Covip: risorse degli enti vigilati pari a 310 miliardi. E nei rendimenti, fondo pensione batte (ancora) TFR

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Ajeet Mestry (Unsplash)

Le risorse dei fondi pensione e delle casse di previdenza superano i 310 miliardi di euro, con una platea di 11 milioni di soggetti (tra iscritti e pensionati) e una prevalenza nell’allocazione degli investimenti indirizzata alle obbligazioni governative e altri titoli di debito. E anche nel 2021 il rendimento dei Fondi Pensione batte il TFR.

È quanto emerso dalla Relazione annuale sull’attività svolta nel 2021 e presentata il 10 giugno dalla Covip.

La dinamica dei fondi pensione

In base ai dati aggiornati alla fine dello scorso anno, il numero dei Fondi Pensione presenti in Italia è pari a 349, nel dettaglio si tratta di 33 fondi negoziali, 40 fondi aperti, 72 piani individuali pensionistici (PIP) e 204 fondi preesistenti. Si osserva, sottolinea la commissione di vigilanza, una “costante riduzione” nel numero delle forme pensionistiche operanti nel sistema: in 20 anni si sono più che dimezzate (nel 1999 le forme erano 739).

Per quanto riguarda i dati sulle adesioni, il totale degli iscritti alla previdenza complementare è di 8,8 milioni, in crescita del 3,9% rispetto all’anno precedente (per un tasso di copertura del 34,7% sul totale delle forze di lavoro); mentre le posizioni in essere sono 9,7 milioni (inclusive di posizioni doppie o multiple, che fanno capo allo stesso iscritto). Nello specifico delle singole forme, i fondi negoziali contano 3,4 milioni di iscritti, quasi 1,7 milioni sono gli iscritti ai fondi aperti e 3,4 milioni ai PIP “nuovi”; circa 620 mila sono gli iscritti ai fondi preesistenti.

Si confermano ancora quest’anno i divari di genere e generazionali: gli iscritti di sesso maschile rappresentano il 61,8% del totale (il 73% nei fondi negoziali); mentre la distribuzione per età vede la prevalenza delle classi intermedie e più prossime all’età di pensionamento: il 50,3% degli iscritti ha età compresa tra 35 e 54 anni, il 31,9% ha almeno 55 anni. Quanto all’area geografica, la maggior parte degli iscritti risiede nelle regioni del Nord (57%).

Risorse, contributi e prestazioni

Le risorse accumulate dalle forme pensionistiche complementari si attestano a 213,3 miliardi di euro, in aumento del 7,8% rispetto all’anno precedente: un ammontare pari al 12% del PIL e al 4,1% delle attività finanziarie delle famiglie italiane. Per parte loro i contributi incassati tornano a crescere ai livelli pre-pandemia: circa 17,6 miliardi, di cui 5,8 miliardi ai fondi negoziali (+5,5%), 2,6 miliardi ai fondi aperti (+12,7%), 4,9 miliardi ai PIP (+6,8%) e 4 miliardi ai fondi preesistenti (+3,1%).

Per quanto riguarda i contributi in capo ai singoli iscritti, questi ammontano mediamente a 2.790 euro nell’arco dell’anno, ma Covip fa notare come il 27,2% del totale degli iscritti complessivi alla previdenza complementare (circa 2,4 milioni) non abbia effettuato contribuzioni nel 2021 e oltre un milione di individui non versi contributi da almeno cinque anni. “Su tale fenomeno, peraltro, incide in misura significativa il meccanismo delle adesioni contrattuali nei fondi negoziali, particolarmente con riguardo a settori, come quello edile, caratterizzati da elevata discontinuità occupazionale”, si legge nella nota con cui la Commissione ha annunciato i. dati 2021.

Come si muove l’investimento

Obbligazioni governative e altri titoli di debito si confermano in testa alle preferenze negli investimenti: circa il 53,7% del patrimonio, in questa percentuale rientra poi un 16,8% di allocazione in titoli di debito pubblico italiano.  Cresce al 22,6% la preferenza per i titoli di capitale (rispetto al 19,6% del 2020) e anche le quote di OICR, passate dal 15,5 al 16%, mentre i depositi si attestano al 6,7 per cento. Gli investimenti immobiliari, in forma diretta e indiretta, presenti quasi esclusivamente nei fondi preesistenti, rappresentano l’1,9% del patrimonio, sostanzialmente stabili rispetto al 2020.

Nell’insieme, il valore degli investimenti dei fondi pensione nell’economia italiana è di 40 miliardi di euro, il 22,7% del patrimonio, di cui la quota maggiore è assegnata ai titoli di Stato (29,6 miliardi) mentre l’investimento in imprese domestiche, seppur in crescita, continua ad attrarre meno preferenze (4,7 miliardi, il 3% del patrimonio).

Rendimenti: fondo pensione batte (ancora) TFR

Il buon andamento dei mercati finanziari nel 2021 si è poi riflesso anche nel settore della previdenza complementare: al netto dei costi di gestione e della fiscalità, i fondi negoziali e i fondi aperti hanno avuto in media un rendimento pari, rispettivamente, al 4,9 e al 6,4%; per i PIP “nuovi” di ramo III, il rendimento è stato dell’11 per cento. Nello stesso periodo il TFR si è rivalutato, al netto delle tasse, del 3,6 per cento.

In 10 anni, il rendimento medio annuo dei fondi pensione negoziali è stato del 4,1%, quello dei fondi pensione aperti il 4,6% e quello dei PIP “nuovi” di ramo III il 5%, mentre è stato del 2,2 per quelli di ramo I. Nello stesso periodo, la rivalutazione media annua del TFR è stata dell’1,9 per cento. Certo è che i PIP restano comunque i prodotti più onerosi. In uno stesso periodo di 10 anni l’Indicatore Sintetico dei Costi (ISC) è in media del 2,18% (1,88% per le gestioni separate di ramo I e 2,34 per le gestioni di ramo III). Mentre si conferma, invece, la minore onerosità dei fondi pensione negoziali: sul medesimo orizzonte temporale, l’indicatore è dello 0,45% e dell’1,36% per i fondi pensione aperti.

Prima indagine conoscitiva sull’integrazione ESG

Nel 2021 la Covip ha inoltre condotto una prima indagine conoscitiva sull’integrazione dei criteri ESG nelle politiche di investimento delle forme pensionistiche complementari. Dall’indagine è emerso che alla fine del 2021 circa il 30% delle forme pensionistiche complementari integra i fattori di sostenibilità nei propri processi di investimento con riguardo ad almeno uno dei comparti offerti. I comparti caratterizzati da una politica di investimento “sostenibile” detengono circa il 26% del totale delle masse gestite dai fondi pensione. Per la maggior parte si tratta di comparti che promuovono caratteristiche ambientali o sociali (“light green”) mentre risultano ancora marginali quelli le cui politiche di investimento perseguono obiettivi di sostenibilità (“dark green”).