Russi, cinesi, arabi e norvegesi investono in Italia anche se i più attivi sono gli americani, che ormai hanno partecipazioni azionarie intorno ai 90 miliardi di euro (20,6 miliardi circa soltanto nelle mani del fondo BlackRock).
Secondo i numeri resi ufficiali dalla Consob, i flussi di capitali esteri in Borsa sono passati da un controvalore di circa 138 miliardi nel gennaio 2013 a 178 dello scorso marzo, più o meno il 42% della capitalizzazione complessiva.
La presenza degli istituzionali esteri sul listino delle small cap è aumentata. Gli investimenti sono saliti alla cifra di 2 miliardi, che restano però solo il 9% della capitalizzazione del segmento. L’interesse per il mercato italiano appare sempre meno opportunistico (dettato da mere logiche di ricollocamento degli asset) e più di lunga durata.
Negli ultimi tre anni sono state 198 le operazioni di fusioni e acquisizioni realizzate da gruppi stranieri in Italia, per un valore di 53,9 miliardi di euro, stando alla banca dati di S&P Capital IQ. Moda, lusso, turismo, industria manifatturiera e agroalimentare, banche sono nel mirino degli investitori stranieri a cui fanno sempre più gola le eccellenze del made in Italy. I più attivi sono gli americani, che ormai hanno partecipazioni azionarie intorno ai 90 miliardi di euro (20,6 miliardi circa soltanto nelle mani del fondo BlackRock). Dal 2013 la quota di azioni italiane in mano a investitori a stelle e strisce è cresciuta di quasi 30 miliardi , con un incremento del 64%.
Blackrock negli ultimi due mesi ha conquistato ufficialmente il 5,7% di Banca Mps e il 5,24% di Unicredit. il fondo si era piazzato al secondo posto tra i soci di Intesa con un 5% e più in generale conta in portafoglio partecipazioni rilevanti in Azimut (5%), Atlantia (5,02%), Prysmian (intorno al 5%) e Ubi (4,94%). Oltre a quelle non segnalate a Consob perché sotto il 2%.
Inizialmente gli analisti hanno spiegato l’interessamento per l'Italia come un effetto collaterale del deflusso dai mercati emergenti sui quali gli investitori si erano spostati per fare carry trade. Poi il mercato ha iniziato a vendere pesantemente. Circa 60 miliardi tra equity e bond sono defluiti dalle aree emergenti nel 2013 e altri 40 nel primo trimestre di quest’anno. Ma la tendenza sta cambiando. «La crescita dei mercati emergenti sebbene continui a superare quella dei Paesi occidentali è di circa tre punti percentuali inferiore rispetto al gap del periodo 2008-2009.
Sull’azionario italiano stanno scommettendo anche i fondi sovrani, in particolare quello norvegese e quello cinese. Norges Bank a Piazza Affari detiene poco meno di 5 miliardi di euro, mentre la People’s Bank of China possiede già oltre il 2% del capitale di Eni ed Enel.