Dividendi e Unione Bancaria, le opportunità dai finanziari

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Borse sui massimi e rendimenti obbligazionari ai minimi. La straordinaria decorrelazione guidata dalle banche centrali comporta un approccio alla diversificazione del portafoglio con prodotti e gestioni sempre più competenti in determinate nicchie. “Seppur regnino incognite ancora rilevanti sulla crescita globale, e si debba tener conto delle stringenti maglie dagli organismi regolatori così come delle persistenti pressioni sul credito, il percorso dei finanziari è tutt’altro che esaurito” spiega Massimo Figna, portfolio manager di Tenax Capital entrato lo scorso autunno nella galassia dei fondi di Banca Generali, orientato nella ricerca e gestione relativo al segmento finanziario. Il gestore sottolinea infatti come il comparto dei finanziari possa vantare una serie di elementi catalizzanti che ne fanno un osservato speciale per il prossimo futuro. 

Quali sono le caratteristiche che più la convincono dei finanziari?

Sono diverse: un primo aspetto riguarda la capacità dell’industria di generare ritorni molto interessanti in un momento in cui la dinamica dei tassi resta particolarmente debole. Sullo sfondo abbiamo oltre un terzo delle emissioni a breve termine governative con rendimenti negativi e non dimentichiamo invece che il  livello di ritorno dalle cedole del settore finanziario è significativamente più alto con un divario che si allarga per i payout  ratios più elevati. La media del dividend yield del portafoglio selezionato è di circa il 4% contro appunto cedole governativi che anche nelle scadenze più lunghe, a 5 anni, rendono anche meno dell’1%. Ovviamente non tutte le banche o assicurazioni sono in grado di generare questi risultati ed è quindi fondamentale l'esperienza del gestore nel trovare i finanziari più adatti per qualità della cedola e la sua sostenibilità nel futuro.

Lei ha coniato la celebre formula EMU uguale EBU a sottolineare l’importanza dell’unione bancaria nel confronto con quella monetaria, in cosa ravvisa ottimismo?

Proprio questa correlazione implicitamente svela le prospettive promettenti. L'Unione monetaria avvenuta nel 1999 ha avuto infatti una rilevanza sulla vita  e sugli investimenti pari a quella che in futuro avrà  infatti l’Unione Bancaria. Per comprendere la portata di questa transizione bisogna pensare a una formula immediata e incisiva come EMU (European monetary union) = EBU (European banking union). In parole povere stiamo vivendo per il Vecchio Continente, i suoi cittadini, e le sue banche, un cambio epocale paragonabile all’arrivo dell'Euro. Lo scorso novembre abbiamo dunque assistito a un avvenimento importante nella storia dell’Europa che nei prossimi anni avrà un impatto non  indifferente sull’economia reale. L'Unione Bancaria porterà, infatti, a minori squilibri nel sistema, una crescente fiducia tra gli investitori sulla trasparenza e le dinamiche competitive transnazionali, oltre ad una maggiore chiarezza in tema di capitalizzazione. Grazie a questa scelta politica gli investitori internazionali potranno  sapere in modo più oggettivo quanto capitale i diversi  istituti dovranno detenere e, di conseguenza, chi avrà meno  la possibilità di retribuire i propri azionisti. Elemento da non sottovalutare in un periodo in cui non sono ancora chiare le dinamiche di ripresa e di persistenti bassi tassi.

Quali tipo di banche guarda con maggiore attenzione?

Bisogna sapere riconoscere l’aspetto della divaricazione delle performance. Ovvero all'interno del panorama bancario avremo in prospettiva, da un lato, titoli capaci di offrire cedole appetibili e sostenibili nel tempo grazie ai flussi di cassa e alla capacità di produrre profitti. Dall’altra invece ci saranno realtà, medio-piccole, che vivranno un lento processo di stagnazione e non saranno in grado di essere competitive. Per questo assisteremo a una lenta ma graduale divaricazione delle performance tra titoli che beneficiano di un trend positivo e titoli che stentano. Il tutto favorirà quindi un processo di consolidamento con ulteriore appeal sul comparto.  

Qual è quindi la sua strategia di gestione? 

Le nostre considerazioni sono delineate nella strategia del fondo flagship che presenta un track-record nell'arco del decennio con una volatilità pari alla metà di quella del  mercato azionario e simile a quella di un obbligazionario. L'Hedge Fund ha correttamente anticipato la grande correzione del 2008 e ha sovraperfomato l’indice globale  di categoria (HFR Global) ed azionario nel decennio grazie ad  un'ampia diversificazione geografica e alla capacità di  riconoscere la divaricazione delle performance. In pratica, combiniamo una selezione di azioni in un determinato contesto di mercato. La rilevanza dell'industria finanziaria rappresenta un opportunità che crediamo possa interessare diversi risparmiatori che prestano attenzione alla bassa volatilità e alla tutela nel lungo periodo di una parte del portafoglio.  Banca Generali ha infatti scelto la nostra strategia da introdurre in BG Sicav col comparto Tenax Global  Financial Equity Long Short.