Criptovalute, la corsa a ostacoli tra volatilità e deregolamentazione

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Aleksi Raisa, Unsplash

Tra eccessi di volatilità e timori legati ai loro potenziali sviluppi, le criptovalute continuano a mantenere l’attenzione dei mercati. Un monito importante sulla regolamentazione del tema è arrivato un mese fa dal presidente di Consob, Paolo Savona, nel discorso in apertura dell’incontro annuale con il mercato finanziario. In quell’occasione Savona, nell’approfondire l’emergenza imposta dalle innovazioni finanziarie, sottolineava come quello in cui si dovranno muovere le autorità di regolamentazione in futuro sia un terreno scivoloso. “L’informatica finanziaria è una lampada prodigiosa dalla quale è uscito il Genio”, ha detto, e “le autorità non riusciranno a riportarlo dentro, perché esso agisce nella sfera immateriale (o infosfera)” ma potranno intervenire soltanto diventando “parti attive dell’infosfera”. Il presidente Consob è tornato sul tema anche a fine giugno denunciando come le criptovalute stiano alterando il mercato del credito e vengano utilizzate “anche per fare contratti derivati”. Il problema paventato è che si ripeta quanto accaduto nel 2008 “quando i contratti derivati si svilupparono fino a raggiungere una dimensione di dieci volte il PIL globale”.

Mentre il 6 luglio, il presidente dell'ABI Antonio Patuelli nell'intervento in occasione dell'assemblea annuale dell'associazione delle banche italiane ha lanciato un monito a porre argini al disordine delle criptovalute, "che valute non sono, e ai fortissimi rischi di illegalità che nascondono".

IL DILEMMA DELLA VOLATILITÀ

I timori riguardano da un lato la volatilità dell’asset. Dall’altro, appunto, l’assenza di regolamentazione o, al contrario, una regolamentazione “spinta”. Un campanello d’allarme in tal senso è arrivato anche da un recente report di UBS, con riferimento al mercato cinese, dove i regolatori sono intenzionati a contrastare il mercato delle cripto, e contestuale suggerimento agli investitori a spostarsi su asset meno rischiosi.

Tuttavia la preoccupazione per l’opacità del fenomeno si è inasprita dall’inizio di quest’anno anche in seguito al clamore suscitato da alcune iniziative (come quando Elon Musk, visionario fondatore di Tesla, aveva annunciato la possibilità di acquistare le auto elettriche con i Bitcoin) e dall’impennata nel valore delle monete virtuali, insieme ai loro repentini crolli. Evidente, a questo proposito, l’andamento del Bloomberg Galaxy Cripto Index al 30 giugno 2021, che dà conto anche visivamente della volatilità dell’asset.

Bloomberg Galaxy Crypro Index (30 giugno 2021)

Secondo quanto riporta Morningstar da metà aprile al 25 giugno 2021, invece, l'indice CMBI Bitcoin, che tiene traccia del prezzo spot della valuta, ha registrato una perdita del 49,1%, ma resta a +11% da inizio anno e in guadagno del 240% dal 28 giugno 2020 allo stesso giorno di quest’anno. Il problema è il rischio di portafoglio. “A più alti valori di esposizione ai Bitcoin – scrive Morningstar – corrispondono significativi aumenti del rischio totale del portafoglio e drastiche impennate della volatilità complessiva. Un peso del 5% dei Bitcoin contribuisce per oltre il 60% al rischio totale del portafoglio e aumenta la volatilità di circa il 70%”.

UNO SPAZIO PER IL PRIVATE EQUITY?

