Andrew McCaffery, Global chief investment officer of Asset Management di Fidelity International, presenta alcuni fattori chiave che potrebbero modellare le mosse di Pechino sul conflitto tra Russia e Ucraina.
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La guerra della Russia in Ucraina ha alimentato i timori che l'equilibrio economico e geopolitico globale possa essere sconvolto, mettendo sotto esame la posizione della Cina nella crisi in corso. La Cina ha detto che non vuole essere colpita dalle sanzioni occidentali sulla Russia. Allo stesso tempo, l'Occidente chiede alla Cina di non sostenere militarmente la Russia nella sua invasione dell'Ucraina, minacciando anche di imporre sanzioni se lo fa. In questo senso, le relazioni altamente interdipendenti tra la Cina e le nazioni sviluppate potrebbero condizionare le mosse del gigante asiatico.
Come spiega Andrew McCaffery, Global Chief Investment Officer of Asset Management di Fidelity International, la Cina è molto più integrata nell'economia mondiale della Russia. "La sua interdipendenza con i mercati sviluppati va molto oltre". L'esperto presenta alcuni grafici a sostegno della sua analisi.
In primo luogo, in termini di peso nell'economia di oggi (come percentuale del PIL globale a parità di potere d'acquisto), la Cina è del 18,7%, rispetto al 3,1% della Russia.
In particolare, la posizione netta di investimento della Cina è di circa 2 trilioni di dollari, con circa 9 trilioni di dollari in attività estere e circa 7 trilioni di dollari in passività estere. "A titolo di confronto, le attività estere della Russia erano di circa 1,6 trilioni di dollari (di cui circa la metà è stata congelata) e circa 1,1 trilioni di dollari di passività (tra 500 e 700 miliardi di dollari sono a rischio di essere completamente svalutati) prima della guerra in Ucraina, secondo gli ultimi dati disponibili", nota l'esperto.
Sul lato commerciale, il divario è ancora più ampio. La quota della Cina nel valore delle esportazioni mondiali è del 14,2%, rispetto al 2,2% della Russia. Sul lato delle importazioni, le quote sono rispettivamente del 10,5% e dell'1,2%.
Infine, McCaffery evidenzia il potenziale della Cina per i legami finanziari globali ancora più profondi. Questo in vista del diffuso interesse dei politici ad aumentare l'internazionalizzazione dei mercati finanziari e della valuta del paese. "La forza dello yuan negli ultimi mesi è un buon segnale di questo", dice.