrali acquistano titoli obbligazionari con un obiettivo diverso dall'ottimizzazione del rendimento totale. Anche questo contribuisce a creare distorsioni in quanto alcuni titoli scambiano persistentemente su livelli molto elevati e ciò implica che chi segue passivamente un indice deve pagare un prezzo eccessivo per tali strumenti detenuti da "operatori non economici". I gestori attivi di ETF possono adottare l'approccio opposto e acquistare obbligazioni simili con rendimenti più allettanti”.

“Terzo, e collegato a quanto sopra, alcuni investitori come le compagnie assicurative utilizzano le obbligazioni in virtù delle loro caratteristiche di reddito e sono soggetti a regolamenti contabili specifici che distorcono le loro transazioni su taluni titoli per ottimizzare i bilanci. Anche i gestori attivi possono sfruttare questi "effetti clientela" ed evitare le obbligazioni costantemente sopravvalutate”, aggiunge.

“Infine, i gestori attivi di ETF possono trarre vantaggio dai comportamenti dei loro omologhi passivi costretti ad acquistare titoli che replicano un indice. Un ottimo esempio è dato dalle obbligazioni corporate: gli ETF passivi devono acquistare l'obbligazione più consistente o più liquida degli emittenti presenti nell'indice che intendono replicare. I manager attivi conoscono bene queste obbligazioni e possono evitarle e sostituirle con alternative molto simili ma più appetibili in termini di prezzo. Quindi, quando questi ETF passivi subiscono deflussi, i gestori attivi possono approfittare del fatto che i prezzi di questi titoli "da detenere assolutamente" scendono al di sotto del livello giustificato dai fondamentali per acquistarli a rendimenti più allettanti”, completa Blute.

"Questi aspetti", sottolinea infine, "possono essere applicati ad un veicolo ETF, ad esempio riferite al comparto obbligazioni ad alto rendimento con scadenza inferiore a cinque anni".