Il debito pubblico globale è aumentato di un sesto solo nel 2020. L'Italia non è da meno. La pandemia ci costerà parecchio, in attesa dei fondi europei.
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Guardare al futuro, partendo dal passato, è sempre buona cosa. Soprattutto quando si parla di conti pubblici. Il debito pubblico globale è aumentato di un sesto nel 2020. Secondo la prima edizione del Sovereign Debt Index di Janus Henderson, sono stati accumulati otto anni di debito per finanziare la lotta alla pandemia. Una quota maggiore, per intenderci, di quella che era stata necessaria per sostenere l’economia all’indomani della crisi finanziaria globale.
L’Italia non è da meno. Anzi. In linea con il trend osservato nell’Unione europea, il debito pubblico del Paese è più che raddoppiato negli ultimi 25 anni e ammonta a 3.196 miliardi di dollari. L’Italia è inoltre il secondo Paese più indebitato rispetto alle dimensioni della sua economia, con un rapporto debito/PIL pari al 159%.
Il costo del Covid in Italia
La pandemia ha di certo contribuito ad innalzare il livello di debito. Nell’ultimo report sulla view d’investimento, Eurizon prova a fare qualche calcolo a riguardo, partendo dall’ultimo DEF aggiornato, che permette di misurare l’effetto Covid sulle finanze pubbliche italiane. “Nel 2019 lo Stato italiano aveva registrato entrate per circa 845 miliardi di euro, scese a 790 nel 2020 e previste risalire a 805 quest’anno, grazie alla ripresa economica già iniziata, per quanto debole. Il grosso dell’impatto si è avuto, però, dal lato delle spese. In un anno ‘normale’, come il 2019, lo Stato aveva speso circa 810 miliardi, al netto degli interessi sul debito pubblico. Nel 2020 le uscite sono salite a 890 e sono previste a 955 miliardi nel 2021”.
Per gli esperti, l’effetto combinato di minori entrate e maggiori uscite è costato circa 130 miliardi nel 2020 e ben 180 quest’anno. “A partire dal 2022 le entrate dovrebbero ritornare ad un livello normale in rapporto al PIL, superando i livelli 2019 in valore assoluto. Ma le uscite resteranno sopra i livelli 2019, anche in rapporto al PIL, per tutto il periodo coperto dal DEF. Combinando i due effetti possiamo cifrare il ‘costo’ totale del Covid per il periodo 2020 – 2024 in circa 510 miliardi di euro, in valore assoluto e, con maggiore precisione analitica, in circa 28 punti percentuali di PIL".
Il ruolo cruciale dell’Europa
Fortunatamente, come si legge pure nell’ultimo Osservatorio sui conti pubblici redatto da Carlo Cottarelli, anche quest’anno le istituzioni europee coprirebbero interamente il deficit e assorbirebbero quasi metà del fabbisogno lordo di finanziamento, principalmente grazie agli acquisti di titoli di Stato da parte della BCE. Per Eurizon l’assistenza della Banca centrale è infatti cruciale. L’impatto più importante è l’acquisto di titoli. “Dall’inizio del QE, nel 2015, la quota di debito detenuto dalla BCE, attraverso la Banca d’Italia, è salita da 100 a 600 miliardi. Gli investitori domestici hanno tenuto una quota stabile di 900 miliardi, gli stranieri 700. Di fatto tutto il debito emesso dal 2015 è stato sottoscritto, indirettamente sul mercato secondario, dalla BCE/ Banca d’Italia. E questo non è un regalo all’Italia. Il QE è la prassi che tutte le banche centrali hanno adottato per uscire dalla crisi finanziaria del 2008”.
Con la pandemia, poi, c’è stato anche un cambio di passo fondamentale: l’Eurozona è passata dal patto di stabilità ad una politica di espansione, anche attraverso uno strumento come il Recovery Fund. Tradotto in Italia con il Piano nazionale di ripresa e resilienza. “Gli investimenti che saranno realizzati tra quest’anno e il 2026 nello schema del PNRR avranno un ruolo importante nel completare l’uscita dalla fase di emergenza creata dalla pandemia, ma soprattutto per aumentare la crescita potenziale del paese nel medio / lungo periodo”, spiega Andrea Conti, responsabile Macro Research di Eurizon. “Peraltro parte della divergenza tra i conti pubblici pre pandemia e quelli programmatici definiti nell’ultimo DEF già tengono conto delle spese da PNRR e non solo unicamente effetto del Covid. Con l’investimento dei fondi PNRR si passa al concetto di debito 'buono', quello finalizzato a migliorare la crescita potenziale, uscendo dalla fase del debito 'emergenziale', per quanto doveroso e inevitabile, del biennio 2020/2021 finalizzato a contenere gli effetti macro della pandemia”.