Economia globale in frenata. L'Eurozona paga il prezzo più alto

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William Daigneault. (Unsplash)

L’economia globale tira il freno a mano. Il World Economic Outlook del Fondo monetario internazionale ha ridotto significativamente le proprie proiezioni di crescita nel breve termine. Si tratta, sia per il 2022 che per il 2023, di un PIL globale al 3,6% (0,8 punti percentuali in meno rispetto alle stime di gennaio).

Le principali cause sono da rintracciarsi nell'impatto dell'invasione russa dell'Ucraina, che è stato il fattore dominante nell’ambito delle nuove previsioni economiche. Questo dimostra che lo shock della guerra nel cuore dell'Europa arriva in un momento in cui l'economia globale si trovava ancora in una condizione di fragilità dopo aver attraversato la tempesta della crisi pandemica negli ultimi due anni.

Europa sotto ai riflettori

Protagonista, anche se in negativo, la zona euro che sarà destinata a pagare il prezzo più alto. La crescita dei Paesi dell'eurozona dovrebbe essere circa del 2,8% (previsione è in calo di 1,1 punti rispetto a gennaio). “I rischi di recessione sono estremamente pronunciati nell'area euro, che ha subito una delle più evidenti revisioni al ribasso rispetto ad inizio anno, soprattutto a causa della sua vulnerabilità ad un'ulteriore escalation delle sanzioni relative al conflitto in Ucraina. Nel complesso, l'area euro ha rappresentato il secondo maggior contributo alla revisione al ribasso della crescita del FMI per il 2022” Silvia Dall’Angelo, Senior economist, Federated Hermes.

Secondo Filippo Diodovich, Senior Market strategist, IG Italia questa revisione era scontata e, anzi, ritiene che le stime siano ancora troppo ottimistiche. "La nostra view è che il prolungamento della guerra in Ucraina e le conseguenti nuove ondate di sanzioni economiche alimenteranno ulteriormente le pressioni inflazionistiche spingendo le banche centrali a essere sempre più restrittive. Ci aspettiamo una Banca Centrale Europea sempre più determinata e impegnata a fronteggiare l'inflazione a discapito della crescita economica" spiega Diodovich. Insomma secondo l'esperto la governatrice Lagarde potrebbe decidere di rialzare i tassi di interesse per la prima volta nei meeting del Consiglio direttivo di settembre o ottobre.

L'FMI non sorprende dunque e si pone in scia con quanto annunciato qualche settimana fa dall'OCSE. L'elemento di novità che vale la pena sottolineare secondo Manuel Pozzi, direttore Investimenti, M&G Investments Italia è misura dell'aumento dell'inflazione e dei rischi legati a politiche monetarie restrittive, particolarmente pesanti per le classi meno abbienti. "Il fondo ha posto una grande enfasi sull'importanza di politiche fiscali focalizzate sulle infrastrutture "green", unite a incentivi fiscali e politiche attive per il lavoro, in particolare per le mansioni legate all'economia circolare, alle energie rinnovabili e alla digitalizzazione" commenta Pozzi. Insomma, ci sarà un bisogno crescente di stimoli per ridurre i crescenti divari tra ricchi e poveri, "fattore che va di pari passo con gli obiettivi di inclusione sociale e riduzione dell'impatto ambientale da qui al 2050. Dal punto di vista degli investitori tutto questo si può tradurre in necessità di investire in modo flessibile e con particolare attenzione alle incertezze sui tassi per la componente obbligazionaria e di puntare su sostenibilità, inclusione e infrastrutture sul lato azionario" prosegue l'esperto di M&G.

Pandemia, la Cina osservata speciale

Inoltre, oltre l'incognita della guerra torna lo spettro della pandemia e delle conseguenti restrizioni. “I confinamenti in corso in Cina ci ricordano quanto rilevante sia la pandemia, con vincoli di fornitura che probabilmente continueranno a manifestarsi più a lungo di quanto previsto in precedenza. La guerra in Ucraina e le sue implicazioni per i prezzi delle materie prime, insieme ai persistenti vincoli di fornitura globale, hanno anche portato a significative revisioni al rialzo delle proiezioni di inflazione già elevate, aspetto che implica politiche monetarie più severe in future” spiega Dall’Angelo.

Continuando a guardare all'attuale situazione in Cina, PIMCO stima che il PIL del Paese sarà intorno al 4,5% per il 2022 tenendo conto di future sorprese al rialzo sul piano fiscale, della performance economica migliore del previsto nei primi due mesi di quest'anno, così come dell'impatto dell'ondata di Omicron e della crisi Russia-Ucraina. "La nostra previsione presuppone che l'attuale epidemia sarà ampiamente sotto controllo entro maggio. Riteniamo che l'impatto sulle esportazioni cinesi potrebbe essere ancora gestibile se le chiusure non dovessero essere sincronizzate tra i principali porti e la produzione interna dovesse rimanere intatta" spiega Carol Liao, China economist, PIMCO. Il dato dirimente dunque sarà la durata del rinnovato confinamento. "Il mercato del lavoro flessibile della Cina e la catena di fornitura interna potrebbero aiutare a mitigare l'impatto sulla produzione, se le interruzioni si rivelassero temporanee. Tuttavia, più a lungo durano le chiusure locali, più difficile sarà per gli impianti recuperare le perdite" ribadisce Liao.

Anche Tim Graf, head of Macro Strategy for EMEA, State Street si dice poco stupito delle decisioni del FMI, soprattutto quelle che riguarda le stime relative all'Europa. "Il Covid e la guerra in Ucraina avranno un effetto negativo sulla crescita. Per quanto riguarda il Covid, la Cina sembra attenersi alla sua politica di azzeramento del virus, che naturalmente andrà a colpire la domanda quando l'economia tornerà a misure più rigide, riducendo così l'attività economica". Mentre nel caso del conflitto in Ucraina, secondo l'esperto, questa sta influenzando negativamente la crescita globale in modi diversi "in primo luogo causando un sentiment più debole, dove il risparmio aumenta a scapito del consumo come misura precauzionale; in secondo luogo attraverso il re-indirizzamento del consumo discrezionale a seguito di maggiori spese per il carburante e il cibo" sottolinea Graf.

L'obiettivo di crescita cinese per il 2022 era stato fissato al 5,5% e, al momento, potrebbero non esserci le condizioni per riuscire a centrarlo. Secondo David Raper, gestore del fondo Comgest Growth China, Comgest in Cina pesano due variabili, da una parte "la possibilità che la relazione tra Cina e USA si deteriori ulteriormente, dall'altra la variante Omicron che si è diffusa in diverse regioni. Mentre il governo cinese si aggrappa alla sua politica zero-Covid, la maggior parte delle città sta continuando a imporre rigidi lockdown per limitare l’insorgenza di nuovi casi locali. L'impatto sull'economia ha iniziato ad emergere, soprattutto con il più recente lockdown a Shanghai, iniziato a fine marzo e ancora in corso" conclude l'esperto.