Un’attività centralizzata e capillare al tempo stesso per poter servire tutte le società del Gruppo presente in oltre 50 Paesi. La struttura su cui poggia l’attività di selezione dei fondi di Generali Asset & Wealth Management viene tratteggiata così dal suo responsabile Filippo Casagrande, head of Insurance Investment Solutions della società, che sottolinea come esista “una squadra a livello di head office che indirizza la selezione e segue le compagnie di tutto il Gruppo in questa attività”. Incontrato da FundsPeople negli uffici di torre Generali, a Milano, il team dedicato alla fund selection – capitanato da Daniele Fontanili, senior investment manager che collabora insieme ad altri due professionisti, Sofia Righetti e Gianluca Michienzi – coordina anche i team di selezione presenti nelle SGR del Gruppo, “quindi, in definitiva, indirizza l’attività di selezione dei fondi e degli investimenti alternativi, attività quest’ultima che sta assumendo sempre maggior rilievo” spiega Casagrande. La logica della centralizzazione, specifica, “ci permette di parlare con tutti i Paesi in cui il Gruppo opera e offrire selezioni di fund selection e sul mondo liquid alternative sulla base delle loro esigenze, che sono, in definitiva, esigenze assicurative”. D’altronde, a fronte di un perimetro d’azione così vasto, “nell’offrire soluzioni di selezione dobbiamo cercare di essere flessibili, in ogni mercato e in ogni industria, ciascuno differente e con le proprie caratteristiche”.
Casagrande (Generali A&WM): “Il team di fund selection? Una struttura centralizzata in grado di offrire soluzioni flessibili a tutte le società del Gruppo”
Casagrande insiste sulla peculiarità della selezione in ambito assicurativo: “Questo influenza e dirige tutto il processo, perché fornire un servizio a una compagnia di assicurazione parte dalla definizione della sua asset allocation strategica e, via via, tiene conto delle esigenze specifiche di ogni entità. Esigenze che possono muovere dalla necessità di investimenti che contribuiscano ai rendimenti (magari con una forte connotazione high yield) o di strategie poco correlate con il resto del portafoglio”. In tutti i casi “noi costruiamo portafogli in grado di aiutare la compagnia a raggiungere gli obiettivi economici e assicurativi. È un po’ diverso rispetto a una pura attività di fund selection”. Un altro elemento che caratterizza l’attività descritta da Casagrande è la presenza di una certa “eterogeneità” di asset class. “Si va dai fondi monetari alle strategie più complesse, come gli alternativi liquidi. Il nostro obiettivo è, tramite la selezione, proteggere e complementare i portafogli assicurativi con strategie poco correlate rispetto al resto del portafoglio della compagnia”. L’esperto richiama l’esempio dei portafogli 60-40 (60% obbligazionario, 40% azionario), cosiddetti “tradizionali”, che hanno avuto andamento negativo nel corso del 2022 in quanto, come noto, sono ‘saltate’ le correlazioni tra equity e fixed income. “Per questo le soluzioni erano già molto indirizzate a strategie alternative capaci di mitigare e rendere i portafogli meno esposti a questi rischi”.
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Da uno sguardo alle sfide principali che si trova ad affrontare il settore della fund selection oggi, Casagrande richiama quella di un mercato italiano “molto attrezzato e competitivo rispetto a quello di altri Paesi”. L’industria dell’asset management nel nostro Paese è, infatti, “molto più aperta e con una notevole offerta di asset manager esterni dedicati alle assicurazioni”. È chiaro, afferma il professionista, “l’offerta è in funzione della domanda. Se l’obiettivo è proteggere i portafogli è logico che ci si indirizzi all’evoluzione dei mercati finanziari con la ricerca di nuove idee e nuove modalità di selezione capaci di raggiungere gli obiettivi delle compagnie”. Quali gli sviluppi in prospettiva? “Credo che molte delle best practice presenti in Italia verranno esportate nel resto d’Europa e, da questo punto di vista il fatto che si tratti di un’industria molto aperta all’azione anche di società estere le permette di essere dinamica e capace di utilizzare tutti gli strumenti”. In altri Paesi, insomma, esiste “un bias verso asset manager o caratteristiche domestiche che in Italia non c’è”. Il manager rileva poi come in altre realtà europee, come la Germania e la Francia, si sia sviluppato in anni recenti un orientamento più “quantitativo” nell’ambito della selezione. “Non è un aspetto negativo – conclude – ma sempre in tema di best practice, l’idea di mixare soluzioni liquide e alternativi potrà essere d’aiuto nella creazione di portafogli più resilienti. Puntiamo a un processo di ‘cross fertilization’ tra settori e asset class. Aspetto quest’ultimo che, nella selezione di Generali, è già evidente”.
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