Ecco perché investire in small e mid cap

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Joey Rozier, Flickr, Creative Commons

Le riprese economiche globali sono spesso e volentieri un bene per i mercati azionari. Le attese di futuri investimenti in infrastrutture e nel settore manifatturiero, e le anticipazioni di mercato circa le opportunità di investimento legate alle eventuali politiche fiscali di Trump, hanno infatti favorito uno scenario di ripresa globale, che ha fatto registrare performance positive anche nella categoria delle small e mid cap. È questa la base da cui parte Union Bancaire Privée (UBP), dove nella sua conferenza sulle PMI, tenutasi a Milano lo scorso 17 maggio, spiega il vero potenziale di crescita di queste società, considerandole una valida alternativa in termini di investimento, che offrono ritorni aggiustati per il rischio interessanti e performance storicamente migliori rispetto alle aziende più grandi.

In particolare, dall’asset manager forniscono una view per macro aree supportata da quattro fund manager della società, tra cui Albert Abehsera, portfolio manager del fondo con rating Consistente Funds People UBAM - IFDC Japan Opportunities Equity. Il prodotto è un azionario Giappone con masse totali pari a circa 6,66 miliardi di yen, e si caratterizza per il suo approccio opportunistico, basato sull’individuazione di azioni di aziende sottovalutate, analizzando i fondamentali attraverso valutazioni di fattori tecnici. Il team del fondo vanta ben 25 anni di esperienza, e il suo obiettivo non è quello di battere il benchmark, bensì quello di generare capitale, cogliendo opportunità disponibili nell’area nipponica, capaci di generare performance e capital gain sostanziali a lungo termine, non tenendo in considerazione dei settori nel quale le aziende operano.

Quelli delle small e mid cap sono considerati segmenti da sempre caratterizzati da volatilità, ma da UBP mostrano come in realtà, nel lungo periodo, le small cap tendono ad essere meno volatili; questo per due ragioni: in primis, perché sono meno influenzate dalle fluttuazioni dello yen, e, in secondo luogo, perché i volumi e i flussi nel mercato azionario giapponese sono dominati dagli investimenti da parte degli stranieri, e la maggior parte delle volte tali flussi sono concentrati nelle società a maggiore capitalizzazione, dove gli investitori locali invece, si incentrano maggiormente su aziende più piccole. Le small e mid cap nipponiche, inoltre, stanno scambiando a valutazioni attraenti.

Per quanto concerne gli USA, l’economia statunitense ha continuato a crescere stabilmente nel secondo trimestre, con una speranza di rinascita del settore manifatturiero e un rimbalzo del consumo domestico come catalizzatori. Da UBP fanno sapere che un simile contesto economico potrebbe avere un impatto positivo e di lunga durata sulle aziende americane, favorendo quindi maggiormente quelle società i cui utili dipendono maggiormente dalle attività onshore, dove tra queste si collocano le small cap. I fattori chiave per questo segmento riguardano ovviamente le politiche di Trump, dove un potenziale taglio della corporate tax al 15%, dovrebbe essere specialmente di supporto per l’azionario small cap, in quanto attualmente queste aziende pagano sempre più tasse rispetto a quelle di maggiori dimensioni. Una minore regolamentazione sarebbe quindi positiva. Infine, la loro elevata sensibilità al ciclo economico fa sì che la performance relativa delle small cap mostri una correlazione positiva con il rendimento statunitense a 10 anni.

In Europa, invece, il contesto PMI è visto positivamente poiché caratterizzato da segnali di ripresa economica, dal QE, da tassi di interesse bassi e da un’agenda politica in miglioramento. Con una sottoperformance che nel 2016 è stata minore rispetto alle large, le società a più piccola dimensione hanno assistito a un derating, offrendo pertanto valutazioni interessanti rispetto al mercato nel suo complesso. Queste valutazioni relative sono in linea con la loro storia di lungo termine, e i bilanci delle aziende più piccole sono in un una forma migliore. Infine, il fatto che siano caratterizzate da un forte slancio in termini di crescita degli utili in confronto alle società a maggiore capitalizzazione, rispetto ai cicli precedenti, è un altro fattore di supporto.

Per quanto riguarda le PMI svizzere invece, queste hanno da giocare un ruolo sempre maggiore nei mercati emergenti, che maturano e che cominciano ad affrontare fasi di crescita con un valore aggiunto più elevato in termini di tecnologia, automazione e scelte di consumo. Per UBP, le small e mid elvetiche offrono quindi la stabilità di un mercato sviluppato e piuttosto decorrelato, con un’esposizione indiretta ai mercati emergenti, e potrebbero pertanto beneficiare ulteriormente di una futura crescita in questi Paesi.