Caso Evergrande: è una ragione sufficiente per smettere di investire nei listini cinesi?

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Rod Ramsell, Unsplash

Il caso di Evergrande, il più grande costruttore immobiliare cinese, è stato il più importante market mover degli ultimi giorni. L'opinione della maggioranza degli esperti è che l'enorme buco nei bilanci di Evergrande non possa essere paragonato all'impatto cha ha avuto il fallimento di Lehman Brothers. Ma questo non ha impedito ingenti perdite sui mercati azionari innescate dal timore di un effetto domino. Il più colpito è stato il mercato azionario cinese, con l'indice Hang Seng che ha perso quasi il 4% del suo valore in soli cinque giorni.

Tuttavia, mentre cresce la possibilità di un intervento del governo di Pechino, sempre più gestori di fondi sostengono che il caso Evergrande non debba esser considerato come una scusa per dismettere le posizioni in Cina. Uno di questi è Allianz Global investors. Il gestore infatti ha appena pubblicato un'analisi che evidenzia alcune ragioni per cui il mercato azionario cinese rimane una buona opzione per gli investitori. Nonostante Evergrande.

RENDIMENTI INTERESSANTI NONOSTANTE L'AUMENTO DELLA VOLATILITÀ

Allianz GI sottolinea che la maggiore volatilità del mercato cinese non ha impedito di premiare gli investitori con rendimenti più elevati rispetto ad altri mercati se si considera un quadro di lungo termine. "Un investimento nell'indice MSCI China da gennaio 2000 a fine agosto 2021 avrebbe reso il 402%", dice.

REGOLAMENTAZIONE DELLE AZIENDE TECNOLOGICHE

A tal proposito, la casa di gestione ricorda che mentre le recenti restrizioni annunciate dalla Cina hanno colpito principalmente alcune società quotate negli Stati Uniti (ADR) e alcune società quotate a Hong Kong, esiste un mercato alternativo come quello delle A-share cinesi che mantiene ancora intatto il suo potenziale. "Con le A-shares cinesi che costituiscono quasi il 70% della dimensione totale della capitalizzazione del mercato cinese, i mercati dei capitali cinesi sono molto più ampi e profondi di quanto molti investitori pensino", evidenzia l'analisi.

Da Allianz GI sottolineano anche che nel caso di queste aziende, la volatilità è stata più che controllata a causa della presenza ridotta nell'indice di settori come la tecnologia e l'educazione, che sono quelli colpiti da una maggiore stretta regolamentare. "Le A-shares (azioni di società cinesi quotate a Shanghai o Shenzhen) tendono a caratterizzare settori come gli industriali, la sanità e i beni di consumo", dicono.

DE-CORRELAZIONE DELLE AZIONI CINESI

Mentre gli indici cinesi sono sempre più correlati a quelli occidentali, le A-shares sono riuscite a mantenere una de-correlazione abbastanza evidente in passato. In particolare, le A-shares hanno mostrato una correlazione di 0,32 con le azioni globali negli ultimi 10 anni, il che significa, come spiega il gestore, che si muovono in direzioni diverse quasi il 70% del tempo.

GLI INVESTITORI ISTITUZIONALI CONTINUANO A COMPRARE

La paura registrata sui mercati non ha spaventato gli investitori istituzionali dal puntare sul mercato interno cinese. Infatti, notano che agosto 2021 ha segnato il nono mese consecutivo di flussi positivi per questa classe di azioni.

GLI INDICI GLOBALI TENGONO SEMPRE PIÙ CONTO DELLA CINA NELLA LORO COMPOSIZIONE

C'è sempre stata una divergenza tra la quota cinese del PIL globale (è la seconda economia del mondo) e il suo peso nei mercati azionari. Ma questa divergenza si sta gradualmente riducendo. "Segno della crescente integrazione della Cina nei mercati finanziari, il peso delle azioni cinesi nei principali indici di mercato azionario mondiali sta aumentando," spiegano da Allianz GI.

IL PASSAGGIO DELLA CINA DA ESPORTATORE A TRASFORMATORE

Anche se qualche anno fa la Cina era considerata il grande esportatore del mondo, negli ultimi anni è stata responsabile dello spostamento della sua economia verso un modello basato più sul consumo interno, tenendo conto della sua crescente classe media. Quindi, il manager sottolinea che questo aumento della classe media e dei consumi ha portato a un maggiore sforzo innovativo nella tecnologia, per non parlare del suo recente impegno a muoversi verso un'economia senza carbonio.