Decorrelazione tra Paesi per una migliore diversificazione del portafoglio

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Ciò che rende unici i prodotti unconstrained è il fatto che questo tipo di strategie sono in grado di sfruttare appieno tutte le opportunità offerte dall’andamento dei mercati e di esaltare la capacità del gestore di generare alpha. L’approccio “non vincolato” assicura, infatti, un assoluto margine di manovra al fund manager, come per il VanEck – Uncostrained Emerging Markets Bond UCITS. A spiegarlo a Funds People è Eric Fine, portfolio manager Emerging Markets Fixed Income strategy di VanEck, il quale illustra il processo di investimento del fondo.

“Una delle cose interessanti di questo prodotto è certamente il fatto di essere unconstrained. L’asset allocation del portafoglio è il risultato del nostro approccio bottom-up obbligazionario. Svolgiamo quindi tre step

  • analizzare dati fondamentali normalizzati, dove la normalizzazione degli stessi è misurata attraverso la standard deviation;
  • confrontare tali fondamentali col premio al rischio, il quale se paga tassi interesse alti rispetto a quelli di altri Paesi, con lo stesso score e appunto gli stessi fondamentali, ci investiamo. Un premio al rischio elevato relativo ai fondamentali quindi; 
  • una serie di test come quello sulla volatilità, sulla correlazione e sulle politiche di policy. Se tali test vengono approvati allora effettuiamo gli investimenti”. 

Vi sono inoltre due test addizionali, un country test che individua se il Paese sia quello idoneo per una determinata corporate, e un government test che valuta se questo sia positivo per una determinata impresa oppure no. “Utilizziamo la nostra flessibilità attraverso questi step che si adattano a seconda del possibile investimento analizzato”, afferma Fine.

Asset allocation

A detta del gestore, nel 2017, la migliore idea di investimento era rappresentata dal Messico, soprattutto dopo le elezioni tenutesi negi Stati Uniti. “Il Messico si è rivelato il nostro miglior investimento nel 2017. Il portafoglio non aveva esposizione sul peso messicano in vista delle elezioni statunitensi alla fine del 2016, quando tale valuta ha risentito di un sell-off che il team considerava eccessivo. All’inizio del 2017 il fondo ha ritenuto che, nonostante le rinegoziazioni del NAFTA avrebbero inciso negativamente sul Messico, l’evento era già stato ampiamente scontato dai mercati messicani. In seguito, il Paese ha mostrato una ripresa, non tanto dovuta ai buoni sviluppi del 2017, ma piuttosto alla correzione di una reazione eccessiva del mercato. Si noti, tuttavia, che attualmente manteniamo un approccio prudente/di preoccupazione sul Messico”, spiega Fine.

La seconda migliore idea di investimento del 2017 è stata l’Argentina. Come dettaglia il gestore, “il fondo ha mantenuto una forte esposizione sull’Argentina negli ultimi sei anni e nessun particolare nuovo sviluppo ha pertanto destato grande eccitazione nel corso del 2017. In generale, il Paese è stato caratterizzato da un governo che ha attuato riforme macroeconomiche e strutturali, in una prospettiva politica ortodossa. Il mercato ha finito col dargli ragione ogni anno, negli ultimi anni, offrendo prezzi più elevati nel debito argentino e il 2017 non è stato un’eccezione. Finora, il 2018 si sta rivelando invece un’eccezione. L’Argentina ha sofferto, ma il team crede che il proseguimento di un percorso politico ortodosso e il programma dell’FMI che offrirà assistenza finanziaria al Paese contribuiranno a stabilizzare i prezzi delle obbligazioni argentine”.

Uruguay, Ucraina e Indonesia seguono nella classifica dei migliori investimenti. Fine spiega come l’Uruguay ha risentito di un insolito sell-off della sua valuta che il team ha ritenuto fosse ingiustificato e ne ha tratto vantaggio stabilendo una posizione. “L’Ucraina ha in qualche modo attuato il suo programma FMI e la sua economia si è stabilizzata. L’Indonesia deteneva alcune obbligazioni societarie nel settore del carbone molto deboli nonostante la persistente forza dei prezzi del carbone e il team ha sfruttato questa deviazione. Si tratta di Paesi decorrelati tra loro, e ciò è positivo ai fini della nostra diversificazione in portafoglio. Credo che alla fine del ciclo non si ricerchi correlazione e beta, ma idiosincraticità catalizzatori”, spiega l’esperto.

Ma cosa è cambiato nel portafoglio nel 2018? Fine dettaglia i principali cambiamenti (sottopesi e sovrappesi) nel 2018:

1) Il fondo detiene attualmente molte più obbligazioni denominate in USD, dove vede grandi opportunità. “Abbiamo analizzato vari Paesi caratterizzati da uno scenario di aumento dei tassi d’interesse, quindi tutto è stato messo sotto pressione... ma molti stanno superando il test e stanno reagendo al più duro scenario finanziario, con rendimenti compresi in un range del 7-10% (in USD!). L’Ecuador, El Salvador, la Mongolia, l’Angola, il Ghana e soprattutto l’Argentina hanno accelerato le riforme in risposta al più duro contesto globale dei finanziamenti. In particolare, questi Paesi si stanno avvicinando ai creditori ufficiali internazionali come l’FMI e, nel caso dell’Argentina, la portata dell’accordo indica che l’FMI sta concedendo finanziamenti al Paese tali per cui l’Argentina non avrà bisogno di emettere nuove obbligazioni in USD per i prossimi due anni”.

2) Il fondo ha attualmente molta meno esposizione verso la valuta locale. “L’aumento dei rendimenti negli Stati Uniti ostacola i prezzi delle obbligazioni, costituisce un rischio per l’economia statunitense e globale che ha ripreso a indebitarsi e va a vantaggio del dollaro US. Le preoccupazioni relative alla trade war rimarcano tali rischi, in quanto le rettifiche valutarie sono la più ovvia risposta alla pressione commerciale. Attualmente, l’indebolimento della valuta locale rappresenta un elemento negativo per il mercato obbligazionario di quella valuta locale... ma consentendo alla valuta di indebolirsi, uno stato preserva le sue riserve di valuta forte. In altre parole, tale ‘politica di non intervento’ su una valuta preserva le riserve, aumentando la capacità di ripagare il debito USD. O se vogliamo, ciò che è negativo per la valuta di uno stato è spesso positivo per le sue obbligazioni in dollari US e un fondo misto come il nostro (che investe in valuta locale e debito dei Paesi emergenti in USD) trae pieno vantaggio da tale contesto”.

3) Tuttavia, Fine pone l’attenzione su ciò in cui il team non investe. “Il fondo rivela preoccupazione in merito ad alcuni Paesi emergenti che si dà il caso rappresentino importanti componenti degli indici e dei portafogli obbligazionari dei mercati emergenti. Evitiamo i titoli di Stato in valuta locale e USD in Turchia, Messico, Brasile e altre principali componenti dell’indice. Questi Paesi non superano il test di un più duro contesto finanziario globale e sono spesso in portafoglio perché sono grandi costituenti dell’indice. Nel corso di questa ultima fase del ciclo economico globale, il team desidera idiosincrasia, non correlazione e beta. Vogliamo svegliarci al mattino e pensare all’Ecuador o all’Argentina, non all’ultimo discorso del presidente della FedJay Powell, ed è questo ciò che stiamo facendo”.

4) “Nel complesso, ciò si traduce in un portafoglio costituito all’85% circa da USD, che genera un carry di circa l’8% e con una duration di 4,5”, conclude il fund manager.