Bond, segnali di stress

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immagine ceduta dall'entità

I modelli quantitativi utilizzati dai gestori per l’asset allocation del portafoglio segnalano un forte stress sui bond governativi, una classe di attivo che da inizio anno ha macinato un’importante performance e che nei prossimi mesi potrebbe subire un contraccolpo. L’analisi tiene conto di un miglioramento dei dati macro che si potrebbe manifestare proprio nei mesi a venire e che in molti paesi sembra essere confortato dalle politiche espansive e dall’influenza della liquidità a livello globale. La preoccupazione del calo dei prezzi dei consumi e la comparsa di una fase deflattiva a cui l’economia globale ha dichiarato guerra, trova ancora oggi nel mercato delle materie prime il driver principale; tra queste ovviamente ha colpito la caduta del prezzo del petrolio seppur moderata dal rialzo del dollaro statunitense. Insomma la spinta alla ricerca di rendimento è tornata a farsi viva e la massa di liquidità presente nel mercato si è riversata ancora una volta nei fondi obbligazionari obbligando i gestori ad allocare in modo omogeneo queste risorse senza troppo tener conto dei rendimenti esigui se non negativi.

“Nonostante il trend di discesa dei prezzi al consumo sembra possa ancora influenzare gli investitori, la principale percezione è che questo effetto potrebbe manifestarsi sempre meno nei dati e che addirittura un prossimo segnale di riequilibrio possa essere recepito a breve”, suggerisce Corrado Caironi, investment strategist di R&CA. Per questo motivo gli strategist hanno iniziato a segnalare cautela nell’acquisto dei governativi dei principali benchmark; “un buon momentum macro non avvantaggerebbe gli asset obbligazionari se non in modo marginale per il credito a spread nel segmento degli high yield, che comunque dovranno essere attentamente selezionati da uno specialista in quanto non tutti a valutazioni che compensino il rischio”, precisa. Gli stessi strategist vedono invece uno spazio ulteriore sui mercati azionari ed in particolare nella zona euro e in Giappone. “Il punto di forza è basato sulle migliori prospettive economiche e di crescita degli utili. Con la conclusione del 2014 le aziende stanno procedendo a consegnare i dati annuali di bilancio, che dovranno essere approvati dalle assemblee, rendendo pubblici le iniziative di pagamento di dividendi: una fonte di redditività da non sottovalutare”, afferma Caironi.

L’ottimo andamento dello scorso anno dei listini statunitensi proietta una stima di crescita degli utili meno brillante per il 2015 con una previsione di sostanziale stabilità; “le aziende vogliono sfruttare questo ultimo periodo a 'tassi zero' per migliorare la loro posizione finanziaria ed iniziare più forti il nuovo ciclo di rialzo dei tassi di interesse. Ad incidere inoltre sulla capacità di crescita delle società americane è l’apprezzamento del dollaro che sembra rimanere forte rispetto alle principali valute”, conclude. Meno preoccupate sul piano valutario rimangono invece le aziende della zona euro e del Giappone dove la combinazione di politiche fiscali e monetarie sembra giocare a favore di una crescita dei profitti.