Anteprima del Global Attractiveness Index 2021, elaborata per Aviva Assicurazioni da Ambrosetti. l’Italia eccelle nel campo della sostenibilità ambientale ma è ancora indietro sul fronte della sostenibilità sociale.
Una maggiore inclusione di donne e giovani nel mercato del lavoro avrebbe un impatto “monstre” sui consumi del nostro Paese, che crescerebbero di circa 47 miliardi di euro ogni anno. Il dato emerge nell’anteprima diffusa da Aviva Assicurazioni, della nuova edizione del Global Attractiveness Index (GAI) 2021, realizzato da Ambrosetti - The European House che misura l’attrattività di un Paese attraverso una serie di indicatori, principalmente quantitativi, secondo una doppia prospettiva: interna, intesa come capacità di trattenere le risorse presenti sul territorio; ed esterna, intesa come capacità di attrarre nuove risorse dall’estero. Lo studio integrale sarà presentato a Cernobbio a settembre e, come indicato da Aviva e Ambrosetti, evidenzia l’eccellenza italiana sul fronte della sostenibilità ambientale e, al contempo, i forti ritardi in tema di sostenibilità sociale.
Nel dettaglio, sottolinea il report, con un tasso di occupazione femminile in linea con Francia, Germania e Spagna, i consumi del Paese crescerebbero di 36 miliardi, per arrivare a 42 miliardi se si chiudesse il gap salariale tra i due sessi (le paghe femminili, a parità di livello, sono mediamente inferiori). A questi bisognerebbe aggiungere altri cinque miliardi di euro nel caso in cui alla conta fossero aggiunti anche i giovani NEET (neither in employment nor in education or training) ancora lontani dal mondo del lavoro.
L’ONDA LUNGA DELLA PANDEMIA
Il dato segnalato nello studio risente anche dell’effetto della pandemia sull’ecosistema lavorativo italiano. Soltanto lo scorso anno la popolazione di lavoratrici è calata di 2,7 punti percentuali, mentre quella di inattive ha visto un aumento di 3,7 punti. Ancora più evidente lo scostamento degli under 34, la cui partecipazione alla forza lavoro è scesa di un ulteriore 8 per cento.
Un dato allarmante arriva anche dalle classifiche del GAI sulla sostenibilità sociale. L’Italia si classifica 31^ per proporzione di seggi parlamentari occupati da donne, preceduta, tra gli altri, da Emirati Arabi, Messico e Sudafrica. Si cala di 28 posizioni riguardo alla proporzione di donne adulte con almeno un titolo di studio secondario (59° posto), preceduti da Uzbekistan e Kazakistan. Il dato più preoccupante resta la partecipazione alla forza lavoro della popolazione femminile, dove l’Italia occupa il 123° posto sui 144 analizzati dal GAI.
SOSTENIBILITÀ SOCIALE “FONDAMENTALE” PER RAGGIUNGERE OBIETTIVI ECONOMICI
Il tema della sostenibilità sociale e dell’inclusione è ormai un fattore determinante per raggiungere il successo e gli obiettivi economici, secondo Arianna Destro, chief customer officer e membro del Management Commitee di Aviva Assicurazioni: “Per risolvere il problema della scarsa sostenibilità sociale è fondamentale rafforzare la collaborazione fra pubblico e privato”, afferma Destro, che indica come la creazione di una maggiore inclusione nel mondo del lavoro e l’adozione di politiche che supportino le donne, i giovani e le famiglie sarebbero “condizioni necessarie per rendere il Paese più attrattivo nel suo complesso e allo stesso tempo permettere alle aziende di rimanere competitive sul mercato globale”. “Noi di Aviva – prosegue la CCO – siamo fermamente convinti che mettere in campo politiche e iniziative di questo tipo sia strategico per ogni azienda, sia con l’obiettivo di motivare maggiormente i collaboratori, migliorando la loro soddisfazione complessiva, sia per rendere ogni business solido e resiliente”.
Anche il premier Mario Draghi ha indicato nella lotta al gender gap una “priorità” per il Paese. L’Italia investirà oltre sette miliardi per finanziare il contrasto alle disuguaglianze sociali e di genere. Secondo quanto riporta l’anteprima dello studio, “l’intervento pubblico da solo non è sufficiente: è necessaria una stretta collaborazione con il settore privato, che in Italia rappresenta l’85% della forza lavoro totale con 21,6 milioni di impiegati”.