Intervista all’ex ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, ora tornata alla cattedra di Economia Politica dell'Università di Torino, intervenuta ad una conferenza sulla riforma delle pensioni e educazione finanziaria.
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Funds People ha incontrato Elsa Fornero, ex ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, tornata alla cattedra di Economia Politica dell'Università di Torino dopo la parentesi in politica, durante il suo intervento ad una conferenza sul tema 'riforma delle pensioni e educazione finanziaria', tenutasi presso IE Business School di Madrid.
Qual’è il ruolo dei fondi pensione nell’attuale contesto di crisi economica e invecchiamento della popolazione?
I fondi hanno un ruolo importante quando ci sono e sono ben gestiti con criteri reali di diversificazione del rischio ma anche di sicurezza relativa per il lavoratore, mentre sono un buon obiettivo quando non ci sono ancora perché la riduzione del ruolo della previdenza pubblica non puó piú basarsi, come in passato, sulla creazione di debito ma deve invece rispondere a criteri di sostenibilità economico-finanziaria. Questa azione di riforma del sitema pubblico richiede quindi l’integrazione.
I fondi pensione sono, quindi, una buona cosa là dove ci sono e sono ben amministrati e un buon obiettivo là dove sono (come succede in Italia) ancora troppo ad uno stadio iniziale, nonostante siano presenti sul piano legislativo da ormai 20 anni.
Come definirebbe oggi la previdenza complentare, visti da una parte i dati positivi di crescita del 2013 e dall’altra l’adesione ancora molto bassa da parte dei cittadini rispetto a paesi del nord Europa?
La previdenza complentare oggi la definirei “un bicchiere pieno per un terzo” perché purtroppo i fondi pensione scontano oggi la situazione di grave difficoltà del nostro sistema economico. Quando i redditi delle persone in età da lavoro si riducono o addirittura scompaiono, è difficile che un lavoratore possa spingersi in là nel tempo e destinare delle risorse al risparmio. Anzi molto spesso si trova a dover attingere al risparmio accumulato per arrivare a fine mese perché non è in grado con il suo reddito corrente di finanziare anche il reddito in età anziana.
I fondi torneranno ad essere appetibili cosi come la previdenza pubblica tornerà ad essere sostenibile dal punto di vista della adeguatezza dei benefici che è in grado di attribuire quando il mercato del lavoro andrá bene. Se il mercato del lavoro non funciona bene, né la previdenza pubblica, nè quella complementare sono in grado di svolgere bene il loro ruolo.
Noi abbiamo bisogno di rimetttere in piedi il nostro sistema economico, di tornare a crescere, di ridare spazio al settore manifattutiero, che è il settore in grado di esportare di piú. Non dobbiamo semplicemente aspettare che ciò accada, ma dobbiamo anche favorire che ciò accada il più presto possibile.
Nel ranking internazionale chi si distingue nell’ambito della previdenza complementare?
Sicuramente i paesi nordici, cioè quei paesi che sono riusciti a riformare i loro sistemi pensionistici pubblici in modo sostenibile, anche facendolo in maniera seria e rapida, senza il gradualismo che ha caratterizzato le nostre riforme precedenti e senza aspettare di essere sull’orlo di una crisi finanziaria, e facendolo hanno dato spazio anche alla previdenza privata, incentivandola dal punto di vista fiscale. Sono paesi come l’Olanda, la Svezia, la Gran Bretagna e la Germania.
Il continuo innalzamento dei requisiti minimi di età per maturare il diritto alla pensione è frutto di direttive comunitarie o di necessità dei singoli stati per far quadrare i conti?
Non ci sono richieste o direttive che vengono dalla sede europea. L’Europa ci richiama alla sostenibilitá finanziaria, ai nostri compiti, che è un requisito di buona gestione economica. Le cose non sono imposte dall’Europa, le cose sono imposte dal fatto che siamo disordinati finanziariamente e quando abbiamo fatto le riforme le abbiamo fatte con una gradualità che non era compatibile con la nostra situazione finanziaria, cioé con il fatto di essere un paese ad alto debito e che continua a indebitarsi. Dal punto di vista económico abbiam bisogno di cambiare strada.
Le pensioni che verranno erogate un domani, in base all’attuale sistema, riusciranno a garantire le funzioni tipiche di ogni sistema pensionistico, cioé quella assicuarativa, assistenziale, previdenziale e redistributiva?
Le condizioni ci sono anche quando si fanno proiezioni sulle pensioni future molto basse. Il problema è che non si tiene conto di un elemento condizionante, che è il mercato del lavoro. Se noi riusciamo a far ripartire il mercato del lavoro e se si fa in modo che tutte le persone in età lavorativa hanno la possibilità di lavorare, allora le pensioni pubbliche, integrate da quelle private, saranno adeguate ai bisogni dell’età anziana.
Se falliamo in questo è difficile pensare che un sistema economico che funziona male nei suoi aspetti di produzione possa invece funzionare bene nei suoi aspetti di redistribuzione delle risorse come sono i sistema pensionistici, perchè avere un sistema pensionistico significa spostare risorse dall’età attiva all’età di pensionamento.
Il punto adesso non è più cercare di esercitare la fantasia sulle formule pensioniste ma è cercare di farsi che il mercato del lavoro funzioni meglio. Se il mercato del lavoro da redditi adeguati e con continuità, anche le pensioni saranno adeguate.