Crescita, inflazione e politiche monetarie. L’impatto del conflitto sul posizionamento di Anima

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Lars Schneider (Unsplash)

Le implicazioni della guerra sullo scenario economico e sulle mosse delle banche centrali si portano al centro dell’outlook mensile di Anima. La società ricorda come a inizio 2022 abbia chiuso “il sovrappeso sull’equity per la maggiore incertezza e il sottopeso sulla duration per la portata del sell-off registrato” e come la scelta si sia rivelata “giusta col passare delle settimane”. Lo scoppio del conflitto, però, riaccende i timori su un possibile ribasso della crescita. In tale contesto è opportuna “una prudente osservazione, pronti a modificare il proprio punto di vista in base al mutamento del quadro”.

La crescita

A livello macro, le possibilità che il conflitto abbia una durata più lunga rispetto al previsto ha generato, in primis, un’impennata nel prezzo delle materie prime, dall’energia ai metalli industriali ai prodotti agricoli. Questo ha portato Anima a rivedere le stime di crescita in particolare per l’Europa, che subirà le maggiori penalizzazioni a causa delle strette relazioni con la Russia, mentre l’impatto sugli USA sarà “meno marcato”. Anche sulla Cina gli effetti della guerra saranno “modesti”, scrivono gli esperti, dal momento che “i rapporti commerciali con la Russia saranno mantenuti e la volontà delle autorità di supportare la crescita nel 2022 è evidente”. Lo scenario sulla crescita globale resta costruttivo: “Ci aspettiamo che l’economia sia in grado di assorbire lo shock derivante dalla crisi ucraina, grazie anche agli sviluppi positivi sul fronte della pandemia”.

Salgono le stime sull’inflazione

Anche sull’inflazione Anima rivedere al rialzo le stime per il 2022 “con un picco più alto rispetto a quello precedentemente immaginato e spostato in avanti nel tempo (dal primo al secondo trimestre dell’anno)”. Le previsioni sono comunque per una discesa nel corso dell’anno, in quanto i prezzi delle materie prime, una volta stabilizzati, tenderanno a calare e, al contempo, rientreranno gli squilibri tra domanda e offerta. Un contributo importante arriverà anche dal ridimensionamento dei malfunzionamenti della catena di approvvigionamento globale e dal rientro delle pressioni salariali negli USA.

Politiche monetarie

Il tema più caldo resta quello delle politiche monetarie. Dall’altra parte dell’Atlantico le attese sono per “un rialzo di 25 punti base questo mese e tre ulteriori interventi restrittivi entro il terzo trimestre”. Nella seconda parte dell’anno, però, la FED potrebbe sorprendere con un atteggiamento più “dovish” chiarisce il team di esperti richiamando a supporto di questa previsione il potenziale cale delle pressioni inflattive; un aumento delle divergenze all’interno del consiglio direttivo; e considerazioni di “opportunità politica”.  

Per quanto riguarda la BCE, “a febbraio Christine Lagarde ha segnalato che l’aumento dei prezzi dell’energia è condizione sufficiente per rallentare il Piano di Acquisti, ma occorrono pressioni sui salari per intervenire sui tassi”, scrive Anima. E appunto la riunione BCE di ieri ha confermato questa attesa: Francoforte ha deciso di ridurre gli acquisti di titoli e al momento non tocca i tassi di interesse (il tasso principale resta a zero, il tasso sui depositi a -0,50% e il tasso sui prestiti marginali a 0,25%). “Prima dello scoppio della guerra, ci aspettavamo che la BCE annunciasse una ricalibratura del Piano di Acquisti a marzo e la sua conclusione a settembre, seguita da un rialzo dei tassi solo nel primo trimestre del 2023. Al momento, tuttavia, crediamo che la banca centrale terrà conto dei rischi per l’economia europea derivanti dal conflitto in Ucraina e, pur mantenendo un orientamento favorevole al ridimensionamento degli stimoli, potrebbe decidere di rimandare la normalizzazione della politica monetaria”. Per questo la società conferma la neutralità sull’equity e così pure l’aspettativa di una volatilità elevata. L’esposizione al rischio tassi resta prudente e il giudizio sul dollaro tatticamente costruttivo ma strategicamente neutrale.

Il posizionamento sui mercati obbligazionari

L’obbligazionario continua a essere interessato dalla tempesta e Anima mantiene l’aspettativa di tassi più elevati a fine anno rispetto ai livelli attuali. “Tuttavia, dopo il rialzo dei rendimenti obbligazionari seguente la svolta hawkish delle banche centrali a inizio anno, è stato adottato un orientamento tatticamente neutrale, con conseguenti prese di profitto sui sottopesi di duration. A fronte dello scoppio della guerra, si ritiene opportuno mantenere questo posizionamento”.  Sul fronte delle valute il dollaro è “tatticamente favorito” ma in prospettiva, una risoluzione del conflitto tra Russia e Ucraina in tempi ragionevoli potrebbe “fornire un certo supporto all’euro”.

E quello sugli azionari

Energia e materie prime sono i punti centrali del posizionamento sull’azionario nelle ultime settimane, ma “al contempo è stato necessario ridurre fortemente le banche e dare un’impronta più difensiva ai portafogli (incrementando consumi di base, salute e utilities)”. Per quanto riguarda l’Italia, Anima ha ricondotto il livello di investito nei fondi alla neutralità. Il sottopeso di mid cap ha fornito un importante contributo alla performance del fondo e ora, dopo la correzione, si intravedono opportunità nel comparto. Approccio cauto sulle small cap, in modo da mantenere liquidi i portafogli in un contesto di maggiore volatilità. In termini settoriali, l’orientamento è positivo su finanziari, utilities e tematiche ESG; sovrappeso anche sul settore energy, mentre è in riduzione il peso delle telecom e sugli industriali. Ridotto il sottopeso per i consumi discrezionali tramite acquisti sul lusso.

USA, Emergenti (e Russia)

Nei portafogli dei fondi focalizzati sul mercato azionario americano, non si registrano significative variazioni, con il portafoglio che era già bilanciato in termini settoriali (ciclici/difensivi) e di stile (value/growth). Confermato l’atteggiamento prudente sugli emergenti anche in attesa delle prossime mosse della FED (con unpossibile ulteriore apprezzamento del dollaro). Si conferma la preferenza sul mercato cinese dal momento che, nonostante la politica di tolleranza zero sul Covid abbia influito sui consumi, l’orientamento di politica fiscale e monetaria è più accomodante. Azzerato, infine, il peso sul mercato russo di pari passo con l’escalation delle tensioni geopolitiche.