Come reagiranno le varie asset class dopo la decisione della Fed?

00Question
foto: autor Ccsdteacher, Flickr, creative commons

Dopo la decisione della Federal Reserve di lasciare inalterati i tassi di interesse negli Stati Uniti, gli investitori ora cercano di individuare quali asset class trarranno maggiori benefici dal mancato intervento dell’autorità monetaria statunitense. Per ora, la reazione dei mercati è stata quella prevista, ovviamente positiva per gli asset rischiosi. “Dato che resteremo in uno scenario di tassi di interesse bassi per molto tempo, ciò avrà un impatto positivo sull’appetito per gli asset rischiosi da parte degli investitori, che potrebbero mostrarsi più propensi ad aumentare la loro esposizione ad asset come credito o high yield”, afferma Christian Hantel, portfolio manager di Vontobel. Conviene con lui Ken Taubes, CIO di Pioneer Investments, che si aspetta un apprezzamento degli asset rischiosi come conseguenza della scelta della Fed.

Prospettive per i vari segmenti obbligazionari…

“Nell’obbligazionario, prevediamo rendimenti alla deriva, con poche variazioni della curva in mancanza di cambiamenti nei dati economici o nella politica della Fed. Siamo sempre dell’opinione che i titoli di Stato dei mercati sviluppati, compreso quello statunitense, non siano attraenti. Il rischio di duration come risultato dei rendimenti nominali e dei rendimenti reali negativi non compensa a sufficienza gli investitori. I corporate bond offrono più valore dei titoli di Stato ma si trovano al di sotto della loro valutazione media storica, con un orientamento al rialzo nella leva finanziaria. Le obbligazioni a tasso variabile e strutturate possono essere attraenti come copertura di rischio del tasso di interesse. Con rendimenti così bassi e una curva così piatta, le posizioni corte sono meno costose”, spiega l’esperto di Pioneer Investments. All’interno del mercato delle obbligazioni, un altro dei segmenti su cui si soffermano tutti è l’obbligazionario emergente, asset class verso la quale molti investitori stanno volgendo lo sguardo.

A questo punto bisognerebbe fare una differenza tra debito emesso in divisa straniera (hard currency) e locale. Per quanto riguarda il primo, Simon Lue-Fong, gestore del Pictet-Global Emerging Debt e del Pictet-Emerging Local Currency Debt, ritiene che i differenziali non si ridurranno di molto. “La rinnovata ricerca di ulteriori rendimenti è stata un fattore chiave del buon comportamento del debito dei mercati emergenti denominato in dollari. Le prospettive nel breve termine sono favorevoli dato lo scenario globale di espansione monetaria, fattori tecnici e rendimento a scadenza dei titoli di Stato USA. Infatti, il basso rendimento dei titoli di Stato statunitensi è un fattore di appoggio, anche se non crediamo che i differenziali si ridurrano molto di più nel breve termine. Per questo è necessario che aumentino le esportazioni”, sostiene il gestore di Pictet AM. E per quanto riguarda il debito in divisa locale?

Anche se questo segmento si è ripreso quest’anno, Lue-Fong crede che questi mercati si manterranno piatti, tra le tante cose perché il tono più pacifista della Fed genera mini rally, seguiti da rifocalizzazione sui fondamentali che, in linea di massima, continuano a essere deboli. “Devono migliorare in modo significativo la crescita e le esportazioni. Per stimolarli, inoltre, gli emergenti possono ricorrere a strumenti di politica meno ortodossi. In America Latina la politica monetaria segue la Fed, mentre in Asia, dove ci sono miglioramenti marginali delle esportazioni, le Banche centrali si stanno rivelando più accomodanti. La quotazione dei titoli di Stato degli Stati Uniti è favorevole nel breve termine ma il suo comportamento è imprescindibile. Nonostante i recenti passi avanti, prevediamo più debolezza nel breve termine in attesa di segni di crescita globale migliori, anche se nel lungo periodo le prospettive sono ancora attraenti rispetto ad altre asset class obbligazionarie”, sottolinea.

… e azionari.

Per quanto riguarda l’obbligazionario, Julien-Pierre Nouen ritiene che una tendenza alla crescita meno forte non comporti necessariamente un minor rendimento nei mercati azionari. L’economist e strategist di Lazard Frères Gestion crede che, nel breve periodo, l’andamento dell’azionario sia più legato alle evoluzioni cicliche che alla tendenza del livello di crescita. “Nonostante un ciclo favorevole nella zona euro, le previsioni dei risultati economici per il 2016 sono state fortemente corrette al ribasso all’inizio dell’anno a causa della caduta delle materie prime e del crollo dei tassi che ha riguardato soprattutto i titoli del settore finanziario. Questa tendenza inizia a invertirsi e si osserva un punto di svolta verso il rialzo dei risultati. Inoltre, mentre il rendimento degli asset obbligazionari si mantiene basso, quello azionario è a livelli ragionevoli. Se paragonato con quello statunitense, l’azionario della zona euro si sta negoziando a uno sconto storicamente elevato”.

Su cosa soffermarsi nei prossimi mesi?

Nei mesi che verranno, le riunioni delle grandi Banche centrali del mondo (Federal Reserve, BCE, BoJ) e l’evoluzione delle statistiche economiche più influenti saranno al centro dell’attenzione degli investitori. Le riunioni di settembre della Fed e del BoJ si sono già tenute. Il prossimo grande appuntamento vedrà come protagonista Mario Draghi il 21 ottobre. Attesa per il summit OPEC di Algeri previsto per oggi, 27 settembre, che potrebbe portare a un accordo tra i Paesi membri per stabilire quote di estrazione di petrolio. Il rischio politico dipende soprattutto dal referendum costituzionale in Italia, di cui ancora non si conosce la data, e dalle presidenziali statunitensi dell’8 novembre, che restano al centro dell’incertezza a livello globale.