Elezioni UK: i risultati commentati dagli asset manager

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duncan c, Flickr, Creative Commons

Un’altra ‘x’ sul calendario politico europeo è stata segnata lo scorso 8 giugno, quando il popolo britannico è stato nuovamente chiamato alle urne per decidere le sorti del Paese. E ancora una volta ci ha sopreso. Il risultato? Un Parlamento impiccato (hung Parliament, come dicono gli inglesi), con il partito conservatore di Theresa May in testa ma senza maggioranza assoluta e che ha fatto sapere di aver raggiunto un 'accordo di principio' con il controverso partito nord irlandese DUP. E c'è già chi, come Rowena Geraghty, analista di BNY Mellon IM, crede che l'instabilità che si appresta a caratterizzare il nuovo scenario politico potrebbe portare ad ulteriori elezioni tra la fine del 2018 e l’inizio del 2019, più o meno quando si conoscerà il rapporto finale sulla Brexit. 

La premier, che aveva indetto le elezioni proprio per rafforzarsi in vista dei negoziati per l'uscita del Regno Unito dall'UE, si ritrova in una posizione fortemente indebolita. A tal proposito, Richard Buxton, CEO e head of UK equities di Old Mutual GI, puntualizza che, indipendentemente da chi diventerà primo ministro, "il Regno Unito dovrà pagare un conto più salato all’UE, iniziando i negoziati con Bruxelles da una posizione decisamente più debole”. Una Gran Bretagna meno coesa e preparata ad affrontare il tavolo delle negoziazioni potrebbe far comodo alle istituzioni europee ma i governi nazionali e i banchieri centrali nutrirebbero più timori sull’impatto potenziale per le economie e i mercati derivanti da un contesto di elevata incertezza, ricorda Howard Cunningham, gestore specializzato in reddito fisso di Newton IM (BNY Mellon IM).

Conseguenze per i mercati

Così come accaduto dopo il referendum sulla Brexit, il risultato del voto si è inmediatamente riflesso sui mercati finanziari e sulla sterlina, che ha perso circa il 2% contro il dollaro USA. Un calo che è stato più contenuto del previsto (a fronte di quello del 15-20% del post referendum sulla Brexit) “probabilmente perché il mercato ritiene che una forma estrema di Brexit sia sempre meno probabile”, spiega Buxton. Concorda Azad Zangana, senior European economist di Schroders, aggiungendo che “la sterlina più debole spingerà l’inflazione un po’ più al rialzo di quanto stimato in precedenza, con un lieve effetto negativo sulla spesa dei consumatori”. La previsione di Paul Hatfield, global CIO di Alcentra (BNY Mellon IM), è che “i mercati perderanno gradualmente terreno mentre la sterlina si muoverà in linea con i flussi di notizie e le previsioni sugli esiti più plausibili delle negoziazioni sugli accordi commerciali con l’UE”.

Guardando al mercato azionario del Regno Unito, David Docherty, fund manager UK equities di Schroders, ipotizza “un flight to quality iniziale, con gli investitori che favoriranno le società più resilienti con utili internazionali”. A risentire di più dell’indebolimento della sterlina, secondo l’esperto, saranno le società più sensibili ai consumi domestici, come i rivenditori al dettaglio. “Questo perché qualsiasi movimento sul Forex impatta i margini di profitto e i redditi reali disponibili dei clienti”. Anche altri titoli azionari finanziari domestici, come quelli bancari o immobiliari, potrebbero indebolirsi a loro volta.

Sebbene le prospettive di lungo termine per l’economia del Regno Unito saranno dettate in gran parte dai negoziati sulla Brexit, nel breve sarà il percorso della sterlina a influenzare probabilmente i mercati azionari. Le oscillazioni valutarie avranno inevitabilmente una rilevanza significativa sulla performance relativa del FTSE 100 e del FTSE 250. "Le esperienze vissute dalla Brexit in poi suggeriscono che il FTSE 100, essendo composto per la maggior parte da società che realizzano i propri profitti dall’estero, è influenzato più dalle oscillazioni sul cambio della sterlina che dall’incertezza che affligge l’economia domestica. Una sterlina più debole favorisce le società con profitti diversificati a livello internazionale", afferma Ritu Vohora, investment director del team azionario di M&G Investments

L'esperta ricorda, anche, che nell ultime settimane "l’indice FTSE 250 ha sottoperformato il FTSE 100 di circa il 3%, suggerendo che gli investitori avevano cominciato a mettere in conto il rischio elettorale. La maggiore incertezza potrebbe mettere a rischio le prospettive delle società inglesi il cui business è focalizzato sul mercato domestico, e il FTSE 250, con le oscillazioni sul cambio che impatterebbero sui loro margini di profitto e sul potere d’acquisto reale dei propri clienti".

Il mercato obbligazionario, invece, ha registrato un impatto minore. Jim Leaviss, head of retail fixed interest in M&G Investments, ritiene che “con un Partito Conservatore debole potrebbero esserci minore austerità e minore stretta fiscale in futuro, ma non ci sarà tuttavia un forte aumento nell’emissione di Gilt. Allo stesso tempo, è probabile che l’obiettivo di ridurre il debito UK e il PIL nei prossimi anni persisterà”.

Secondo Alix Steward, fund manager fixed income di Schroders, le prospettive per i titoli di Stato del Regno Unito sono incerte. “Tuttavia - prosegue l'esperto - potremmo assistere almeno inizialmente a un sell-off , poiché gli investitori richiederanno un ritorno maggiore da questi titoli. Questo perché più spesa pubblica vuol dire più indebitamento statale tramite i mercati obbligazionari e un contesto maggiormente inflativo”.

Verso un secondo referendum?

Come ricorda David Zahn, gestore di Franklin Templeton, le lancette dell’orologio scorrono e quanto più difficili saranno le negoziazioni per il governo britannico tanto più probabile sarà assistere a una hard Brexit. “Questa rinnovata incertezza sembra non essere utile ai negoziati del Regno Unito sulla Brexit che inizieranno il 19 giugno. I conservatori sono andati decisamente male nelle circoscrizioni che avevano votato per il ‘remain’. Forse questo risultato riflette in parte il rifiuto alla dichiarazione della May sul “nessun accordo è meglio di un cattivo accordo” e aumenta le possibilità di una Brexit più soft (e una possibile permanenza nel mercato unico), o un altro referendum in materia”, commentano da M&G Investments. E dalla società concludono: "la buona notizia per chi ne ha abbastanza delle campagne elettorali è la scarsa performance del SNP in Scozia che riduce le probabilità di un nuovo referendum sull’indipendenza del Paese nel giro dei prossimi anni".