Corporate bonds irrinunciabili in portafoglio. Ma come allocarli?

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Nell’universo obbligazionario la ricerca di rendimento è diventata la principale sfida per gli investitori, costretti ad assumere più rischio e ad allungare la duration dei propri investimenti o a operare in maniera più speculativa. Un altro aspetto cruciale e quanto mai attuale è quello dei costi, motivo per cui gli ETF fixed income hanno raggiunto un peso sempre maggiore all'interno dei portafogli. La seconda parte della tavola rotonda di FundsPeople dedicata alle opportunità obbligazionarie prende il via proprio da questa constatazione e da una domanda: in che modo all’interno del mercato della gestione passiva i segmenti investment grade e high yield, tipicamente soggetti a una maggiore selezione, stanno risentendo dello scenario descritto?

“Negli ultimi cinque anni l’utilizzo degli ETF obbligazionari, non solo governativi, ma anche corporate high yield e investment grade è letteralmente esploso, nonostante la convinzione che nel mondo a spread una selezione adeguata potesse creare dell'extra rendimento rispetto a una gestione passiva”, afferma Mauro Giangrande, head of Passive Sales Italy, Iberia, France & MENA di Xtrackers, DWS Group. Secondo l’esperto i motivi sono da ricercare non solo nella riduzione dei tassi che ha favorito il proliferare di questi strumenti per via del loro costo, ma anche nella loro trasparenza che consente ai gestori di aggiustare velocemente le posizioni in base alla propria view.

“Quando a marzo del 2020 l’universo dei bond è entrato in fibrillazione, gli ETF hanno assunto il ruolo di price discovery tool, con gli investitori che li utilizzavano per sapere dove si trovasse il mercato”, prosegue Giangrande. “Una posizione peraltro condivisa dalle stesse banche centrali che guardavano agli ETF per monitorare la situazione. A dimostrarlo è il fatto che la Fed adesso li utilizza anche per la politica espansiva di acquisto dei bond...”, precisa. In merito all’asset class, l’esperto ricorda che i default rate sono sotto controllo. “Abbiamo visto deflussi dai corporate American Investment Grade per effetto dell’incremento dei tassi ma sulla parte euro la situazione è  stabile con flussi in crescita”, aggiunge.

L’approccio dei fund buyer

I corporate bond rappresentano senza dubbio un’asset class ampia e complessa attraverso cui è possibile costruire portafogli con gradi di rischio estremamente diversi. “Da aprile 2020 siamo sempre rimasti in forte sovrappeso sui titoli corporate rispetto ai governativi e solo recentemente abbiamo iniziato a gestire questo sovrappeso in maniera più tattica”, commenta Enrico Scarin, head of Mark to Market Portfolios Fixed Income di Generali Investments.

Trattandosi di prodotti a spread e quindi maggiormente sensibili ai tassi reali, l’esperto ricorda che il loro contenuto rialzo abbia sicuramente supportato le aree più rischiose all’interno dell’universo corporate bond. “Attualmente privilegiamo quelle meno legate al rischio tasso quindi nel mercato europeo le BBB, i subordinati investment grade ma anche il mercato high yield”. A tal proposito, Scarin sottolinea che non vi è dubbio che i bond high yield siano ormai considerati una componente core da quasi tutti gli investitori, non solo in virtù del maggiore rendimento atteso, ma anche come possibile leva di asset allocation. “La loro minore sensibilità al rischio tasso è sicuramente una caratteristica da sfruttare ora”, aggiunge.

Anche da BCC Risparmio&Previdenza sposano una view positiva sul mondo high yield, in particolare europeo, e recentemente hanno abbassato la propria esposizione al mondo corporate che era stata la posizione con maggiore high convinction durante lo scorso anno. “Oramai la componente di rendimento intrinseco dell’universo corporate non garantisce una protezione sufficiente per un eventuale rialzo dei tassi, pur essendo l’asset class meno volatile all’interno del mondo fixed income. Sovrappesare l’high yield sta diventando quasi una scelta obbligata”, afferma Daniel Squindo, head of Multimanager Division della SGR. In questo segmento, prosegue l’esperto, la selettività è importante perché il rischio di credito è davvero significativo ed è fondamentale trovare titoli il cui rapporto rischio-rendimento sia interessante. “Preferiamo l’Europa agli USA mentre sul mondo corporate stiamo riducendo le nostre esposizioni, mantenendole nelle aree dove pensiamo ci possa essere ancora valore come, quelle dei subordinati bancari”, aggiunge.

Selettività, ma anche flessibilità, come ricorda Marco Pelissero, head of Portfolio Managers di Banca Patrimoni Sella & C. “In termini allocativi il rischio credito sul mondo investment grade sia USA che Europa non è ben prezzato, quindi da questo punto di vista siamo in deciso sottopeso”, spiega. “Scommettiamo ancora, invece, su tutto quello che ha a che fare con i rendimenti reali e cioè sicuramente l’high yield e i subordinati finanziari, un’asset class che può dare buoni risultati anche in un contesto di tassi al rialzo”, afferma Pelissero. Al loro interno, l’esperto si sofferma poi su alcune nicchie di mercato che possono fare bene in questo momento, come i CMS e i convertibili

In Banca Aletti l’attuale indicazione di asset allocation per quanto riguarda il mondo corporate vede sottopesata la parte investment grade dell’area euro e neutralità per il comparto investment grade USA. “Bisogna considerare che gli spread pagati dal debito corporate investment grade contro i governativi sono ai minimi storici degli ultimi 5-6 anni, dunque questo tipo di investimento presenta un profilo di rischio-rendimento poco attraente”, spiega Ilaria Michelini, fund selector della banca. “Sul segmento high yield ci manteniamo neutrali sia sulla parte euro, che USA anche se ci sono aree selettivamente inserite nei portafogli per il loro fattore supportivo, come alcuni settori ciclici USA o, in area euro i corporate finanziari dove abbiamo extra-rendimento che remunera il rischio di credito”, prosegue. “Anche noi manteniamo una view positiva sulle obbligazioni convertibili, una buona scelta per gli investitori obbligazionari che vogliono conservare il capitale e allo stesso tempo produrre un buon rendimento”, conclude.