Cina e dintorni, quali sono le rotte da seguire

In questo periodo, molte economie emergenti stanno attraversando una fase di transizione e sono in gioco nuove dinamiche, sia a livello globale sia locale. Il caso più rappresentativo è quello della Cina e non solo per il suo enorme contributo alla crescita del Pil mondiale, ma anche per le sue vaste implicazioni all’interno dei mercati emergenti in termini di domanda di materie prime, esportazioni e anche, in una certa misura, di equilibri geopolitici.

Spiega Mauro Ratto, responsabile mercati emergenti di Pioneer Investments: “Il processo di transizione dell’economia cinese verso un modello di crescita basato più sui consumi e meno sugli investimenti è destinato ad influire, con tutta probabilità, sulla crescita economica. Il percorso che seguirà dipende dal successo delle riforme strutturali che la sua leadership sta tentando di attuare. Il Presidente Xi Jinping, a nostro parere, possiede la visione e la forza di portare avanti l’ambizioso piano di riforme. Sebbene lo slancio riformista a breve termine possa essere messo in discussione dagli obiettivi di crescita, nel medio e lungo periodo la Cina sembra puntare con decisione verso una politica orientata al mercato e in grado di promuovere lo sviluppo”.

Il quadro degli altri Paesi però è molto disomogeneo. Il punto di svolta sarà legato alla loro capacità di mettere in atto riforme efficaci. Precisa l’esperto: “I punti da considerare sono: l’esposizione al processo di tapering della Fed, misurata come impatto sui ricavi in valuta sulla base dei nostri modelli proprietari; rischio politico legato a imminenti elezioni o a tensioni geopolitiche e governance politica che comprende vari fattori, quali lo stato di diritto, la qualità normativa e la facilità di avviare un'impresa e di fare business; posizione nei confronti dell’estero in termini di disavanzo delle partite correnti come percentuale del Pil, tasso di copertura delle importazioni e rapporto tra riserve e debito estero; posizione di bilancio, come indicata dal Fiscal Monitor del Fmi; esposizione all’eventuale rallentamento dell’economia cinese, basata sulla quota di esportazioni verso la Cina”.

Non esiste, insomma, un unico esito per un processo di transizione. Conclude Ratto: “Ciò che a nostro avviso rappresenta il fattore chiave per un risultato positivo è la capacità di un paese di attuare riforme strutturali, migliorare l’allocazione dei capitali e dei bassi livelli di produttività. Una convergenza di diversi fattori, quali la crescita ancora fragile nei mercati sviluppati, la riduzione dell’effetto leva in Cina e la fine del programma di QE della banca centrale statunitense, ha messo in discussione la secolare tendenza di investimenti nei mercati emergenti e sta costringendo i politici a intraprendere azioni che consentano di progettare e attuare le riforme strutturali. In molti di questi paesi le elezioni possono esercitare un impatto concreto sul processo e devono essere monitorate da vicino”.

Fonte: Pioneer Investments, Bloomberg, FMI, datebase EIU, dati al 31 aprile 2014

* rischio basso

** rischio medio

***rischio elevato