“Quello delle criptovalute è un mondo molto vasto, in cui occorre ‘andare oltre l’etichetta’ e capire cosa c’è sotto”, sottolinea Giulio Casuccio, head of Multi Asset and Investment strategy di Fondaco SGR. Casuccio riporta quanto avvenuto tempo fa con l’ingresso degli hedge fund nel panorama finanziario “era stata realizzata un’etichetta e tutto veniva collocato sotto quell’ombrello. Col tempo si è approfondito il tema, si è capito che comprendeva macro, relative value, long/short equity, caratteristiche diverse insomma. Con le criptovalute sembra si stia verificando un processo simile”. Nonostante il rischio, però, alcune società hanno costruito delle posizioni sulle criptovalute “qualcosa che pesa poco”, ad esempio al settore guarderebbe il mondo del venture capital. “Per il mondo degli investimenti tradizionali si è sollevato l’interesse ma ancora a livelli di investimento prettamente speculativo, non coerente con l’allocazione”, sottolinea Casuccio, che insiste sul fatto che l’interesse “ancora marginale” abbia attratto “investimenti di frontiera, come quelli del private equity”. Lo sforzo sta, adesso, nel creare dei distinguo, insomma, capire quali soluzioni possano avere valore a livello economico e finanziario. Anche se il percorso, conclude il gestore, “è ancora nella fase di interesse intellettuale”.

Quello delle criptovalute si configura ancora come un mercato “decisamente opaco, in quanto non regolato”, è la dichiarazione lapidaria di Andrea Tomaschù, amministratore delegato di Riello Investimenti Partners SGR. “Oltre alla presenza di oscillazioni eccessive e in lassi di tempo molto brevi, nell’ordine di settimane”, il gestore richiama anche le preoccupazioni relativa a di ai temi legati all’aspetto della compliance e dell’antiriciclaggio. “Oggi è un mercato ancora troppo opaco per poter essere inserito in un portafoglio di investimento, anche se può esserci un operatore, come l’hedge fund, che intende investire a titolo speculativo, ma data la situazione attuale, in assenza di normativa e controllo, è ancora troppo presto per approcciare il tema”.

“LA BLOCKCHAIN È QUI PER RESTARE”

E sempre a proposito di volatilità, Moneyfarm ha sottolineato di recente come su questi strumenti sia “inevitabile”. Bitcoin continua a mantenere il primato e il suo crollo delle scorse settimane ha trascinato anche altre valute come Ethereum, Dogecoin. “Data la loro (breve) storia, non è impossibile immaginare che il prezzo di Bitcoin o Dogecoin possa salire di nuovo, come già successo in passato”, ha dichiarato Michele Morra, portfolio manager di Moneyfarm. Il problema, sottolinea Morra, è soprattutto la difficoltà di individuare quando sarà il prossimo picco. Certo, “questo vale per qualsiasi asset rischioso, incluse le criptovalute, ma pochi sono paragonabili al Bitcoin in termini di imprevedibilità. La volatilità fa parte degli investimenti, che si tratti di criptovalute o titoli di Stato”. A questo si somma, poi, il tema della deregolamentazione. “Come per qualsiasi attività di trading, le criptovalute richiedono perseveranza, abilità e fortuna: è un’attività da non raccomandare alla maggior parte delle persone, neanche con una quota marginale dei propri risparmi. Per chi, invece, fosse interessato a investire nella blockchain con una logica di lungo termine, il consiglio è mantenere un portafoglio diversificato per compensare eventuali perdite derivanti dalle criptovalute”, prosegue Morra. La blockchain è appunto il centro nevralgico di questo sviluppo. “La blockchain probabilmente è qui per restare”, afferma il portfolio manager, “ma non possiamo prevedere se lo saranno anche Bitcoin, Ethereum o altri coin e non siamo affatto sicuri che il loro prezzo continuerà a crescere più di quello di altre asset class (come l’azionario)”. Da qui uno sguardo a quello che riservano i prossimi anni (o mesi). “Naturalmente, non escludiamo di investire in criptovalute in futuro. L’attuale livello di volatilità probabilmente si calmerà man mano che la tecnologia blockchain si integrerà nella società come molti si aspettano. Per ora, però – conclude Morra –, la volatilità associata alle criptovalute pone questi asset al di fuori del nostro range accettabile”.