Valutazioni alle stelle e correlazione fra asset class, quale futuro per la gestione attiva?

FundsPeople

Strapotere delle Banche centrali e guerra sui costi nell’industria dell’asset management sono i due principali elementi che hanno messo sotto scacco la gestione attiva nel corso degli ultimi anni, determinando una crescita esponenziale dell’utilizzo di strumenti indicizzati. L’active management si è ritrovato, in maniera più o meno netta a seconda delle singole strategie considerate, a dover ripensare sé stesso e il proprio ruolo nel portafoglio degli investitori. Ad aggiungersi agli elementi si sfida la crisi sanitaria che ha impattato e continua ad impattare sui mercati.

Questo il punto di partenza della conferenza “Virus e mercati, dove guarda la gestione attiva” che nel contesto della Morningstar Investment Conference Italy 2020 ha messo a confronto Luciano Diana, senior investment manager Thematic Equities di Pictet Asset Management e Alberto Gallo, portfolio manager Algebris Global Credit Opportunities">Algebris Global Credit Opportunities, per comprendere il perimetro di azione dell’active management nell’attuale contesto di crisi causato dalla pandemia da Covid-19.

Trend in accelerazione

La visione dei due esperti parte da un punto comune: la diffusione su scala globale del Coronavirus sta determinando l’accelerazione di tendenze già in atto precedentemente. Ci troviamo dunque di fronte ad un cambio di prospettiva solo parziale causato dalla velocità del cambiamento piuttosto che dalla sua direzione.

“Dal lancio di esteso programmi di quantitative easing l’economia è risultata progressivamente sempre più controllata dalle Banche centrali fino a fare di BCE e Fed la sola determinante dei comportamenti degli investitori”, analizza Gallo. “Con la pandemia i policy makers sono andati verso nuovi limiti di stimolo e questo ha comportato un ulteriore aumento del comportamento estremo dei mercato nel seguire tali stimoli”. La conseguenza è un ulteriore rafforzamento della correlazione fra risk free assets e asset di rischio causata da oltre 10 anni di iniezioni di liquidità da parte delle Banche centrali da cui discende l’impossibilità di utilizzare schemi ritenuti validi su base storica. Seconda conseguenza fondamentale, l’aumento degli effetti sui mercati degli eventi di coda. “Se tutti ballano con la stessa musica, quella delle Banche centrali”, afferma Gallo, “le reazioni sono molto più uniformi, il che spiega episodi di carenza di liquidità su determinati comparti nel momento in cui si grandi quantità di investitori provano ad uscire nello stesso momento”.

La stessa conclusione sulla necessità di guardare con occhi nuovi ai mercati è raggiunta per quanto riguarda il mercato azionario da Diana, in particolare relativamente al rapporto tra growth e value e al tema delle valutazioni. “Siamo molto scettici circa una rinascita del value in un prossimo futuro”, premette l’esperto, “poiché l’attuale contesto porta verso una ulteriore accelerazione della rivoluzione tecnologica, che a sua volta, a causa degli effetti deflattivi ad essa connaturati, determinerà un rallentamento della crescita globale e dunque valutazioni in ulteriore ascesa per quelle società in grado di crescere nonostante il quadro complessivo”. In sostanza, valori incomprensibili da un punto di vista storico/statistico trovano la loro giustificazione nel momento in cui si è in grado di osservarli attraverso le lenti della disruption.

Investire guardando al futuro

È in questa necessità di visione prospettica che la gestione attiva trova la sua più forte ragion d’essere nella visione che Gallo e Diana applicano alle rispettive asset classes di specializzazione.

“Oggi è necessario costruire i portafogli in modo diverso rispetto al passato”, dichiara Gallo. “Abbiamo scelto un approccio barbell”, spiega relativamente alla strategia Algebris Global Credit Opportunities, “rinunciando ai risk free assets in favore del cash. I mercati impongono nella fase attuale di essere molto attivi da un lato e dall’altro di essere estremamente selettivi nell’individuazione di ciò che inseriamo in portafoglio”. Aumentare la profondità della ricerca e i contatti diretti con tutti i player che posso influire sugli andamenti di ogni singola posizione risulta dunque fondamentale. Due elementi principe della gestione attiva.

Per quanto riguarda il mondo azionario, la view di Diana poggia, da un punto di vista concettuale, sulla prosecuzione dell’appetito per una disruption portatrice di cambiamenti non lineari nel panorama economico e finanziario. “Siamo in presenza di valutazioni mai viste in precedenza ed è ovvio che gli investitori debbano chiedersi quanto sia giusto pagare per partecipare del potenziale di crescita associato alla disruption. Per questo motivo abbiamo iniziato a guardare più lontano, portando le nostre prospettive a 10 anni. Solo con ipotesi di crescita ragionevoli in questo orizzonte temporale possiamo ora decidere di investire”. “Ciò che è assolutamente necessario evitare in questo momento”, conclude Diana, “è investire in titoli che possono sembrare a buon mercato ma che non saranno in grado di migliorare perché non partecipano del fondamentale trend dell’innovazione”.

Anche da Gallo arriva il medesimo ammonimento declinato sul contesto obbligazionario, con in più un’aggiunta specifica. “Ci muoviamo verso la preminenza della politica fiscale su quella monetaria. Questo porta da un lato a possibili movimenti di normalizzazione dei tassi di interesse e dall’altro al paradosso per cui potrebbe essere necessario preferire aziende 'deboli' in Stati 'forti', in grado cioè di mettere in atto ingenti politiche di sostegno all’economia in questa fase tanto complessa, piuttosto che aziende 'forti' in Stati 'deboli', in balia cioè degli effetti della crisi globale per l'impossibilità di aumentare la spesa”.