Bond: a un mese dal rialzo dei tassi in USA, come ha reagito il mercato?

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foto: Horia Varlan, Flickr, Creative Commons

L'aumento dei tassi d'interesse negli USA è arrivato già da un mese. E una delle grande incognite per gli investitori era capire come il mercato del fixed income avrebbe reagito. Adesso lo sappiamo: la resistenza mostrata da questa asset class è stata maggiore di quella che molti investitori si aspettavano, soprattutto negli Stati Uniti. Il rendimento offerto dai fondi sovrani, corporate e high yield americani da quando la Federal Reserve ha aumentato i tassi d'interesse fino allo 0,5% è stato positivo. Per tutti e tre i segmenti.

Secondo i dati di Morningstar Direct, il rendimento medio di Tresauries negli ultimi 30 giorni raggiunge il 2,1%, mentre il ritorno medio offerto nello stesso periodo dalla categoria corporate americana è dell'1,8%. Anche la categoria di high yield ha generato ritorni positivi, anche se un po' inferiori (0,9%). È interessante osservare proprio il comportamento degli high yield: è stato difensivo nei 20 giorni posteriori all'annuncio di Janet Yellen, generando ritorni del 3%, anche se il calo del prezzo del petrolio dall'inizio dell'anno (il peso del settore energetico nell'indice è del 15%) e la forte avversione al rischio (il cui effetto più visibile è stato il crollo delle borse) hanno ridotto di molto i rendimenti di questa asset class (vedi grafico 1: fonte Morningstar Direct).

 

 

In Europa la tendenza è stata simile, anche se con ritorni molto più esigui. La categoria dei fondi che ha generato più reddito nelle ultime quattro settimane è stata quella che scommette sul debito pubblico (0,03%). I rendimenti medi del settore corporate e high yield europeo invece sono stati negativi, nello specifico rispettivamente del -0,3% e del -0.5%. (vedi grafico 2: fonte Morningstar Direct). I flussi che si sono rifugiati in asset più sicuri hanno portato i titoli di Stato core a livelli ancora più bassi in entrambe le sponde dell'Atlantico. Questo è quello che ha provocato un cambio radicale del comportamento dei differenti segmenti dell'obbligazionario nel 2016 e che spiega come i fondi legati al debito pubblico siano stati quelli che hanno registrato risultati migliori nell'ultimo mese.

 

"L'annuncio della Fed, ampliamento anticipato e accompagnato da un discorso molto accomodante in merito al ritmo dei prossimi rialzi, non ha generato tensioni nei titoli di Stato a 10 anni", spiega Didier Saint-Georges, del dipartimento di Investimenti di Carmignac. Di fatto questo segmento di mercato si è rilassato. Per Generali Investments questo comportamento non è strano. "Il recente calo del prezzo del petrolio implica che gli effetti di base non diminuiranno e che la possibilità che l'inflazione spinga verso l'alto i tassi d'interesse core rimane piuttosto lontana. Di fatto, se i prezzi del greggio si mantengono ai livelli attuali, l'inflazione generale diminuirà nei prossimi mesi sia nell'Eurozona che negli Stati Uniti". In base all'evoluzione dei prezzi, potremmo dunque tornare a vedere tassi d'inflazione negativi nell'area Euro. "Inoltre, se i timori macroeconomici sulla Cina peggiorano e finiscono per contagiare i mercati finanziari sviluppati, il recupero economico potrebbe fermarsi. È poco probabile che queste questioni si risolvano da un giorno all'altro, cosa che potrebbe limitare qualsiasi rialzo potenziale dei tassi d'interesse dei bond core, almeno a breve termine", dicono dalla SGR.