Sui mercati cinesi ieri nuovo crollo del 7% in meno di 30 minuti di negoziazione. La Banca centrale cinese ha sospeso il sistema automatico di blocco delle contrattazioni. Ecco cosa è successo nelle parole degli esperti.
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La Banca centrale cinese ha sospeso il sistema automatico di blocco delle contrattazioni, ridando così una temporanea fiducia agli investitori, dopo le tensioni vissute sui mercati nei giorni scorsi. Il mercato delle azioni, infatti, ha chiuso la sessione di giovedì con un altro crollo: stavolta del 7% dopo meno di 30 minuti di negoziazioni. Cosa che ha nuovamente attivato il meccanismo automatico dello stop alle operazioni. È la seconda volta quest'anno che le autorità cinesi si vedono obbligate ad attivare il protocollo di circuit breaker messo in moto questo stesso anno, finora senza buoni risultati. I mercati di Shanghai e Shenzhen sono rimasti chiusi durante il resto della giornata. L'indice CSI 300 è sprofondato a -7,2%, fino a 3,384,74 punti, un crollo simili a quello registrato dall'indice Shangai Composite, che è sceso fino ai 3,115,89 punti. In sole quattro sessioni, il mercato ha perso il 10% dei guadagni raggiunti nel 2015.
L'autority di Pechino ha prorogato le restrizioni alla vendita dei titoli di grandi azionisti cinesi a un massimo dell1% del totale delle azioni di una società. I grandi azionisti (proprietari del 5% o più del capitale di un'azienda) non potranno liberarsi di oltre l'1% del totale nel lasso di tre mesi, e inoltre saranno obbligati ad annunciare al mercato i loro piani per farlo con almeno 15 giorni di preavviso, secondo quanto riferiscono le agenzie di stampa. La pressione delle vendite registrate ieri in Cina è aumentata in linea con il deprezzamento dello yuan che ha toccato il suo livello più basso dal febbraio 2011. La crisi del mercato cinese sta colpendo i titoli azionari delle borse europee. L'EuroStoxx 50, l'Ibex 35, il DAX, il CAC 40, il FTSE 100 e il FTSE MIB stanno soffrendo tutti dei cali consistenti.
Cos'ha provocato la correzione in Cina?
Secondo Eric Chaney, chief economist AXA Group & head of research AXA IM "tra i soliti sospetti ci sono l’indice PMI cinese (Caixin) sotto tono, la scadenza del divieto sulle vendite allo scoperto imposto dalle autorità cinesi agli azionisti di maggioranza durante la fase di turbolenza dei mercati azionari dello scorso anno, e l’intensificarsi delle tensioni geopolitiche in Medio Oriente provocate dalla crisi tra Iran e Arabia Saudita. Il mio collega Aidan Yao è scettico sui fattori idiosincratici cinesi. E lo sono anch’io. L’indice PMI Caixin è sceso leggermente dal 48,6 di novembre al 48,2 di dicembre, ma il potere previsionale degli indici PMI Caixin e NBS ufficiale è stato pessimo dal 2012, per esempio la crescita della produzione industriale si è attestata intorno al 6,2% a novembre nonostante entrambi gli indici PMI sembrassero 'in contrazione'. Inoltre, il divieto sulle vendite allo scoperto dovrebbe scadere venerdì (8 gennaio), e questo si sapeva sin dall’inizio. La forte volatilità potrebbe convincere le autorità cinesi a prolungare il divieto per un altro paio di mesi".
In generale, secondo l'esperto, "l’indice MSCI China scambia su multipli bassi (intorno o inferiori a 10), pertanto dal punto di vista delle valutazioni, il mercato cinese sembra interessante. Eppure, la volatilità implicita e l’incertezza generata dai tentativi delle autorità di arginare il problema dovrebbero scoraggiare gli investitori prudenti. Lasciamo che siano gli investitori molto audaci a scommettere su una rivalutazione".
E proprio sul fronte di chi investe, secondo Vanessa Donegan, responsabile azionario Asia di Columbia Threadneedle Investments, "gli investitori privati, che rappresentano oltre l'80% degli scambi sui mercati azionari continentali, potrebbero cercare una scusa per prendere profitti dalle loro posizioni dopo che l’indice delle azioni quotate del continente, il CSI 300, ha avuto un rally di oltre il 30% dai minimi di agosto, mentre l’indice ChiNext ha conseguito uno spettacolare guadagno del 85% nel 2015". Se ieri le negoziazioni si sono fermate, "le azioni cinesi quotate a Hong Kong, dove non c'è alcun regolamento in essere, hanno esteso le perdite dopo la battuta d'arresto nelle borse continentali. Gli investitori potrebbero aver tentato di usare Hong Kong per coprire le loro posizioni. Se questa tendenza persiste, può generare nuove opportunità perchè le azioni cinesi quotate a Hong Kong vengono scambiate a sconti significativi".
Il circuit breaker funziona?
Per Mo JI, strategy and economic research di Amundi, "i timori sul mercato sono esagerati, tuttavia non si sta esagerando sulla causa di tali timori. Non pensiamo che il circuit breaker diventerà la nuova normalità per gli investitori A- share. Tuttavia il meccanismo necessita di miglioramenti. Inoltre riteniamo che per questa settimana il RMB sia il fattore chiave per le correzioni del mercato, dove la Banca Popolare della Cina (PBOC) è protagonista con le azioni sulla valuta. Pensiamo che si tratti di una politica macroeconomica appropriata per questa congiuntura economica caratterizzata da ampi spread e svalutazioni globali, dopo il rialzo dei tassi della Fed del 16 dicembre scorso".
L'autorità cinese "ha affermato che apporterà dei miglioramenti al meccanismo di interruzione delle negoziazioni. Questo tipo di interruttori automatici sono stati adottati da uno svariato numero di Paesi, tra cui Stati Uniti, Corea del Sud e Giappone, che nel loro complesso hanno ottenuto buoni risultati in termini di stabilità del mercato". Nel complesso la società di gestione mantiene la stessa visione: "l’economia cinese si sta consolidando in una forchetta e nel 2016/2017 funzionerà da stabilizzatore per l’economia globale. Quindi ci aspettiamo volatilità nel mercato nel corso dell'anno".