Cfa, soddisfazione per i professionisti a un anno da MiFID II

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foto: autor European Parliament, Flickr, creative commons

A un anno dall'approvazione di MiFID II, la direttiva europea piace agli operatori. Almeno secondo la ricerca condotta da Cfa Society - e presentata a Roma - condotta su oltre 12.000 professionisti europei della finanza. La maggior parte degli intervistati ha, infatti, espresso soddisfazione sugli obiettivi di MiFID II, elencando una serie di benefici come una riduzione dei costi per i servizi di ricerca per i clienti finali, una migliore responsabilità nella contrattazione di detti servizi e una maggiore trasparenza su costi ed oneri dei prodotti di investimento.

Contrariamente alle aspettative iniziali, la maggior parte delle società di gestione europee ha deciso di assorbire direttamente il costo della ricerca piuttosto che trasferirlo ai propri clienti, una decisione presa in gran parte per motivi di concorrenza, in un momento nel quale i fondi attivi sono già sotto pressione da strategie passive più economiche. Inoltre tutti i partecipanti al mercato dei capitali hanno dovuto rivedere i loro modelli di business. Quelli sul lato del sell-side sono stati più direttamente influenzati, con MiFID II che ha esacerbato la tendenza secolare nella riduzione dei loro ricavi, in particolare nel trading azionario. Mentre è vero che alcune imprese hanno dovuto ridurre la propria attività, ad oggi i timori di massicci licenziamenti di analisti non sono stati confermati.  

Una conclusione uniforme in tutto il continente è che i gestori non ritengono che il numero di analisti del sell-side crollerà precipitosamente: ci sarà maggiore selezione e segmentazione tra buona e cattiva ricerca, ma i gestori continuano ad apprezzare e necessitare l’accesso a panel di esperti.

L’impatto è stato ancora meno pronunciato sul buy-side: le aziende più grandi hanno aggiunto specialisti per colmare le lacune, ma non hanno intrapreso vasti programmi di assunzione. Il timore, però, è che, sia sul buy- che sul sell-side, solo i player più grandi e globali sopravvivranno, con MiFID II che fungerà da catalizzatore del crescente consolidamento in entrambi i settori. Inoltre, la ricerca azionaria sulle PMI continua a ridursi, in aperto contrasto con altre azioni intraprese dalle autorità europee per facilitare il loro accesso ai mercati dei capitali.

Come sempre accade quando un quadro normativo viene revisionato, MiFID II ha sicuramente avuto effetti positivi ma ha anche portato conseguenze non volute: l’unbundling della ricerca crea un vantaggio competitivo per i gestori più grandi che possono spalmare le spese su masse in gestione più ampie; i costi fissi per i servizi di ricerca sono sproporzionatamente più alti per le imprese più piccole. Ciò porterà inevitabilmente ad un ulteriore consolidamento nel settore. Alcune società quotate di piccole e medie dimensioni stanno cominciando a faticare ad avere copertura.

Per quanto riguarda la product governance, la maggior parte delle aziende ha indicato un aumento significativo degli oneri amministrativi, ma nessuno sconvolgimento nelle loro attività. La speranza è che i maggiore costi di amministrazione e di reporting si ridurranno col tempo man mano che i processi diventano più automatizzati. La conclusione più unanime è che i mercati finanziari europei son ben distanti dall’omogeneità perché si sono evoluti su culture finanziarie e modelli di business differenti: è impossibile trarre conclusioni univoche che siano valide per tutti i Paesi coinvolti.