I dati sono stati presentati il 7 giugno a Roma. Lo scorso anno si è chiuso con risorse complessive pari a circa 313 miliardi di euro e oltre 12 milioni di soggetti tra iscritti e pensionati.
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Un sistema che regge agli urti di uno scenario con cui “non è facile confrontarsi”. Le parole sono di Francesca Balzani, presidente facente funzione di Covip che, nell’illustrare i numeri del sistema previdenziale a fine 2022, nell’evento che si è tenuto il 7 giugno presso la Sala della Regina della Camera dei deputati a Roma, rimanda a quanto si è delineato sullo scenario internazionale (vedi conflitto in Ucraina) e alla “necessità di operare per accrescere la capacità degli operatori previdenziali di gestione del rischio”. Il 2022 si è chiuso con risorse complessive pari a circa 313 miliardi di euro e oltre 12 milioni di soggetti tra iscritti e pensionati. Nonostante una crescita del numero degli iscritti, tuttavia, le risorse accumulate si attestano a 205,6 miliardi, in calo del 3,6% rispetto all’anno precedente a causa dell’andamento negativo dei mercati finanziari: un ammontare pari al 10,8% del PIL e al 4% delle attività finanziarie delle famiglie italiane.
I numeri
Nel dettaglio dei fondi pensione, Covip al 31 dicembre dello scorso anno censisce 332 entità, suddivise fra 33 fondi pensione negoziali (FPN), 40 fondi aperti (FPA), 68 piani individuali pensionistici (PIP) e 191 fondi pensione preesistenti (FPP). Numeri che, dal confronto con il 1999, danno contezza di una riduzione costante delle forme pensionistiche operanti nel sistema (circa la metà, rispetto a 23 anni prima, quando erano 739).
Sul fronte degli iscritti, si contano 9,2 milioni di individui, in crescita del 5,4% rispetto all’anno precedente, per un tasso di copertura del 36,2% sul totale delle forze di lavoro, suddivisi tra FPN (3,7 milioni), FPA (1,8 milioni), PIP “nuovi” (3,5 milioni) e FPP (650 mila).
Si conferma poi la divisione per generi, con gli uomini che rappresentano la maggioranza degli iscritti alla previdenza complementare (il 61,8%) con un picco del 73% nel caso dei fondi negoziali “nel solco di quel gender gap che si è già manifestato negli anni scorsi”, si legge nella nota diffusa da Covip. Gap che è anche generazionale, con il 48,9% degli iscritti ha età compresa tra 35 e 54 anni, (soltanto il18,8% è sotto i 35 anni) e geografico (il 57,1% degli iscritti risiede nelle regioni del Nord).
Aumentano anche i contributi, che si attestano nell’anno a circa 18,2 miliardi, con una crescita che coinvolge tutte le forme pensionistiche complementari: ne sono affluiti 6,1 miliardi ai fondi negoziali (+4,6%), 2,8 miliardi ai fondi aperti (+7,8%), 5 miliardi ai PIP (+2,4%) e 4,1 miliardi ai fondi preesistenti (+1,5%).
Gli investimenti
Sul fronte degli investimenti, Covip registra la prevalenza della quota in obbligazioni governative e altri titoli di debito, per il 54,6% del patrimonio (il 15,4% sono titoli del debito pubblico italiano). Gli investimenti immobiliari, in forma diretta e indiretta, presenti quasi esclusivamente nei fondi preesistenti, rappresentano circa l’1,9% del patrimonio, sostanzialmente stabili rispetto al 2021. Nell’insieme, il valore degli investimenti dei fondi pensione nell’economia italiana (titoli emessi da soggetti residenti in Italia e immobili) è di 35,5 miliardi di euro, pari al 20,9% dell’attivo, in calo sia in valore assoluto sia in termini percentuali rispetto al 2021 (rispettivamente, 40 miliardi e 22,7%). I titoli di Stato ne rappresentano la quota maggiore attestandosi a 26,1 miliardi.
Rendimenti e costi
La Commissione di vigilanza si sofferma, nella sua analisi, sull’impatto delle turbolenze dei mercati sui rendimenti delle forme complementari. Emerge come le perdite dei comparti azionari si attestino in media all’11,7% nei fondi negoziali, al 12,5 nei fondi aperti e al 13,2 nei PIP. Per le linee bilanciate i rendimenti medi sono stati negativi in tutte le forme pensionistiche: 10,5% nei fondi negoziali, 11,5 nei fondi aperti e 12,3 nei PIP. Di importo non molto inferiore sono anche le perdite subite nell’anno dai comparti obbligazionari. Gli obbligazionari misti hanno perso il 10,3% nei fondi negoziali, il 7,6% nei fondi aperti; gli obbligazionari puri hanno registrato perdite del 3,5% nei fondi negoziali e del 10,9% nei fondi aperti.
Tuttavia, Covip rimarca come “una corretta valutazione della redditività del risparmio previdenziale non può limitarsi ai rendimenti di un solo anno, ma deve fare riferimento a orizzonti più lunghi e coerenti con i vincoli temporali che a esso si applicano in ragione degli obiettivi perseguiti”. Da qui, l’osservazione su un periodo decennale (da fine 2012 a fine 2022), rimanda a rendimenti medi annui composti delle linee a maggiore contenuto azionario, per tutte le tipologie di forme pensionistiche, tra il 4,7% e il 4,9 per cento. Viceversa, le linee obbligazionarie mostrano rendimenti medi vicini allo zero; le linee bilanciate rendimenti medi che vanno dall’1,7% dei PIP di tipo unit linked al 2,7% dei fondi negoziali, al 2,9% dei fondi aperti. In confronto: il tasso di rivalutazione medio annuo del TFR è stato pari al 2,4 per cento.
Casse di previdenza
Nel documento diffuso ieri, Covip richiama anche le novità intervenute con la Legge di Bilancio 2023 per gli enti privati di primo pilastro 2023 (entro il 30 giugno, i ministeri vigilanti, sentita la COVIP, devono definire norme di indirizzo nelle materie di investimento delle risorse finanziarie delle casse, di conflitti di interesse e di depositario, oltre che in tema di informazione nei confronti degli iscritti e di obblighi relativamente alla governance degli investimenti e alla gestione del rischio). Alla fine del 2021, le attività complessivamente detenute dalle casse di previdenza ammontano, a valori di mercato, a 107,9 miliardi, in aumento di 7,2 miliardi rispetto all’anno precedente (7,1%). Dal 2011 al 2021 tali attività sono cresciute complessivamente di 52,2 miliardi di euro, pari al 93,7 per cento. Tenendo conto anche delle componenti obbligazionaria e azionaria sottostanti gli OICVM detenuti, la quota più rilevante delle attività è costituita da titoli di debito, pari a 39,5 miliardi di euro (corrispondenti al 36,6% del totale). La composizione delle attività detenute continua a caratterizzarsi per la cospicua presenza di investimenti immobiliari, che nel complesso (cespiti di proprietà, fondi immobiliari e partecipazioni in società immobiliari controllate) si attestano a 20 miliardi (18,3% del totale). Nel quinquennio 2017-2021 l’incidenza di tale componente è comunque diminuita di 4,5 punti percentuali. Gli investimenti nell’economia italiana (titoli emessi da soggetti residenti in Italia e immobili) ammontano a 40 miliardi di euro, pari al 34,3% delle attività totali di cui la componente immobiliare ammonta a 18,6 miliardi.